La vita monastica nel medioevo12: osservanza e regolarità

Una delle caratteristiche più straordinarie della vita monastica è la sua estrema regolarità. Tutto vi è regolato, controllato, minutamente organizzato, programmato, con una minuzia incredibile. I fatti della vita quotidiana—il pasto, le cure del corpo, il modo di salutare l’abate o di ricevere gli ospiti, di rompere il pane o di bere, i gesti di cortesia— sono descritti punto per punto nei consuetudinari. Per ogni giorno. Per tutti i giorni della vita.

Non bisognerà dedurne che il monaco si senta coartato duramente dagli innumerevoli obblighi ai quali è sottomesso. In realtà egli pone la sua libertà altrove che non nelle pulsioni della fantasia o nelle nostalgie di un uomo senza proibizioni o coartazioni: nel più intimo del suo cuore. E le esigenze dell’osservanza e dell’obbedienza sono i sostegni che reggono il suo cammino e non degli ostacoli. I monaci sono uomini liberi.

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Un’altra idea falsa che bisogna distruggere è quella di una vita fatta di monotonia e di noia. La vita quotidiana dei religiosi non è quotidiana nel senso banale o ripetitivo. E una vita attivamente vissuta secondo ritmi diversi e cambianti senza interruzioni e nei quali s’inseriscono altri ritmi interiori ed esteriori. Niente di più lontano dal troppo famoso «lavoro-metrò-nanna» della gioventù moderna.

Detto questo bisogna anche dire che la giornata del monaco era per l’epoca qualcosa di straordinario. L’idea di dividere l’intera giornata secondo un ordine strettamente stabilito, di mangiare e di dormire a delle ore determinate, di rispettare scrupolosamente un certo numero di regole per permettere alla vita comune e agli individui di espandersi, era nel medioevo un’idea nuova e insolita. Ed è per questo che essa ha per secoli cosi fortemente impressionato contadini e signori, chierici e borghesi. Una vita ordinata, civilizzata, nel senso originario del termine, cioè tutta di civiltà e di cortesia si è trovata per lungo tempo solo nelle abbazie.

Soprattutto oggi quando la rudezza dei rapporti tra gli individui è divenuta tristemente una legge, ciò che colpisce nell’accoglienza benedettina è la sua ilarità, la sua profonda umanità, la sua delicatezza: «tutti gli ospiti che giungeranno saranno accolti come Cristo», dice il capitolo 53,2 della regola. Si penetra in un’oasi di pace e di silenzio dove è piacevole attardarsi.

Pubblichiamo alcuni stralci del libro di Léo Moulin, La vita quotidiana secondo San Benedetto, Jaca Book editore, 1980.

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