Sostanza della meditazione: 4- lasciarsi attraversare [sentiero76]

Tutto ciò che giunge va lasciato alla vita: tutto attraversa, tutto illumina, tutto transita e nulla viene coltivato e trattenuto. La meditazione non è il momento della riflessione, dell’indagine, dell’analisi: è solo stare, vedere, prendere atto.

Lasciarsi attraversare come una porta dall’aria, da una persona, da una luce: la porta non si muove, non si protende a fermarti, lascia che tu vada, è nella sua natura essere attraversata, se è aperta. Se è chiusa non è la porta della meditazione ma della mente che canta se stessa.

Se è aperta, tutto scorre. Fiume che va, corrente che trasporta tronchi, rami, carcasse di animali morti, plastica, alghe, radici.

Una delle grandezze dell’esperienza meditativa è questo scorrere: la piena, vasta, lucida consapevolezza che vede la vita scorrere, il limite scorrere, il cadere scorrere, le nefandezze scorrere, le generosità scorrere.

Tutto scorre e la meditazione questo testimonia: non esiste qualcuno che è, esiste lo scorrere, questa è l’esperienza che non può non sorgere dall’essere sasso.
Non trattenere, non colpevolizzarsi: per un attimo l’orrore di noi ci invade e poi scorre, lasciamo deliberatamente che scorra. Verrà dell’altro e lasceremo anche quello; si fermerà il fiume?
Non nella meditazione, ma nell’esperienza che chiamiamo contemplazione, nel frutto che dalla meditazione matura.

Qui, nella meditazione, il fiume delle immagini, il film del nostro essere, può rallentare molto, in certe anse raggiungere l’immobilità ma, nella meditazione, c’è ancora un soggetto e quindi c’è divenire.
Lasciamo che sia, lasciamo che divenga, non occupiamoci del nostro esserci o meno: lo scomparire non è compito nostro, si viene fatti scomparire, non si scompare.

Occupiamoci di ciò che è e del suo fluido divenire, di niente altro.
Erba di ripa che assume la direzione dell’acqua che scorre.

Siamo quel che siamo, è evidente quel che siamo ma, quest’essere, scorre.
Mai uguale a se stesso, in continuo mutare per noi c’è una possibilità data proprio dallo scorrere: qualunque sia il nostro limite, qualunque lo scoglio che ci blocca, qualunque l’inadeguatezza, domani sarà diverso, tra un attimo sarà diverso.

Lo scorrere è la pietà per sé lasciata accadere.
Non c’è nulla che non veda, non c’è nulla che non lasci andare.
Non importa che cosa il vedere produca come reazione interna: nulla è celato, immobile resto qualunque sia il colpo ricevuto.

Sto, nella piena consapevolezza di me e infinitamente oltre me.
Colui che ha un nome e il senza-nome, simultaneamente.

Il fiume scorre e lava il sangue: sono immobile come una pietra.
La totale immobilità è il massimo di movimento: tutto transita, nulla può piegarmi.
Si può stare solo lasciandosi attraversare da ogni fatto: lo stare è trasparenza che non presenta attrito al giungere.

Questo testo è parte dei capitoli 3 e 4 del libro L’Essenziale; mentre li pubblichiamo ne verifichiamo anche il contenuto a 10 anni dalla loro estensione. A revisione completata, renderemo disponibile l’intero volume: qui i capitoli 1 e 2 già revisionati.

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