Le basi della Via della conoscenza. Non sta all’uomo fare distinzioni, ma sta a lui indicare la strada in cui l’unica cosa che conta è superare ogni dualismo, ogni opposizione, ogni contrapposizione e allora tutto apparirà nella propria essenza che porta il segno del non attaccamento.
un monaco anziano
Non si può produrre più alcun male [Antai-ji18]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Riguardo allo zazen, davvero un minuto seduto, un minuto Buddha, per cui anche sedere un minuto, è cosa ottima. Non c’è assolutamente una misura da raggiungere altrimenti non ci siamo.
La casualità dell’amore [75A]
L’amore non è quello che voi identificate nel concetto di dono; l’amore è restare nell’azione, punto. Non in assenza di pensieri, però consapevoli che il dono è nel farsi dell’azione, incontrando e inglobando anche l’imprevedibilità dell’azione dell’altro.
Ciò che è/1: nell’accadere coglierai l’essere Coscienza [vdc1]
Le basi della Via della conoscenza. Se mai l’uomo arriva al punto in cui tutto accade, ciò non significa che egli se ne infischi di ciò che avviene attorno a lui e quindi non significa che se ne infischi delle sofferenze altrui, o dell’uomo che gli tende la mano; significa soltanto che il suo modo di guardare a tutto ciò diventa senza attaccamento.
Bisogna sedere tacendo perlomeno dieci anni [Antai-ji17]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Dello zazen si dice: “Un minuto seduto, un minuto Buddha”, ma capirlo come volesse dire che se siedi per un po’, sei un po’ Buddha è eccentrico. Un po’ Buddha non va bene. Non è così. Non è sbagliato dire “un minuto seduto, un minuto Buddha”: è la base per sviluppare l’intenzione di sedere tanto e bene.
L’incanto di tutto ciò che è inconsistente, effimero e impermanente
(Download per la stampa) “Che cosa mai può dirvi questo vento, che se ne sta andando, riguardo a Colui che non porta nome, a Colui che non è definibile, a Colui che non è marchiabile, a Colui che non è un Colui? Poiché nulla si può dire di quell’Essenza che sentite sgusciare via da tutte le parti, nel momento in cui la vostra mente pretende di arpionarlo.
Se un dono d’amore è casuale, che dono è? [74A]
Pensateci, non è proprio così che voi vedete l’amore! Però questo vi spiega perché il dono vi parla sempre di qualcosa che è andato storto rispetto al vostro desiderio di donare, perché risulta proprio differente dal vostro progetto; e quello che alla fine valutate non è l’amore progettato ma è quello realizzato.
Anche l’altro è me, qualsiasi cosa è me stesso [Antai-ji16]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Nel Tenzo kyōkun, lo scritto di Dōgen che tratta della funzione del cuoco in un monastero, si legge: “La persona confusa guarda se stesso come fosse un altro, la persona saggia considera l’altro come se stesso”.
L’inscindibilità dell’azione-dono con l’azione-reazione dell’altro [73A]
Il fatto di considerare l’azione dell’altro come parte integrante dell’azione da voi compiuta, a voi sembra una provocazione, anche se vi incuriosisce. Partendo dal fatto che nell’azione del dono c’è endemicamente presente l’azione dell’altro, allora – domanda – il dono è vostro, è suo, oppure è di entrambi?