Quando la vita non è più condizionata dall’immenso stupidario della mente, appare come accadere di cui i nostri veicoli, e l’intenzione che ci muove, sono pienamente parte: questo significa “lasciarsi trasportare dalla corrente del fiume”.
L’essere che definiamo nostro è vita che accade, niente altro. La vita non può accadere, nello spazio e nel tempo, che nella forma, nella relazione, nella manifestazione insomma.
L’intenzione diventa visibile perché si manifesta attraverso i veicoli della mente, dell’emozione, del corpo. Ogni intenzione diviene pensiero, si riveste di emozione e genera una pantomima con il corpo: questa è la successione di ogni atto del vivere.
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Ora, la mente ha una sua struttura e connotazione diverse da persona a persona; così è anche per l’emozione e il corpo: l’intenzione viene colorata dall’identità che la realizza, che la porta a rappresentazione. Sempre, in tutti gli esseri, finché hanno dei veicoli espressivi.
Perché non vi sia più alcun condizionamento è necessario che non vi siano più veicoli: quando l’uomo esce dal ciclo delle nascite e delle morti il suo veicolo più denso diventa allora il corpo della coscienza e il sentire si esprime come sentire senza necessità di manifestazione/specchio.
Avendo allora il sentire consapevolezza di sé non ha bisogno della manifestazione per conoscersi e strutturarsi. Vedi come le tante vite che il sentire mette a rappresentazione non sono altro che la possibilità di costruirsi uno specchio interiore? Di esperienza in esperienza sa che cosa sente senza bisogno di rappresentarlo, e lo sa perché è composto da sufficienti comprensioni e consapevolezze per saperlo.
È come la persona che per un periodo va dallo psicologo: ha bisogno che un altro gli faccia da specchio per vedersi: quando ha sufficiente consapevolezza, smette. Così è per la coscienza, il sentire maturo non ha più bisogno d’incarnazione nella forma e nel tempo.
Ma, bisogna ricordarlo, finché c’è forma c’è bisogno di comprensione. Dal libro L’Essenziale.
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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
L’identità colora l’intenzione che proviene dalla coscienza: questa è la meccanica incarnativa. Quando la consapevolezza della coscienza è sufficientemente ampia allora noi abbiamo la possibilità di non identificarci con quella reazione/colorazione che è l’identità/io. Al sentire di esistere dell’io/identità si sostituisce il sentire di essere della coscienza.
Quando non ci sono più grandi emozioni e grandi pensieri, è vero che scorri nel fiume della vita, stai nelle giornate che ti si presentano davanti e non ti fai più domande. Tuttavia in questo modo non è che le comprensioni non avvengono più, ma arrivano comprensioni più sottili, legate all’attenzione che metti nel fare, alla cura per le cose vicine, al tuo allineamento con l*Essere, all’adesione al cammino intrapreso.
Leggere e lasciare che le parole arrivino, perché se si attiva la mente e il giudizio c’è il rischio di appallottolarsi Abbandonarsi e affidarsi a chi i passi del sentiero li ha già percorsi.