Tratto dal libro: Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, a cura di A. Tollini, Ubaldini editore.
Questo testo è proposto alla comunità dei monaci del Sentiero contemplativo per la loro formazione. Mi soffermerò sul testo di Dogen quando necessario e lavorerò sul commento di Tollini. I miei interventi saranno evidenziati dal colore blu e dal corpo minore.
[4] Tra le quattro saggezze (citate sopra), non ve n’è una migliore delle altre, mentre le altre sono peggiori. Tutte queste saggezze realizzano la loro virtù. Stando così le cose, si deve apprendere il fatto che non esistono esseri animati o inanimati che non abbiano la “conoscenza innata”.
[Gudo Nishijima-Chodo Cross così traducono] Allora quale tipo di essere, senziente o non senziente, può essere privo di intelligenza innata? Dobbiamo studiarlo nella pratica.
In questo post tratto la questione della natura autentica propria a ogni essere, animato o inanimato. Qui Dogen non tratta di natura autentica ma di conoscenza innata: per semplificare non entro nella relazione tra le due.
La questione è complessa: quale conoscenza innata ha un tavolo (essere inanimato)?
Ma esiste un tavolo senza colui che lo percepisce? Se non vogliamo parlare di un tavolo parliamo di una montagna: esiste indipendentemente da coloro che la percepiscono?
Nel post citato riporto l’affermazione del Cerchio Firenze che dice: “Esiste solo ciò che sente o che è sentito”. Un tavolo non sente ma è sentito, dunque esiste nella consapevolezza di coloro che lo sentono, non oggettivamente: se nessuno lo sentisse, non esisterebbe. Così vale per un monte e per tutta la cosiddetta realtà. Esiste perché i sensi dei percettori, sentendola e percependola (nell’ordine) la estraggono dalla materia indifferenziata (la materia che costituisce il Tutto-Uno).
Rispetto alla tesi di Dogen: non esistono esseri animati o inanimati che non abbiano la conoscenza innata, noi dovremmo affermare che un essere inanimato – non avendo coscienza – non può possedere conoscenza.
Però: un essere inanimato eiste perché è sentito pertanto è frutto di una coscienza che possiede una conoscenza innata, ad esempio quella conoscenza di base che deriva dal processo del sentire e dei suoi sensi.
In altri termini: il tavolo è interno al sentire che lo estrae dall’indifferenziato attraverso la percezione: non esistendo oggettivamente è impropio definirlo un essere inanimato, è un essere frutto della animazione del sentire. La differenziazione tra esseri animati e inanimati è priva di senso, tutti gli esseri esistono in relazione al sentire, lui è il comun denominatore di tutto, quello che determina la natura autentica come la conoscenza innata.
Se c’è la “conoscenza innata”, allora c’è l’illuminazione innata, c’è la ricerca della verità innata, c’è la pratica innata.
Chiaro. E questo è perché esiste, in “origine”, natura autentica: Essere, dal quale deriva ogni divenire illusoriamente creato dalla percezione (sentire più sensi), mai realmente divenuto altro da Essere.
Quindi, i Buddha e i patriarchi che son coloro che guidano gli uomini (verso la salvazione), sono definiti persone con l’illuminazione innata. È così perché trascorrono la vita attuando l’illuminazione. La loro è una illuminazione innata che ha approfondito pienamente la grande illuminazione. È così grazie alla loro capacità di far propria l’illuminazione.
I Buddha e i patriarchi, come ogni creatura, posseggono l’illuminazione innata, l’Essere: sono la risultante di Essere, come tutti, e non sono persone speciali (questo lo affermiamo noi): nell’illusione del divenire ogni creatura diviene Buddha, nella realtà dell’Essere ogni creatura è Buddha. Il processo del divenire è la consapevolizzazione di ciò che già è. Non uno stato nuovo e inedito, il divenire consapevole di Ciò-che-È.
Perciò, prendono i tre mondi447 e ne fanno la grande illuminazione, prendono la multiforme realtà di questo mondo e ne fanno la grande illuminazione, prendono i quattro elementi448 e ne fanno la grande illuminazione, prendono i Buddha e i patriarchi e ne fanno la grande illuminazione, prendono i kôan e ne fanno la grande illuminazione.
Tutti costoro attraverso la grande illuminazione hanno realizzato la grande illuminazione. Il preciso momento della quiddità, è il momento presente.
[Gudo Nishijima-Chodo Cross così traducono] Stando così le cose, realizziamo la grande realizzazione facendo nascere il triplice mondo, realizziamo la grande realizzazione facendo nascere i quattro elementi, realizziamo la grande realizzazione facendo nascere le centinaia di erbacce, realizziamo la grande realizzazione facendo nascere i patriarchi buddisti e realizziamo la grande realizzazione facendo nascere l’Universo. Tutti questi sono casi in cui si realizza la grande realizzazione e quindi si realizza di nuovo lo stato di grande realizzazione. Il momento giusto per questa realizzazione è adesso.
Tutti costoro essendo Essere manifestano Essere: Essere manifesta se stesso e lo fa nel senza tempo. Il momento presente altro non è che il senza tempo che è sentito, non si limita al percepito (che ingannevolmente conduce alla sequenza del divenire, al prima/dopo).
447 I “tre mondi” sono: “il mondo del desiderio”, “il mondo dei fenomeni” e “il mondo non fenomenico (o della liberazione dai fenomeni)”. Vedi anche nota n. 261 del Shinjin gakudô.
448 I “quattro elementi” sono: terra, acqua, fuoco, aria, cioè gli elementi fisici.
COMMENTO (Tollini)
[4] Queste quattro “conoscenze” o “potenzialità” sono “saggezze” perché tutte permettono di accedere all’illuminazione. Perciò, non ve n’è una migliore dell’altra poiché “tutte realizzano la loro virtù”, ossia tutte permettono di giungere alla meta. Tutti gli esseri animati e inanimati hanno la “conoscenza innata”, il tipo di conoscenza fondamentale la cui presenza stessa è certezza di illuminazione. Conoscenza innata significa illuminazione innata, cioè pratica innata.
Di fatto, secondo la concezione di Dôgen, l’illuminazione dell’essere umano (ma anche non umano) è già data, è una cosa già acquisita che aspetta solo di essere attuata pienamente. In questo senso, il fatto stesso di avere la conoscenza innata, di cui tutti siamo dotati è sinonimo di illuminazione. Ciò equivale a dire che appartenere a questa vita significa appartenere all’illuminazione.
I Buddha e i patriarchi sono persone dalla conoscenza innata che “grazie alla loro capacità di far propria l’illuminazione” sono diventati Buddha e patriarchi. Essi di tutto fanno la grande illuminazione, sia di ciò che è puro sia di ciò che è impuro; nulla, nelle mani dell’illuminato resta fuori dalla dimensione dell’illuminazione. Egli non illumina solo se stesso, ma illuminandosi illumina tutto il mondo, tutta la realtà senza lasciar fuori nulla.
Essi fanno del mondo una “perla luminosa”. “Attraverso la grande illuminazione hanno realizzato la grande illuminazione”. La grande illuminazione illumina i Buddha e i patriarchi, ma i Buddha e i patriarchi illuminano se stessi. Tuttavia, I Buddha e i patriarchi illuminano la grande illuminazione, che in definitiva null’altro fa che illuminare se stessa, in questo preciso momento che è un qualunque “questo momento”.
D’accordo con quanto scrivi rispetto agli esseri inanimati che posseggono la “conoscenza innata”.
” Se c’è la “conoscenza innata”, allora c’è l’illuminazione innata, c’è la ricerca della verità innata, c’è la pratica innata.“.
Se queste qualità sono innate devono comunque essere portate alla luce attraverso le esperienze, la pratica, lo studio…
Se guardiamo all’Essere sono gìà, ma se guardiamo al divenire devono essere realizzate.