[Sommario AI] Viene discussa la frase di François secondo cui il piano fisico è creato da chi lo percepisce.
Si afferma che la percezione, con le sue limitazioni, trasforma la materia divina indifferenziata in un ambiente.
Si nega la personificazione di forze intelligenti o di Dio, sostenendo la realtà di tutto ciò che si immagina, in relazione alla propria dimensione.
Si definisce la realtà come esistenza, includendo anche pensieri astratti, e si evidenzia l’errore di considerare reale solo la dimensione fisica.
Si spiega che gli individui, col loro sentire, creano i mondi percepiti, partendo da una sostanza indiversificata; Dio non crea direttamente i mondi.
La percezione limitata determina la grossolanità del mondo creato; esseri con limitazioni analoghe creano mondi analoghi che appaiono oggettivi.
Il sentire limitato avvia un processo di superamento verso un sentire meno limitato, come una sorta di auto-correzioni attraverso l’esperienza.
La cognizione di un individuo dipende dalle limitazioni percettive di chi lo osserva, mostrando che la struttura di un essere non è oggettiva in senso assoluto ma relativa al “sentire” di chi lo percepisce.
Si introduce il concetto di Eterno Presente, dove la realtà è simultanea e il divenire è una successione di percezioni limitate che creano l’illusione del tempo.
Si discutono le varianti, ovvero le possibilità non vissute che esistono nell’Eterno Presente come frutto della Coscienza Cosmica o come automatismo, sollevando domande sulla creazione di eventi non vissuti. [/S]
Inseriamo, in questo ciclo di François, due comunicazioni di Kempis – questa è la prima – per cercare di chiarire questa frase di François apparsa nel post 25:
“In un primo momento voi avete pensato, quando i maestri dicevano che il piano fisico è creato da coloro che lo percepiscono, che fosse una sorta di emanazione dell’individuo, è vero?, il quale Io creasse. Riportandoci all’esempio del film, gli stessi maestri dissero che, osservandolo, voi restate commossi dall’azione del film, se è un’azione commovente; ma, pensateci bene, aggiunsero: «L’azione è commovente in sé, e quindi il sentire è di commozione, oppure è l’inverso, cioè è il sentire di commozione che crea sullo schermo l’avvenimento commovente?».
Allora voi pensavate che tutto fosse una creazione del sentire, per cui tutto è estremamente soggettivo. Non è cosi, invece. II fatto di percepire, di vedere questa divina materia indifferenziata in se stessa, il percepirla con delle limitazioni, la trasforma in una sorta di ambiente.”
Fonte: Cerchio Firenze 77, La fonte preziosa, edizioni Mediterranee (Ottobre 1983) Evidenziazioni del curatore.
[…] Sia ben chiaro: io non dico che non esistono le forze intelligenti che concorrono alla vita cosmica; dico che è errato personificarle, come è errato personificare Dio. Anzi, tutto quanto la fantasia più strampalata immagina, esiste. Dirò di più: tutto quanto esiste è reale.
Sissignori: se non siete d’accordo, si tratta solo d’intenderci sul termine « reale ». Esistenza e realtà si identificano: un pensiero, nel momento che è concepito, esiste ed è reale. Se si pensa ad un asino che vola, quel pensiero è reale. Certo, nel piano fisico non esiste una forma corrispondente a quel pensiero, e quindi nel piano fisico non esiste quella realtà; ma questo è un altro discorso che nulla toglie alla realtà del pensiero. La realtà non è solo quella del piano fisico. Nel piano del pensiero, quel pensiero esiste ed è reale come tutto il pensiero, che abbia o non abbia corrispondenza nel piano fisico. Tutto è reale, naturalmente nella propria dimensione. L’errore è di credere che sia reale la sola dimensione fisica.
L’affermazione da noi fatta che tutto è sostanza proprio questo significa: la cosa più astratta che si possa concepire, e quindi esistere, è la qualità, che pure è legata indissolubil mente alla quantità o sostanza. Anzi, al di là dei mondi della percezione la qualità è la sostanza; di conseguenza, tutto quello che esiste è reale.
Non può esistere una cosa irreale in senso assoluto. Un miraggio non è reale — voi dite. Non è questo quello che io intendo: un miraggio è costituito di « qualcosa »; in questo senso è reale; e lo è anche se non è ciò che rappresenta.
Nella dimensione fisica, il fatto che tutto ciò che l’individuo pensando immagina non esista, fonda in modo errato l’opinione che le creazioni del pensiero siano irreali; cioè che sia reale il solo mondo fisico. Ciò, come ho detto, è un errore. Tutti i mondi sono egualmente reali e tutti i mondi, rispetto alla Realtà assoluta, sono egualmente illusori; cioè come sono percepiti non esistono oggettivamente.
In altre parole, l’individuo non percepisce, sia pure con toni soggettivi, una realtà in se stessa esistente, ma in un certo senso la crea attraverso al processo della percezione.
Quello che esiste oggettivamente è solo una sostanza indiversificata che, captata attraverso a dei sensi limitati, appare come mondo fisico o astrale o mentale. Non è quindi Dio che crea o emana i mondi ma sono gli individui col loro sentire in senso lato e di coscienza.
→ Se così è, allora esistono solo gli individui e la materia indiversificata.
Però, a loro volta,
→ gli individui sono costituiti di sostanza, della stessa sostanza di cui è costituito il Tutto, cioè Dio stesso; perciò
→ i mondi sono manifestati dagli esseri e gli esseri da Dio, cioè rappresentano il virtuale frazionamento della coscienza assoluta.
Un essere, quale virtuale parte della coscienza assoluta, ha un sentire parziale. Questo stesso fatto comporta, come conseguenza, una percezione limitata dall’ambiente, della sostanza nella quale è immerso, e che costituisce il suo non essere.
→ La conseguenza della percezione limitata è la visione-creazione dei mondi fisico, astrale, mentale, tratti, ripeto,
→ dal percepire limitatamente, parzialmente, la divina sostanza in sé omogenea e indiversificata.
Quanto più il sentire è limitato e tanto più il mondo nel quale l’essere si immerge o crea è grossolano.
→ Gli esseri che hanno analoghe limitazioni creano nella loro percezione mondi analoghi che, per il fatto di avere punti di contatto, assurgono per quegli esseri a realtà oggettiva ed apparentemente indipendente dai soggetti.
Tale supposta oggettività è rafforzata dal fatto che la materia di un mondo può essere da un individuo plasmata in qualunque forma e vista così plasmata dagli altri individui di quel mondo. Un artigiano che crea una sedia plasma la materia fisica in quella forma, e la sua creazione è vista da tutti gli altri individui che, avendo le sue stesse limitazioni percettive, trasformano nella percezione la divina sostanza in materia, e quindi in mondo fisico.
Sicché, ciò che l’individuo crea con le limitazioni della sua percezione, dovute alle limitazioni del suo sentire, non è un mondo totalmente onirico ma un ambiente, una dimensione con le sue leggi e i suoi fenomeni che appaiono eguali a tutti coloro che per le stesse sue limitazioni trasformano la divina sostanza in quell’ambiente.
A sua volta, il soggettivo generale subisce un’ulteriore processo di soggettivizzazione in forza della psiche dell’individuo che ne dà una sua personale interpretazione — questa volta solamente sua.
L’individuo, quindi, appalesando il suo sentire limitato, dà l’avvio a un processo di superamento e alla manifestazione di un sentire meno limitato, e così via. È come se l’individuo si rimirasse ad uno specchio e, scoprendo i suoi difetti, li eliminasse.
Un individuo-uomo visto in un momento inteso non come tempo, ma come fase della sua struttura, è un “sentire” relativo, un “sentire” limitato. Per coglierlo, per vederlo singolarmente, è necessario avere una cognizione limitata, in quanto egli non ha una struttura oggettiva sul piano assoluto, essendo prodotto del virtuale frazionamento della Coscienza Assoluta.
Allora, la cognizione che un altro individuo ha del primo non dipende da come il primo è, ma dalle limitazioni percettive del secondo; sicché se il secondo è nella condizione-limitazione che gli fa creare-percepire il mondo fisico, il primo sarà da lui visto come un uomo con un suo corpo avente certe caratteristiche corrispondenti al “sentire” che esprime. Oppure non lo vedrà affatto, se egli secondo avrà scelto un momento in cui il primo sta “sentendo” la fase fra una incarnazione e l’altra.
Questo ci fa capire che gli esseri, pur non avendo una struttura oggettiva sul piano assoluto, l’hanno sul piano relativo; struttura che non ha un aspetto unico, ma un aspetto per ogni fase di “sentire”; sicché come l’essere è colto dagli altri esseri dipende dal momento in cui gli altri lo colgono nella teoria dei suoi “sentire”. Questo perché tutto esiste al di là dell’apparente divenire-percepire in successione. Quello che l’essere percepisce non è ciò che esiste oggettivamente, non è l’unica realtà superstite delle precedenti che non esistono più e preliminare di quelle che verranno e che non esistono ancora; ma è la porzione della realtà totale – tutta esistente simultaneamente – che l’essere riesce a cogliere e creare in forza delle sue limitazioni, o che le sue limitazioni gli fanno cogliere e creare.
Ora, questo cogliere e creare – se non si è ben compreso il concetto dell’Eterno Presente, cioè
del fatto che la realtà non è “divenire” ma “essere” – può suonare come una contraddizione. Infatti, se si dice che la realtà è in stato di Eterno Presente, cioè che è tutta manifestata, allora l’essere la coglie in successione, ma non la crea. Viceversa, se la crea in successione, allora la realtà non è tutta manifestata, almeno secondo la logica del divenire.
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Può darsi che, per introdurre il concetto dell’Eterno Presente e farvi comprendere che la realtà è
in essere e non in divenire, noi abbiamo sorvolato su certe precisazioni del genere di quella che sto per fare; tuttavia tali puntualizzazioni diventano necessarie per capire le successive esposizioni della verità, perciò abbiamo l’obbligo di farle, anche se le parole non sono più idonee ad esprimere concetti che fuoriescono dalla logica della vostra realtà.
Il fatto che gli esseri vivono, “sentono” in successione il “sentire” legato alle situazioni cosmiche che tutte simultaneamente sono esistenti nell’Eterno Presente, non significa che gli esseri le “sentono” perché così sono scritte, ma esattamente il contrario: l’Eterno Presente è una realtà in cui l’apparente successione del “sentire” è annullata. Niente d’altro. L’Eterno Presente è la condizione strutturale del virtuale frazionamento dell’Assoluto o meglio, della sua sostanza, perché la Coscienza Assoluta è oltre il virtuale frazionamento.
Il divenire, come il virtuale frazionamento, è “sentito” da ogni “sentire”; perciò gli esseri, perce-
pendolo, creano l’Eterno Presente.
[→uma] Il divenire, come il virtuale frazionamento, è “sentito” da ogni “sentire”:
– ogni sentire è frutto del virtuale frazionamento, il che significa che non ha realtà in sé ma solo nella dimensione illusoria del divenire;
– quel sentire, in virtù della propia natura che da un grado di ampiezza lo porta a un grado maggiore, sentendo se stesso aggrega la materia divina indifferenziata e, conseguentemente, le materie e le vibrazioni dei vari piani transitori, generando le scene del divenire;
– scene del divenire che sono registrate – come in un archivio – nell’Eterno Presente, alla pari di come in esso è registrato ogni grado di sentire, ovvero ogni virtuale frazionamento del Sentire Assoluto. [/uma]
Percezione e creazione si identificano; con la differenza che, sul piano della struttura del virtuale
frazionamento tutto è creato-percepito simultaneamente; mentre sul piano del “sentire” relativo – “sentire” che è la conseguenza del virtuale frazionamento – tutto è creato-percepito in modo successivo. Punti di vista diversi di una stessa realtà che originano realtà diverse, ciascuna vera nella sua dimensione relativa.
Allora, cambia qualcosa nei nostri fotogrammi? Assolutamente no. Infatti se si osserva la struttura del virtuale frazionamento, vi si trovano tutti i “sentire” relativi legati a tutte le situazioni cosmiche dagli stessi create-percepite così come sono create e percepite in successione dai singoli “sentire”.
Se si osserva la struttura dei fotogrammi in se stessi, al di là di come la percezione dei “sentire”
limitati li crea, li trae dalla divina sostanza indiversificata, si trova solo divina sostanza indiversificata.
Da questa puntualizzazione, che mette a fuoco la creazione delle situazioni cosmiche da parte
dei “sentire”, non viene meno neppure il concetto della non contemporanea creazione-percezione di una comune situazione cosmica da parte di due o più “sentire” di grado diverso. Infatti, se in una realtà più completa, cioè in una visione meno relativa, è “sentito” simultaneamente ciò che l’individuo vive gradualmente, non ha importanza che nell’illusoria successione dei “sentire” uno “senta” prima o dopo, perché in effetti non esiste “prima” e “dopo”: possiamo dire che tutto è già, purché si comprenda che l’Eterno Presente non è il destino, la trama che determina il forzato comportamento dell’individuo, ma semmai è il dossier, l’archivio completo della sua esistenza.
Per la vostra logica del divenire, un tale archivio è impossibile perché esisterebbe prima che gli
eventi si producessero: ma, se ci pensate, diventa impossibile solo per quel “prima”. Allora, siccome nella realtà più vera quel “prima” non esiste, perché gli eventi esistono tutti simultaneamente, quell’archivio è possibile.
Piuttosto, con questa precisazione, il concetto delle varianti potrebbe sembrare inutile. Infatti, che senso ha l’esistenza delle varianti in un Eterno Presente inteso come archivio dei comportamenti individuali? O c’è una scelta, o c’è l’altra. In altre parole ci dovrebbe essere solo il vissuto.
La risposta a questa domanda si ha proprio da quello che abbiamo detto sulle varianti, e cioè che esse esistono proprio per far coesistere una libertà individuale in una storia – chiamiamola – generale obbligata. Da questo punto di vista non vi sono problemi per l’esistenza delle varianti. Ciascun essere vive la sua parte della storia e, quando ha possibilità di uscire dalla storia generale, vive una sua storia particolare; e quindi le storie nell’Eterno Presente ci sono entrambe, almeno nel caso in cui l’individuo scelga appunto di fuoriuscire dalla storia generale.
[→uma] “quindi le storie nell’Eterno Presente ci sono entrambe”, non direi, se non è sentita/creata/percepita non può esserci nell’Eterno Presente, non come frutto della creazione/percezione dell’individuo incarnato: se c’è è per un’altra ragione, è creata da qualche possibilità che trascende l’individuo. In altre comunicazioni Kempis farà in merito due affermazioni:
– le varianti non vissute sono create dalla Coscienza cosmica, l’unica che crea/sente tutte le possibilità, anche quelle non vissute ma esistenti in quanto la possibilità di scelta non deve mai venire meno, almeno potenzialmente;
– le varianti non vissute sono create in modo “automatico”, come automatismo. [/uma]
Tuttavia, a ben pensarci, il problema non è risolto. Infatti, tenendo presente che le varianti non ri-
guardano i “sentire” di coscienza ma solo i “sentire” in senso lato (la sfera psichica, ndr), cioè sono inserite nel percorso degli avvenimenti che fanno cadere le limitazioni e raggiungere o manifestare un nuovo “sentire” di coscienza, e tenendo presente che gli avvenimenti sono creati-percepiti dai “sentire” in senso lato, come può esistere un avvenimento non creato-percepito da un essere ancorché costituisca possibile scelta della sua vita?
Se le varianti esistono, debbono esistere con tutti i particolari individuali, cioè tutte le emozioni, i pensieri, eccetera, dell’individuo, e non solo come fatto visto dall’esterno. Non per nulla il Cosmo, per quanto riguarda i mondi della percezione, è il dossier di tutte le creazioni-percezioni degli esseri.
[→uma] “tenendo presente che gli avvenimenti sono creati-percepiti dai “sentire” in senso lato”: è una espressione che credo vada decodificata. Non è una data emozione, o un dato pensiero che creano una realtà, ma è un sentire che origina quel pensiero e quella emozione a crearla.
Un pensiero e una emozione – sentire in senso lato – non possono che essere legati a un sentire di coscienza in divenire: quando quel sentire è anche pensiero, emozione e azione – quando aggrega questi tre livelli di materia/vibrazione – allora il ciclo è completo e la scena viene registrata nell’Eterno Presente. [/uma]
Allora come può esistere il dossier di un evento scartato, non vissuto? A ben pensarci ciò potrebbe essere oggetto di meditazione da parte vostra. In tal caso, perché
privarvi di una simile possibilità? Meditate, meditate. Kempis
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