Fonti: Il cammino religioso, Bendowa, Stella del mattino. Tollini, Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, Mediterranee.
Questo materiale è finalizzato alla formazione dei monaci del Sentiero contemplativo e non ha altra finalità. Il curatore interviene per interpretare Dogen alla luce delle comprensioni e interpretazioni proprie del Sentiero e non è mosso da alcuna intenzione esegetica.
❓ 11 «La persona che pratica zazen, deve necessariamente rispettare i precetti?»
Risposta «Nella tradizione zen, rispettare i precetti, mantenere pura le propria condotta, è sempre stata la norma, l’usanza stabilita. Perciò è ovvio e naturale per chi fa zazen avere una condotta di vita aderente ai precetti. Il che però non vuol dire che coloro i quali ancora non hanno ricevuto formalmente i precetti o che li hanno violati non possano fare zazen».
❓ 12 «Durante zazen, non dà forse migliori risultati recitare contemporaneamente una preghiera o una formula religiosa, usare cioè un oggetto su cui concentrare il proprio spirito?»
Risposta «Quando, in Cina, ho chiesto al maestro l’essenza dell’insegnamento di Śākyamuni, mi ha risposto che né in India né in Cina, né ora né in passato, non vi è mai stato nessuno, fra le persone che hanno correttamente ricevuto e trasmesso quell’insegnamento, che abbia fatto zazen e, contemporaneamente, un’altra pratica religiosa.
Durante zazen, zazen soltanto; durante la recitazione soltanto la recitazione: è importante procedere a fondo esaustivamente con lo stesso atteggiamento, in un’unica postura, secondo l’insegnamento di Śākyamuni: ogni cosa, un comportamento, di qualunque cosa si tratti».
❓ 13 «La pratica di questo zazen è possibile anche ai laici, uomini o donne, oppure possono praticarlo esclusivamente coloro che, lasciata la propria casa e la propria famiglia, sono entrati nell’ordine monastico?»
Risposta «Come insegnano coloro che dal lontano passato hanno messo in pratica l’insegnamento di Śākyamuni, fare zazen, cioè comprendere realmente quell’insegnamento, altro non è che vivere appieno e vividamente la vita del sé e non ha nulla a che vedere con l’essere uomo o donna, con la condizione sociale, con lo status dei praticanti. Chiunque può fare zazen».
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