[Sommario AI] La percezione umana coglie solo l’apparenza delle cose, non la loro realtà intrinseca, accessibile solo tramite l’identificazione completa con l’oggetto (“piano akasico”).
La realtà, compresa quella percepita come “oggettiva” (es. New York), esiste solo come comun denominatore di tutte le percezioni individuali, come fotogrammi in una serie.
Anche le persone esistono solo nella percezione altrui, ma la coscienza dietro ogni individuo è reale e parte di una coscienza universale. [/S]
Fonte: Il libro di François, Cerchio Firenze 77. Questo «qualcosa di oggettivo», come tu lo chiami, corrisponde al «soggettivo universale» di Kant, ovvero ai «comuni denominatori delle varie soggettività», come dicono i maestri.
Ma il fatto che una certa visione sia comune a tutti gli uomini non è una prova che quella visione sia oggettiva; può essere comune a tutte le soggettività degli uomini – un soggettivo generale, universale, comune a tutti -, però non significa che quella cosa sia oggettiva.
Che vuol dire «non essere oggettivo»? Significa che l’uomo attraverso la percezione non può mai conoscere la realtà intrinseca della cosa, ma ne vede solo e sempre l’apparenza; e il vedere l’apparenza di un oggetto (io lo vedo in una certa maniera e tu lo vedi in maniera analoga alla mia e quindi possiamo intenderci benissimo nel linguaggio, ma dell’oggetto sempre l’apparenza vediamo), il vederne l’apparenza non è mai il vedere la realtà di quell’oggetto. È un’apparenza quella che tutti gli uomini vedono in maniera analoga.
La realtà intrinseca di quel dato oggetto nessuno può vederla se non quando raggiunge il piano akasico, e cioè quando può raggiungere l’identificazione con quella cosa, quando diventa quella stessa cosa (quando la “sente”, ndr): solo allora ne conosce la realtà vera; prima, attraverso la percezione, ne coglie solo l’apparenza.
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E qui tu mi potresti dire che anche la stessa materia di cui è fatta l’apparenza è composta dallo spirito nella sua espressione più densa, e quindi qualcosa di oggettivo deve pur averlo.
Prendiamo una macchia su di un muro. Tu puoi interpretarla come una figura e quindi, invece di vedere una macchia sul muro, vedi una figura, no? E altri che guardano la stessa macchia sul muro, la interpretano come te e vedono una figura. Però, questa, è la tua e la loro interpretazione; in sé quella cosa è una macchia sul muro. La realtà è una macchia sul muro, ma l’uomo, proprio per il fatto di essere uomo, non può che vedere una figura.
Ora, è vero che tutto è fatto di spirito, ma la materia è fatta di energia, l’energia è fatta di materia mentale, la materia mentale è fatta di materia akasica, la materia akasica è fatta di spirito, e allora ciò che tu vedi di un oggetto è la forma della materia dell’oggetto; quindi che cosa vedi? Vedi l’apparenza dell’apparenza della realtà.
Nel mondo della percezione, tutto ciò che non cade direttamente nell’arco dei nostri sensi, ma che pure entra nella nostra vita, esiste veramente? Ad esempio: New York è materialmente ricostruita per questa mia esperienza attuale, o esiste solamente in quei momenti in cui cade sotto la percezione dei miei sensi? Questa domanda è bellissima perché ci spiega ancor meglio il mondo dei fotogrammi con il suo meccanismo.
Io direi che New York in sé non esiste: è solo il comun denominatore delle serie di fotogrammi di tutte le vite di tutti coloro che sono, sono stati, saranno a New York, che hanno nella loro serie di fotogrammi questo sfondo di New York. Allora, non esistendo in sé, possiamo dire che esiste tutte le volte che tu la incontri, proprio perché nel tuo fotogramma è rappresentata.
Ma questo vale, sempre ognuno dal proprio punto di vista, anche per coloro che ci circondano. Ora, seguendo questa logica, tu giungi alla conclusione che io, e anche i maestri, dal tuo punto di vista esistiamo solo quando siamo rappresentati nel tuo fotogramma; ma questo, se pure è vero, non ha nessuna importanza, perché tu devi sempre tenere presente che dietro questa voce che tu senti c’è una coscienza; la mia voce non è un suono, c’è coscienza dietro. E questo discorso viene fuori dal fatto che Dio è coscienza assoluta.
Credere inanimata la materia, credere a qualcosa di inerte, è proprio un errore di trasposizione e di percezione; ma l’ambiente nel quale ogni essere vive è coscienza. Tutti noi siamo si in un ambiente, ma completamente avvolti dalla coscienza, tutto è coscienza; e questa coscienza in certi punti si polarizza, e parla anche attraverso un semplice fatto, una semplice azione, o un semplice moto che può sembrare meccanico. Ma è sempre questa unica coscienza che ti parla, che ti si manifesta.
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