La comunità monastica diffusa e la comunione virtuale

In una comunità monastica residenziale i suoi membri sono in costante relazione: essi praticano, lavorano, discutono, mangiano assieme tutti i giorni di tutto l’anno, di ogni anno.
Ma una comunità monastica diffusa come lo è quella del Sentiero contemplativo, come vive?

I monaci del Sentiero lavorano, vivono con le proprie famiglie, praticano da soli, si incontrano una volta al mese e per un intensivo a stagione, ma questo non basta a tessere una trama comunitaria e a costruire una impronta vibrazionale.

Ecco l’importanza dell’incontro quotidiano nelle varie sedi di discussione attraverso il web.
L’osservazione più banale che si può rivolgere a questo genere d’incontri riguarda il loro essere virtuali: rispondo chiedendo cosa non sia virtuale, chi ancora non ha compreso che tutta la vita è rappresentazione e interpretazione soggettiva?
Chi non ha ancora chiaro che il cosiddetto incontro in presenza è incontro nella illusorietà soggettiva creata dagli organi di senso e dalla personale interpretazione dei fatti che accadono?

Per noi monaci del Sentiero, l’incontro attraverso il web non solo è quotidiano ma avviene più volte nel corso della giornata: questo ci tiene saldamente in connessione ogni giorno, per tutti i giorni dell’anno, per anni.

Che tipo di connessione stabiliamo tra noi?
Una connessione che, inevitabilmente, passa attraverso i sensi e la mente ma che si amplia fino a divenire unitaria.
Contrariamente a quanto si può pensare, in persone allenate e consapevoli di sé e dei piani che mettono in campo, questa relazione integra sempre il sentire perché impone un profondo e unitario ascolto di cosa afferma e porta l’altro e di quello che affermiamo e portiamo noi.

Nell’uso comune il web è veicolo di molta inconsapevolezza e istinto primario: tra noi del Sentiero è esattamente l’opposto, noi esprimiamo in queste comunicazioni il massimo di consapevolezza, di presenza, di dedizione, di sentire accessibile in quel momento.

Questo è stato il modo che abbiamo trovato per compensare l’impossibilità di una convivenza fisica: non è certamente una forma perfetta, ma se il cuore del nostro monachesimo è seguire l’archetipo del monaco che ci chiama a sé, accadendo questo fattore risolutivo nell’intimo di ciascuno, la forma della comunione tra fratelli e sorelle pur parziale, non limita certo quell’opera primaria e di certo non rende la relazione tra noi meno ‘produttiva’ essenzialmente.

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5 commenti su “La comunità monastica diffusa e la comunione virtuale”

  1. Lo scrivere, impone una maggior riflessione. Affinché la parola sia connessa al Sentire, è necessario sostare sulle parole. Direi che un ottimo esercizio di connessione. Poi certo l’incontro in presenza da’ altre possibilità, come anche ieri abbiamo sperimentato, ma certo la chat, se usata col giusto intento, è tutt’altro che superficiale.

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  2. Sicuramente è così. La nostra comunicazione sulle chat è, in qualche modo, la nostra liturgia quotidiana e quando non si può seguire c’è ne accorgiamo.

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