Da: Il libro di François, Cerchio Firenze 77. Se tutto esiste già nell’eterno presente, in stato di essere e di infinita presenza, è inutile per l’uomo sperare e progettare per il proprio futuro?
È questo l’errore nel quale si cade facilmente, nel discorso sull’essere e il divenire. Il fatto che tutto esista in uno stato di eterno presente e di infinita presenza non deve far intendere che tutto esista già e che quindi sia perfettamente inutile che l’uomo si muova e cerchi di agire in un senso o nell’altro.
Per capire questo discorso, che non è poi tanto complicato, bisogna rifarsi alla dimensione del non-tempo e pensare: «Ciò che l’uomo vive è come se Io stesse creando lui stesso. È solo una diversa dimensione che gli fa vivere successivamente e separatamente ciò che, in realtà, è in uno stato di eterno presente e di infinita presenza. Però, se l’uomo non lo vivesse, non lo creasse, proprio come lo sta vivendo e creando, non potrebbe esistere né l’eterno presente, né l’infinita presenza».
Quindi il problema va rovesciato: non vedere, cioè, che tutto esiste già, e quindi l’uomo non può sottrarsi; ma, al contrario, vedere che tutto esiste nell’eterno presente e nell’infinita presenza come l’uomo Io vive attualmente, nella successione e nella separatività. Perché esista nell’eterno presente e nell’assolutezza di Dio, l’uomo deve viverlo. Ed è nell’eterno presente e nell’infinita presenza proprio come lo vive, come cerca di viverlo attualmente, nel miglior modo possibile.
Però, se l’uomo non lo vivesse, non lo creasse, proprio come lo sta vivendo e creando, non potrebbe esistere né l’eterno presente, né l’infinita presenza».
Frase degna di riflessione
L’ EP esiste perché l’uomo lo vive così come lo crea.
Non esiste a prescindere dall’uomo.
A questo punto non esistono neanche le varianti, se l’uomo non le vive.