Amarsi o non amarsi

Una comunicazione di Soggetto, via della Conoscenza (32)
Parlare di amarsi o non amarsi fa ridere. Amarsi o voler bene a se stessi è ciò che vi dice la vostra mente ed ottiene in sé sempre lo stesso risultato: vi imprigiona.
E non importa se vi imprigiona appiattendovi sul dolore e sulla sofferenza, oppure innalzandovi all’indagine, se voi non scoprite che è pur sempre mente.
Perché mai il cammino spirituale dovrebbe essere punteggiato di sorrisi, di gioia, di vibranti sensazioni e di intensità gaudiosa?
O perché stabilire che il Divino è gioia e che ciò che è distante dal Divino è dolore?
L’umano attribuisce al Divino unicamente la gioia ed a sé prevalentemente il dolore proprio per esaltare le conquiste dell’io sul piano spirituale.
E che senso ha dire: “Sono felice perché mi amo”? Sarebbe meglio dire che non ha importanza, però per voi ha importanza, perché attraverso questo espediente la vostra mente introduce la ricerca di una approvazione.
Certo, l’uomo deve pur attraversare queste fasi, queste esperienze e questi limiti, però noi non siamo sospinti qui per concedere all’uomo di attraversare i propri limiti, ma per scrollarlo, per fargli guardare i limiti e possibilmente farli esplodere.
Quindi, non per lasciarveli coltivare o godere e neanche accettare – nel vostro senso – ma per farli esplodere, e per farli esplodere è necessario togliere, togliere e togliere, immiserendoli talmente dal renderli innocui.
A quel punto esplodono, e può riaffiorare qualcosa di profondamente diverso dal limite, che è il non-limite.
Ed allora la vostra mente si poserà sul non-limite, ancora mente, però si poserà sul non-limite.
E non direte più: “Io non mi amo”, ma sorriderete sulla pretesa di amarvi, sulla pretesa di voler essere amati o sulla pretesa di voler amare.
Ed allora amerete voi stessi e gli altri, ma non perché sentirete un afflato e non perché proverete gioia.
Magari soffrirete o sarete ancora tormentati, eppure dentro qualcosa vi porterà ad essere talmente non-voi, che non ci sarà più bisogno né di amare voi stessi e né di amare gli altri, perché, non essendo voi, già amate gli altri, e nemmeno vorrete amare voi stessi perché non conterà più niente.
Voi già pensate che tutto questo è molto lontano. Invece no, è già qui, dentro la pratica di guardarsi e sorridersi di fronte ad ogni dichiarazione della vostra mente, non buttando a lato ciò che dice la vostra mente, ma guardandolo in faccia, esaminandolo senza voltarsi dall’altra parte e non dicendovi che è solo mente, ma dicendovi quanto misera è la vostra mente!
Che importanza ha, figli cari, il volervi amare, se togliete la carica che la vostra mente attribuisce sempre a voi stessi?
Che importanza ha, figli cari, il dirsi di voler amare gli altri, se ancora una volta togliete la carica con cui voi rivestite i vostri sforzi per amare gli altri, consegnandovi semplicemente all’onda che vi porta a non essere voi, ma a essere Tutto?
Disinvestite rispetto alla vostra mente, con ciò stesso raffinandola, consci che quando la raffinate spostate in avanti il terreno di confronto con la vostra mente.
Disinnescate, ed allora che senso avrà, figli cari, chiedersi: mi amo o non mi amo?
Oppure domandarsi: mi piaccio o non mi piaccio? Nessun senso, poiché il senso deriva da quanto volete coltivarvi come corpo, come emozioni e come mente.
Chi va speditamente verso una meta, non deve volgersi indietro, ma chi non ha meta non pensa né a prima e né a dopo, né a piacersi e né a piacere, ma accetta soltanto che nulla conta se non sciogliere gli ultimi inganni della propria mente.
E per far questo è necessario dirsi che la mente non è altro che una concettualizzazione che consente di comprendere i limiti dell’uomo e farli esplodere, però rimane pur sempre un concetto, e non una realtà. La realtà per voi sono i limiti, però anche i limiti non sono, ed il farli esplodere significa semplicemente riconoscere che non sono.

Il testo in pdf per la stampa

Print Friendly, PDF & Email

2 commenti su “Amarsi o non amarsi”

  1. Non leggo spesso i testi di Soggetto, quindi apprezzo molto questi stralci sotto forma di post.
    Mi colpisce, ma anche no, quanto i messaggi cambino a seconda di dove/come ci si colloca nella lettura.
    E’ una regola generale, certo, ma qui mi sembra particolarmente evidente.
    Una lettura in cui prevalga l’aspetto mentale evidenzia un testo quasi banale.
    Una lettura dello stesso brano che coinvolga i diversi piani dell’essere porta molto lontano… o molto vicino.

    Rispondi

Lascia un commento