Il processo di unificazione richiede una continuità, una ritmicità serrata della consapevolezza unitaria. Non è possibile una consapevolezza unitaria permanente, pertanto c’è un perderla e un ritrovarla, ma il ritmo deve essere serrato.
Quando spazi di non consapevolezza unitaria troppo vasti si intervallano a consapevolezze troppo brevi, il sentire unitario viene vanificato, impossibile sentirsi uno durevolmente.
Chi vive nel mondo ed è strattonato dalle molte attività e dai bisogni, e in essi si immerge, crea spazio di non consapevolezza vasti e deleteri.
Non è la vita nel mondo in sé che è deleteria, anche se certamente non aiuta, è la disposizione della persona che non è ben radicata nel suo sentire: se lo fosse, il mondo le provocherebbe dei problemi ma la consapevolezza unitaria conseguita sarebbe comunque relativamente continuativa e stabile.
L’identificazione interrompe la continuità e azzera la consapevolezza unitaria per tempi troppo lunghi: i pochi flash di unitarietà in una meditazione o in una contemplazione, rappresentano isole effimere e non sostanziali.
La perdita di continuità è dovuta dunque all’identificazione e questa a un deficit di maturità del sentire: in presenza di questo deficit c’è poco da fare – non certo obbedire a una disciplina – occorre comprendere, e per farlo, è necessario sperimentare la vita.
Solo in seguito sorgerà naturalmente quella continuità indispensabile nel ritmo della consapevolezza unitaria.
Vivo nel mondo senza che questo comporti neghi ultimi tempi sollecitazioni tali da potermi identificare con esso e con gli strattonamenti di cui si parla. Una quiete di fondo è da tempo stabile.
La mia solitudine sta nel fatto che non possa essere in grado di trasmettere questo stato ai miei compagni di cammino…
Il più delle volte ci rendiamo conto
della identificazione (magari non subito),
benedetto il ritorno allo zero.
L’intenzione è il motore prima, condizione necessaria e non sufficiente per perseguire una via Unitaria. Serve anche la pratica e la costanza di tale pratica per creare quella circolarità di ritorno sull’intenzione.
Il movimento è potenziante e amplifica quell’intenzione fino a renderla un cambiamento permanente.
All’inizio è abitudine, poi diventa cambiamento.
La consapevolezza unitaria rende possibile la vita “strattonata”.
È grazie a un costante silenzio di fondo, a un ampio sentire che l’immersione è possibile, che lo spettacolo circense può essere vissuto in neutralità.
Il mondo chiede presenza.
Chiaro. Grazie