Non è dalla negazione di sé che può germogliare qualcosa, ma è nella discesa dentro l’intimo proprio essere, nell’accettazione, nell’accoglienza, nella comprensione del proprio limite e del proprio talento; è lì, nel gesto del risiedere in sé, che può sorgere quella leggerezza dell’esistere propria dell’esperienza della contemplazione. Dalla pesantezza del confronto col limite lievita quel lasciar andare il giudizio su di sé che è il fondamento di ogni libertà. Ci può essere trascendenza di sé, dispiegarsi e prendere forma di una dimensione assolutamente più vasta, se si è conosciuto e accolto ciò che si è. La via spirituale edifica la personalità e, mentre la edifica, fornisce gli strumenti per il suo superamento. La via conduce oltre l’orizzonte personale ma, nella sua azione disarticolante, ha bisogno che esista una immagine di sé costituita; se quell’immagine non c’è, allora contribuisce a crearla, per quel che a ciascuno è possibile, e poi contribuisce a trascenderla lasciando affiorare un sentire d’essere non condizionato da alcuna limitazione personale.
Un lungo viaggio da sé alla contemplazione della vita priva di sé.
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