Il modo di agire di ciascuno è prima di tutto il suo modo di leggere un fatto. Perché l’agire è conseguenza di un pensiero, compreso l’agire istintivamente che si basa su una struttura precostituita. L’uomo, fin dall’infanzia, ha creato una strutturazione del pensiero che gli fa interpretare le situazioni in una maniera che è esclusivamente sua.
Questa lettura è frutto di tutte le informazioni, i giudizi e le etichette che ha accumulato dentro la mente nel passato e che utilizza per interpretare il presente in modo più rapido. Quindi, lui usa schemi mentali vecchi e sedimentati per dare un’interpretazione – a portata di mano – del presente, tale da permettergli poi di agire. Ricordiamo che anche il non agire è un agire frutto del medesimo processo.
Il processo è identico, anche se ognuno di voi attinge a informazioni differenti, poiché non tutti fate le stesse esperienze e soprattutto, poi, non tutti interpretate le varie esperienze alla medesima maniera. Interpretando le esperienze in modo dissimile, si forma un diverso tipo di struttura mentale, ovverosia una certa tipologia di meccanismi e un modo soggettivo d’interpretare i fatti e di creare difese.
Per fare un esempio: ottimismo o pessimismo rispetto alla vita, stima o non stima verso se stessi, una tendenza a sfidare quel che si presenta oppure a tirarsi in disparte. Cioè si struttura, prima di tutto, una tipologia di pensieri, quindi una modalità di selezionarli e poi un modo di concretizzare i pensieri attraverso l’agire. È in base alle situazioni che ognuno incontra che poi traduce il processo in termini concreti.
Ripetiamo che la via della Conoscenza non è altro che un contro-processare la mente, cioè un negare punto per punto quei passaggi che essa costruisce. Non nega che ci siano sollecitazioni da parte della vita, ma nega che sia inevitabile che la mente ne venga eccitata, facendo poi partire il proprio processo. Perché in voi le sollecitazioni si tramutano in eccitazione, che etichettate in positivo o in negativo, mettendo in moto le strutture di difesa e di giudizio. Le sollecitazioni sono il presentarsi della vita, semplicemente da riconoscere.
Abbiamo detto che l’uomo, pescando dal passato, utilizza i propri oggetti psichici per interpretare i fatti nel presente. Il contro-processo mette in crisi l’importanza che l’uomo attribuisce al passato come lettura del presente e insinua un dubbio anche su quelle etichette che nascono dal confronto col passato e che lo ingabbiano, perché sono un velo sui fatti del presente, che sono sempre nuovi.
Quel passato a cui date valore è solo un peso che si proietta sul futuro e che fa nascere sia le paure che le definizioni che siete abituati a creare per attenuare i vostri timori.
L’importanza costruita sul passato è un peso che diventa una gabbia, sia quando lo ricordate per formulare un’etichetta negativa, – “era doloroso” – sia quando lo utilizzate come positivo – “era gioioso” -. Nel secondo caso, se poi non ritrovate nel presente quella positività di allora, il continuo paragone spesso si trasforma in una nicchia nostalgica in cui rifugiarsi, che vi impedisce di vivere il presente per come è, senza paragoni.
Tratto da: Scomparire a se stessi (Il morire a se stessi è il morire dell’agente, Download libero)
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Via della conoscenza. Questo è un viaggio a ritroso dentro noi stessi. Un viaggio in cui incontreremo delle strettoie create dalla via della Conoscenza e fatte di radicalità, di provocazioni, di negazioni, di paradossi e di metafore. L’agente siamo tutti noi che ci attribuiamo la paternità delle azioni che si compiono attraverso di noi, ma delle quali siamo i semplici portatori. Saranno messi in luce, e ci si presenteranno davanti, strada facendo, i nostri meccanismi, i nostri concetti e le nostre strutture mentali, e la voce che ci guiderà terrà la barra dritta, impedendoci di deviare.
La via della Conoscenza è una non-via e un non-insegnamento, perché è un contro-processo dei processi della mente. Non suggerisce pratiche e non dà mete, ma è la negazione delle pratiche e delle mete. Non porta alla conoscenza, ma svuota da tutte le conoscenze costruite sul cammino interiore intorno a un “io,” distinto, che cerca una propria evoluzione non capendo che tutto è già unità.
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Da fatto a oggetto psichico il passo è veramente breve. La disposizione neutrale e il disconnettere sono strumenti che evitano lo step.
La paura è il motore che porta ad abusare delle etichette della mente.
Il continuo lavoro di osservazione dei nostri processi e del dubbio.
Per esperienza so che le sollecitazioni della vira, diventano poi eccitazioni o del corpo astrale o del corpo mentale o di entrambi. Sì le esperienze passate costituiscono il substrato con cui interpretiamo i fatti presenti, il legame avviene spontaneamente e questo ci dà anche i dati per agire. È l ‘identificazione coi fatti presenti e passati che va disconnessa, come qualcuno di noi scriveva in altro commento. Del resto, se guardiamo i fatti passati, ci accorgiamo che, la maggior parte, non ha più presa emotivamente, sul presente. Li leghiamo con neutralità. È giusto smantellare la gabbia dei giudizi e pregiudizi, ma senza le esperienze passate e i processi cui hanno dato vita, non avremmo comprensioni. A mio avviso è necessario, invece, distaccarsi da quella pretesa della mente di costruire castelli in aria, portandoci di qua e di là come fossimo banderuole identificate con quello che non c’è ma che è solo pensato.
Mi chiedo che ruolo abbia la memoria in questo processo di strutturazione/ destrutturazione. Ad es io ho poca memoria. Con fatica a volte collego i fatti. Ho sempre invidiato chi ricorda tutto, perché facilitato nelle analisi dei fatti ad es. Ma tutto sommato può essere considerato anche uno ostacolo, quindi forse non me ne devo rammaricare