Uso il termine combattere con cognizione di causa, intendendo con esso la disposizione interiore che ci porta a non risparmiare energie per difendere la causa dell’altro.
Nella mia giovinezza mi sono formato al pensiero e all’azione politica: allora combattere per l’altro significava difenderne i diritti e le libertà.
Nel 1974, o nel ’75, non ricordo bene, ci fu uno degli ultimi tentativi da parte delle forze di destra, di una parte dei corpi militari e dei servizi deviati di organizzare un colpo di stato in Italia: allertati in quanto militanti politici fortemente esposti alla rappresaglia, dormimmo fuori casa pronti a raggiungere un punto di ritrovo che ci sarebbe stato comunicato a suo tempo. L’indomani mattina ci fu il cessato allarme.
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Il mito dell’accettazione incondizionata
Se due persone si accogliessero e accettassero reciprocamente in maniera incondizionata, tra esse non vi sarebbe relazione.
Questa condizione ha un senso se le due persone hanno terminato il compito delle loro incarnazioni e si apprestano ad abbandonare per sempre la ruota delle nascite e delle morti: fuori da questa situazione, quella condizione, nel divenire, è priva di senso.
Ciò che rende attivo e produttivo in termini evolutivi il divenire, è la tensione a congiungersi con l’Uno, dunque il perseguire un obbiettivo, una condizione esistenziale, dunque la non accettazione della personale condizione presente.
La domanda di senso e la cruna dell’ago del monaco
Fratelli nel cammino si interrogano sul senso e sul non senso del vivere, dei minuti atti del quotidiano, come dei processi.
1- La domanda sul senso è ontologica;
2- essa si palesa più chiaramente nell’interiore di una persona della via;
3- rappresenta la cruna dell’ago del monaco.
L’amore liberato dalla bontà
Per sua natura, l’amore gratuito non chiede, semplicemente accade.
Molte volte mi interrogo sull’amore che mi attraversa e mi conduce a compiere un gesto piuttosto che un altro: sempre la questione della gratuità è per me centrale, ma ho compreso che essa va declinata nel contesto della relazione e del gioco delle parti.
L’educatore, che sia un genitore o un insegnante, deve amare senza condizione? Certamente si; dunque deve dare senza limite? Certamente no.
La vita interiore del monaco dal bisogno al suo superamento
Se parlo a persone comuni, uso termini e concetti comuni. Se parlo a persone che dedicano la propria vita al processo di unificazione interiore, a dei monaci, uso concetti e parole coerenti con la radicalità di quella disposizione.
Non c’è umano che non abbia da affrontare del non compreso, dunque non c’è persona che non percorra la via del “conosci te stesso” in modo consapevole o inconsapevole.
Ad alcuni basta quella via e il loro cammino è all’interno del paradigma psicologico-esistenziale: ad altri non basta.
L’assenza di frattura interiore e l’esperienza unitaria
C’è una condizione interiore, prima che prenda forma l’esperienza dell’unità, in cui si configura chiaramente la consapevolezza che non c’è frattura: l’essere tuo non è diviso, non conosce la separazione e la frantumazione che si produce tra l’intenzione e il manifestato.
Questo è possibile perché non c’è desiderio, né bisogno, né ricerca di appagamento.
Da questo silenzio di sé germoglia l’esperienza unitaria.
Dunque non c’è frattura perché non c’è definizione di sé: come questa s’affaccia, ogni unità scompare.
Ancora sul rigore, sulla disciplina e sulla contemplazione
Proseguo il ragionare iniziato ieri con il post L’allenamento, la disciplina, il rigore nella via interiore matura.
Nel Sentiero la disciplina è da considerarsi più una conseguenza, un frutto maturo piuttosto che una condizione da cui partire, ma su questo è comunque necessario intendersi.
Un bambino formato nella pratica delle arti marziali, o di un’arte come la danza, è in grado di gestire alcune sue dinamiche interiori molto meglio di un suo pari che quell’esperienza non ha fatto.
L’allenamento, la disciplina, il rigore nella via interiore matura
Nella sua tesina sulla danza per l’esame di maturità che inizia proprio oggi, e che sappiamo supererà brillantemente, scrive una giovane amica in merito alla danza, al danzatore e all’essere-danzati:
“Il Balletto diventa veicolo di un’armonia assoluta e universale: scegliendo i suoi eletti li utilizza (direttamente, senza la mediazione di alcuno strumento) per trasmettere valori di bellezza.
Compito dell’uomo è quello di prepararsi ad essere veicolo tramite allenamento, disciplina e rigore. Quando il corpo è predisposto in armonia per danzare bene, non c’è più egoità, non esiste più il singolo che danza: è la danza che lo danza”.
Non essendo mai la vita contro di noi
Nel Sentiero è acquisito il concetto che la vita non ci è mai avversa: abbiamo capito il concetto, abbiamo anche compreso il principio? Non so.
È un’ottica così nuova, così rivoluzionaria del modo di intendere i fatti che ci accadono, che credo a noi serva molto tempo per interiorizzarla compiutamente.
Contemplare l’accadere come Ciò-che-è (La disposizione interiore unitaria 7)
7- Salire sul monte, contemplare l’accadere come Ciò-che-è
Il gesto del salire sul monte corrisponde ad un tirarsi fuori da un groviglio, dal rumore di sé, dall’eccesso di sé che, forse, oramai possono essere lasciati alle spalle: salendo il sentiero del sentire, lo sguardo della comprensione si amplia, il respiro del vivere è più pieno. Ciò che affollava la mente e lo sguardo, ora, passo dopo passo si allontana e possiamo risiedere in uno stato a noi più naturale.