Via della conoscenza: evoluzione di chi? 10


Una voce: Noi non siamo qui a parlare di evoluzione a degli esseri che già sono convinti che maturando e maturando si immedesimano nell’Uno, pur mantenendo il proprio “io”.

Fonte: Via della conoscenza, comunicazioni fondanti riviste e aggiornate nel 2024.

E non siamo qui nemmeno a parlare di evoluzione, avendo di fronte degli esseri che, non appena diciamo che tutto questo è nulla, si irrigidiscono e pensano: “Come non serve? È impossibile riuscire ad avvicinarsi all’Uno senza un progressivo miglioramento”.

Alcuni di voi stanno qui ad attendere da noi una qualche risoluzione al proprio dilemma. E qual è il dilemma? È sempre il solito, cioè continuare a santificarvi e sempre più illuminarvi di spiritualità, essendo certi che la via evolutiva sia importante. Mentre altri di voi, stanchi, attendono di essere sconcertati da noi. Però quello sconcerto si realizza nel come si osserva la vita, quando si basa sul convincimento che la vita non vi appartiene: voi appartenete alla vita, e non come “io”.

   La vita è sempre oltre ciò che affermate su di essa, e lo si comprende quando si incomincia a osservare le proprie tante costruzioni concettuali, a partire dalla propria individualità. Sono quelle che voi non osservate, men che meno quando le applicate alla vita, e non vi piace proprio osservarvi nei pensieri coi quali tenete viva sia l’idea di evoluzione, sia quella di ritenervi esseri in cammino e sia quella di ritenervi esseri che, maturando, raggiungono la meta divina.

   Niente di tutto questo è reale: né maturare verso una meta e né stabilire a quale grado evolutivo si è arrivati. Realtà è riconoscere che tutto quello che affermate sul processo evolutivo e sul mistero della vita non è. La via evolutiva è un’illusione che serve a coltivare la vostra individualità, che è distinzione e separatezza. E voi subito pensate che questo può essere vero, e pensate: “Certo, ma bisogna prima arrivare alla fine del percorso evolutivo!”. Quanta illusione!
Non c’è fine a un percorso che ha sede soltanto nella vostra struttura concettuale. Nella realtà non c’è niente di tutto quello che vi siete posti come meta spirituale: c’è soltanto lo scorrere della vita, il giorno dopo giorno, il qui e ora. E voi siete onde della vita, come tutti gli altri esseri, momenti o attimi della vita, nient’altro.

   Nulla si muove verso l’Uno, e anche nel relativo qualcosa si muove fino a quando non si comprende che anche lì si può cogliere una sostanziale immobilità, pur dentro il flusso. Questa comprensione arriva quando nasce un incanto per la vita e non ci si cura più di quello che si costruisce come pensiero; se arriva, lo si lascia andare. L’incanto non ha come pretesa che la vita sia funzionale a se stessi, o che sia come la state concependo. Perché la vita non è né funzionale né non funzionale, non dona sofferenze e gioie, non distribuisce opportunità e oneri.
Tutto questo è frutto del modo con cui ci si pone nella vita. La vita semplicemente è. Nella vita ciò che accade è soltanto ciò che accade nella forma in cui si presenta, mai è quello che interpretate di ciò che è lì davanti a voi. La vita non sceglie, la vita non indirizza, la vita non premia: tutto è gratuità ed è casualità di ciò che si presenta e poi va.

   Perché la vita non può mai essere utile ad alcuno, è sempre non-utilità, essendo gratuità. Anche voi siete inutili. La vita non ha bisogno di voi, e perché mai dovreste servirle? Voi non siete. Ma che senso ha affermare questo di fronte alla vostra concettualizzazione di un Divino che dice che ciascuno di voi è importantissimo ai suoi occhi? È sottesa, in questa affermazione, un’immagine umana del Divino che predilige ciascuno di voi in modo particolare, che vi aiuta e che dà un senso alle vostre conquiste. Questo è un Divino che si adatta all’umano; questa è un’immagine divina creata dal pensiero.

Il Divino non è questo. Il Divino è nella vita: non è la vita, ma è nella vita, e la vita è riflesso divino, cioè gratuità. Essere gratuità significa negare tutti i vostri concetti che sottolineano la vostra importanza, sia pure un’importanza che vi attribuite perché vi dite di appartenere al Divino. Ma la vostra pretesa di essere qualcosa cancella il Divino; nel non-essere tutto è Divino.

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