C-La disconnessione è un modo per conoscere la natura della mente/identità
Praticare la disconnessione significa entrare nei meandri del funzionamento dell’identità. La consapevolezza dell’essere corpo fisico, corpo emozionale, corpo intellettuale genera l’immagine di noi; non esiste un corpo dell’identità, questa è solo la risultante della relazione delle tre consapevolezze date, generate, dai rispettivi organi di senso di ciascun corpo attraversati e vivificati dalle vibrazioni del corpo akasico.
L’identità è un fantasma ma non per questo è meno reale e ci procura meno guai: non li procura in sé, li procura la nostra attitudine a identificarci con le sue dinamiche, a ritenerci essa stessa dimenticando, non considerando, non coltivando la consapevolezza/presenza sul piano determinante: quello della coscienza.
C’è un errore grave di percezione e interpretazione: ci focalizziamo sull’evidente, sulle sensazioni, le emozioni, i pensieri, le azioni e non teniamo in conto il fattore che tutto questo lega e genera. Perché non lo teniamo in conto? Perché per un lungo tratto di strada non abbiamo i sensi per tenerlo in conto, per percepirlo.
Non possiamo farlo con la volontà, non ci si può imporre di considerarsi coscienza: ci si considera tali quando la coscienza ha compreso quel che è, quando ha acquisito sufficiente sentire per avere un’immagine, una comprensione del suo dispiegarsi.
La chiave non è la volontà ma le esperienze: vivere senza riserva e, prima o poi, ci sarà chiara la dimensione unitaria di quel vivere.
È un processo: di esperienza in esperienza aumenta la nostra capacità di vedere il gioco dell’identità e di ricordare il nostro essere coscienza. E, naturalmente, c’è una fase in cui siamo pronti ma non ancora consolidati e allora è estremamente importante ricordare quello che siamo, focalizzarci su tutti i piani di consapevolezza simultaneamente, tornare incessantemente a quello zero che tutto riassume e tutto contiene.
Allora possiamo entrare nei meandri dell’identità e disarticolarla. Lo possiamo fare senza pericoli perché abbiamo un ancoraggio più vasto, una visione di noi più articolata, se vuoi, una identità più complessa: la parte che andiamo a disaggregare non è tale da minare la solidità del nostro percepirci come esistenti aventi una definizione.
La struttura logica pensiero/emozione/azione è l’elemento portante dell’identità e lì andremo a operare. Come?
Non connettendo pensiero a emozione ad azione.
Non connettendo pensiero a pensiero.
Un pensiero è solo un pensiero: sorge e se ne va. Scorre come l’acqua del fiume. Non è permanente, né consistente. È una traccia sulla sabbia, un dato provvisorio e impermanente.
La mente lo genera, lo vede e se ne nutre. Più nel dettaglio, la mente/identità si nutre del processo che il pensiero avvia: ogni pensiero dà luogo a una successione di pensieri, a una articolazione che contiene vari livelli di sofisticazione, vari sviluppi concettuali sorretti da logiche più o meno coerenti.
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- Le basi del Sentiero contemplativo
- Un nuovo monachesimo per i senza religione del terzo millennio
- Libro: ‘Il Sentiero contemplativo a dorso di somaro’
- Libro: ‘Come la coscienza genera la realtà personale‘
È un processo che potremmo definire eccitatorio: il pensiero genera pensiero e si lega all’emozione che genera altra emozione e altro pensiero in una successione più o meno lunga. Si tratta di inserirsi in questa successione lavorando su alcuni principi di fondo che relativizzino questi accadere.
Il processo eccitatorio della mente non contempla la relativizzazione dei suoi processi, ma la mente può apprenderla e nutrirsi dell’apprenderla. Le diamo cibo più sofisticato che scalza il precedente e abitua la mente a lavorare su regimi differenti, con materiali e connessioni e punti di vista diversi e con altra complessità[1].
Relativizzare significa affermare:
-il pensiero è solo un pensiero;
-l’emozione è solo un’emozione;
-l’azione è solo un’azione,
sorgono e scompaiono e, nella grande parte dei casi, non lasciano traccia.
Quando lasciano traccia li analizzeremo, per il resto li lasciamo fluire.
Relativizzare, lasciar fluire, disconnettere, focalizzarsi sull’essenziale.
Che cos’è essenziale? Un pensiero su cento, un’emozione su cento, un’azione su cento.
Ciò che non è essenziale nasce e scompare; ciò che è essenziale viene tenuto in conto e analizzato per l’insegnamento che porta.
Qual è il risultato? La mente si libera di molti oggetti che la ingombrano e in essa sorgono degli spazi.
[1] Si veda l’insegnamento della via della Conoscenza dove Soggetto, il suo maestro, afferma che “scalziamo la mente con la mente”.
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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
Creare spazio. Tornare all’essenziale.