Tratto dal libro: Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, a cura di A. Tollini, Ubaldini editore.
Questo testo è proposto alla comunità dei monaci del Sentiero contemplativo per la loro formazione. Mi soffermerò sul testo di Dogen quando necessario e lavorerò sul commento di Tollini. I miei interventi saranno evidenziati dal colore blu e dal corpo minore.
[9] Il maestro disse:”Uno specchio rotto non torna a risplendere. I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”.* Queste parole sono state dette nel preciso momento in cui uno specchio si è rotto. Però, è un errore cercare di capire le parole del maestro che riguardano uno specchio rotto, rivolgendo il pensiero a quando lo specchio non era ancora rotto.
“A broken mirror does not again reflect. Fallen blossoms cannot climb back onto the trees.” [Gudo Nishijima-Chodo Cross così traducono] “Uno specchio rotto non riflette di nuovo. I fiori caduti non possono risalire sugli alberi”.
Il significato delle parole del maestro: “Uno specchio rotto non torna a risplendere. I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”, è che: “La persona illuminata non torna a splendere”, e “la persona illuminata difficilmente torna sull’albero”, cioè, la persona illuminata non torna a essere smarrita. Tuttavia, non si deve capire in questo modo, perché se fosse come le persone credono che sia, si chiederebbe: “Qual è allora lo stato normale della persona illuminata?”. Allora a questo si risponderebbe immediatamente: “Ci sono momenti in cui si smarrisce”. Tuttavia, le cose non stanno come detto ora.
La questione diventerà chiara nel paragrafo 10, qui si può dire questo: l’illuminazione è uno stato irreversibile perché il sentire acquisito non può regredire, ciò che è compreso è compreso e non può regredire allo stato di ignoranza/non comprensione.
Lo stato di illuminazione non può rompersi come uno specchio, non può disgregarsi: può manifestarsi, invece, un certo tasso di illusione che “convive” (non si sostituisce) transitoriamente e magari ciclicamente con lo stato di illuminazione.
In altri termini:
a- il compreso è inscritto nel corpo akasico e lo struttura realizzando un certo grado di sentire complessivo;
b- non comprensioni residue, o sfumature di comprensioni in via di apprendimento possono, nel mentre vengono sperimentate nell’esperienza incarnativa, generare identificazioni nei corpi transitori e nella loro risultante, l’identità, o Coscienza riflessa nel divenire – Crd – come diciamo nel Sentiero.
c- Convivono simultaneamente due piani di realtà: il sentire/illuminazione che permane intonso; la relativa identificazione/illusione.
Il curatore aggiunge, di suo: se ci fosse un cosiddetto illuminato estraneo a questa dinamica sarebbe l’Assoluto Essere, non un umano, una Individualità comunque incarnata in un individuo.
Una coscienza in manifestazione attraverso dei veicoli sottostà alle logiche proprie del processo di incarnazione, genera per pura meccanica una Crd e il velo illusorio di questa. L’unica questione reale sembra essere: quale è il grado di questo velo e quale la sua persistenza o ciclicità?
Chiaramente questa interpretazione è nella logica del divenire, di seguito l’affronterò in quella dell’Essere.
Poiché ci si domanda: “Cosa succede alle persone illuminate quando si smarriscono?”, (questa domanda nasce dal fatto che) non è chiaro (all’interlocutore) il momento in cui ci si smarrisce. Proprio in quel momento si realizzano le espressioni:” Uno specchio rotto non torna a risplendere” e “I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”. Quando i fiori proprio cadono, per quanto si cerchi di farli tornare su con un bastone lunghissimo, tuttavia i fiori cadono. Allo stesso modo, quando lo specchio è proprio rotto, per quanto si cerchi di ripararlo, lo specchio non torna a risplendere (come prima).
Riflettendo sul senso delle espressioni riguardo allo specchio rotto e ai fiori che cadono, si consideri il momento in cui la persona illuminata si smarrisce. La grande illuminazione corrisponde a “costruire il Buddha” e lo smarrimento corrisponde a “tutti gli esseri senzienti”,460 ma noi non dobbiamo comprendere (le parole del maestro) come se volessero dire che un essere illuminato (come il Buddha) assumendo una forma umana torna al mondo degli uomini ordinari (per aiutarli). Questo si chiama “rompere la grande illuminazione e diventare esseri senzienti”, ma questo non significa la rottura della grande illuminazione, né che la grande illuminazione svanisca, e neppure che ne scaturisca lo smarrimento. Non si deve assolutamente pensare quanto sopra.
460 “Grande illuminazione” significa “costruire il Buddha (dentro di sé)” e “esseri senzienti” è la dimensione dello smarrimento.
COMMENTO (Tollini)
[9] Ora, Dôgen commenta la risposta del maestro Hôchi che disse: “Uno specchio rotto non torna a risplendere. I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”. Il senso di queste parole sembra essere che: “una persona illuminata non torna nell’illusione, così come uno specchio rotto per quanto venga riparato non torna a risplendere e i fiori caduti, per quanto si cerchi di riattaccarli, non tornano sull’albero”.
Tuttavia, questa è una interpretazione superficiale. Infatti così facendo, si cerca di capire lo specchio rotto pensando a quando non era ancora rotto. Dobbiamo comprendere queste frasi nel preciso momento in cui lo specchio si rompe e i fiori cadono, cioè dobbiamo identificare la frase col momento dell’azione e non separare parole e azione. Così la domanda:” Cosa succede alle persone illuminate quando si smarriscono?” va formulata e compresa nel preciso momento in cui avviene il “ritorno allo smarrimento“.
Allora si realizzano anche le risposte del maestro Hôchi. Ciò che Dôgen intende qui è che illusione e illuminazione non sono due stadi continui tra i quali si può fluire andando dall’uno all’altro e viceversa. Così come gli “esseri/tempo” non fluiscono gli uni negli altri e la legna non diventa cenere: la legna è pienamente e solamente legna e lo stesso è della cenere. Allo stesso modo non si fluisce dall’illusione all’illuminazione e viceversa, ma l’illusione è solamente e pienamente illusione e lo stesso è dell’illuminazione.
Quindi non esiste la possibilità di tornare dall’illuminazione all’illusione, ma in quel preciso momento, quello in cui avviene l’azione, per esempio, del Buddha (l’illuminato) che torna tra gli esseri senzienti (che sono nell’illusione), si è nell’illuminazione, oppure nell’illusione. Ma questo non vuol dire “rompere la grande illuminazione”, né che “ne scaturisca lo smarrimento”.
Ma non significa nemmeno che esistano lo stato di illuminazione 100 e quello di illusione 100 e uno stia nell’uno o nell’altro: postulato che siamo passati dalle logiche del divenire a quelle dell’Essere e non nell’ambito dei giochetti verbali, esiste il momento presente che manifesta il Ciò-che-È di questo momento.
Il Ciò-che-È di adesso, immobile ed eterno, è rappresentato da un dato grado di sentire e di condizionamento, questo perché ciò che accade comunque è un insieme di vibrazioni che organizzano diverse densità di materie: il Buddha comunque condizionato, quando incarnato.
Nell’adesso eterno e immutabile si manifesta un grado di sentire e di condizionamento: si manifesta e permane, non scompare. In un altro adesso, si manifesta un grado di sentire diverso e di condizionamento diverso, e anche questo permane immutabile in eterno.
La legna è legna in eterno e mai brucia. La legna che brucia lo è in eterno e mai si esigue né torna legna. La cenere è cenere in eterno. Nelle logiche del divenire la legna diviene cenere, in quelle dell’Essere ogni stato esiste in eterno (senza tempo: eterno non significa in un tempo infinito, ma senza tempo)
La risposta del maestro Hôchi, allora va letta nel senso che non esiste continuità tra lo specchio prima della rottura e dopo la rottura, e neppure tra i fiori caduti e quelli che stavano sui rami. “Uno specchio rotto non torna a risplendere” perché non è lo specchio integro, che non esiste più. “I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero” perché i fiori caduti non sono i fiori di prima che stavano sui rami, i quali non esistono più.
Ciò che esiste nel preciso momento in cui l’azione avviene è l’azione stessa e null’altro, il prima (ma anche il dopo) non esiste più (o non ancora).
Qui non posso condividere le conclusioni di Tollini, e non solo sue: quello che definiamo “adesso/presente” è uno stato di Essere, non di divenire; lo stato di Essere è atemporale, senza tempo, eterno e immutabile.
Se l’Essere è senza tempo, allora nell’Essere esistono tutto il passato il presente e il futuro simultaneamente presenti e nulla, ma proprio nulla scompare: di questa totalità presente viene sentito un adesso/presente che in sé contiene il grado di sentire in manifestazione in quell’attimo e il condizionamento che subisce.
La dicotomia illuminazione/illusione è completamente fuorviante perché applica all’Essere le logiche del divenire e costringe a giochi logici ed espressivi impervi.
Che significa affermare che o c’è una o c’è l’altra? Ci sono simultaneamente due piani di realtà operanti, il piano dell’Essere e quello del divenire e bisogna entrare nella logica che divenire non è che Essere in sequenza: la legna diviene cenere, l’illuminato vive l’illusione.
In realtà, con lo sguardo dell’Essere, questo si contempla: la condizione di Essere è rappresentata da mille e mille stati di sentire differenti i quali, colti nel divenire, divengono le molte scene dell’illuminato che vive la pienezza o vari gradi di condizionamento.
Rimanere nella logica duale affrontando una questione relativa all’Essere, ci condanna alla prevalenza cognitiva del tema senza poterlo sentire nella sua vera dimensione. Diveniamo cervellotici e niente altro.
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Anche a me pare che posse essere sintezzato.
i concetti fondamentali mi sembrano due:
1. l’illuminato può convivere con uno stato d’illisone;
2. Che l’Essere non è nel presente/ora, ma nel non tempo
Nonostante una lettura ripetuta sui testi e sul post, questa parte mi sembra molto cavillosa e “mentale”. Per fortuna il commento di Uma aiuta.
Il compreso : una persona illuminata, nonostante possa, a volte, cadere nell’illusione essendo ancora incarnata, non perde l’illuminazione perché questa fa parte del sentire di coscienza raggiunto.
Se pensiamo al divenire la comprensione /illuminazione, avviene passo dopo passo.
Dal punto di vista dell’Essere, l’illuminazione è già.
In un momento di contemplazione l’illuminazione è già.