F- La disconnessione è un modo per aprirsi al mistero dell’Assoluto
Emerge qualcosa che l’umano non conosce, nella pausa c’è una sospensione del conosciuto e l’apertura sul mistero inteso come quella dimensione che è aldilà di ciò che possiamo contenere.
Non tanto di ciò che possiamo esprimere, è ovvio che non abbiamo un codice per esprimere quello, ma proprio aldilà di ciò che possiamo contenere.
La pausa può essere solo assenza, e forse così è per alcune persone: per altre è spazio che si apre. Per me è questo, infinita sostanza. Troppa, non sopportabile.
In una fase precedente, è molti stati: dalla gioia, alla pienezza, al senso, alla pregnanza, all’amore diffuso e pervadente. Ho vissuto quella stagione e, se vuoi, nei prossimi capitoli l’affronteremo anche – ricordati di domandarlo – ma poi mi sono trovato nella necessità di lasciarla andare. Sapevo che quello era, c’era, c’è, è lì, oltre un velo sottilissimo che si sposta con un soffio.
Ma non mi interessa, è di nessun interesse perché è la reazione dei corpi e dei sensi dell’umano alla natura dell’infinitamente vasto. Non è la realtà, è la reazione dell’uomo di fronte a quel livello di realtà, il prodotto di un impatto vibrazionale.
C’è altro in quel mistero e lo indagheremo negli ultimi capitoli, per ora ci basta sapere che la disconnessione ci apre su quel mondo.
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G- La disconnessione dal più grossolano al più sottile
La pratica della disconnessione ci conduce a sviluppare uno sguardo sempre più attento e profondo: all’inizio della pratica vediamo solo le cose più macroscopiche, le identificazioni più grossolane. Come un’emozione ci ha presi, un pensiero ci ha travolti, un bisogno ci ha paralizzati.
La nostra consapevolezza è approssimativa e il nostro sguardo incostante, superficiale, non lucido. L’esercizio aguzza l’ingegno: all’inizio ci dimenticavamo di disconnettere, anzi, non ci vedevamo nemmeno; poi ci vediamo un po’ e ci ricordiamo di disconnettere a volte sulle cose che più ci disturbano, pian piano questa attitudine si sviluppa.
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NB: il testo che compare in questi post in alcuni passaggi differisce sostanzialmente dal contenuto del libro, questo perché, nei dieci anni trascorsi, molte cose abbiamo approfondito e compreso meglio.
D’altra parte, oggi non riusciremmo a esprimerci con la semplicità di ieri mentre il nostro obbiettivo, nel riprendere questi contenuti, è proprio quello di dare a chi ci legge un testo semplice, per un approccio di base al Sentiero contemplativo.
Interminati spazie e Sovraumani silenzi (Leopardi). Questo mi è salito al cuore leggendo le tue parole
Quel che si comprende infine, è che c’è sempre qualcosa che vela la Realtà ed è necessario andare oltre.
Non soffermarsi sull’eccitazione che una cpomprensione porta, non stancarsi di fare un passo in più, di osare.
Non conosco la pausa come spazio che si apre. La conosco come pienezza, gioia, pregnanza e già, a volte, mi sembra tanto!
Non oso immaginare cosa è lo stato che descrivi.