Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Zazen deve operare concretamente nella nostra vita quotidiana: dobbiamo mettere in pratica il motto: “guadagno è illusione, perdita è risveglio”, attuare due pratiche (la pratica del voto e la pratica del pentimento) e perseguire tre atteggiamenti mentali (una mente lieta, amorevole, magnanima).
un monaco anziano
Gratuità è l’ordine profondo presente nella vita [64G]
Gratuità è l’ordine profondo presente nella vita, che niente esclude, niente afferma, niente nega, niente predilige, ma tutto abbraccia e tutto conduce dentro un’onda di impermanenza e di indistinzione, dove non ci sono contraddizioni, né proprie e né altrui, non ci sono disarmonie da ricondurre a un ordine e dove quindi non c’è un ‘io’ che si evolve.
In zazen: il fondo dell’Essere oltre il pensiero
Quando si scende nella profondità dello ‘stare’ in zazen, accade che sorge una consapevolezza simultanea di due stati: uno stato registra il sottile scorrere dei pensieri e l’altro la pienezza del risiedere nell’Essere, in Cio-che-È.
Il vero maestro non può essere una persona [Antai-ji6]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
Lo stesso vale per il “vero maestro”. È scritto: “Se non c’è un vero maestro non c’è modo di apprendere”*. Ma cos’è il vero maestro? Se uno pensa “Ecco, ci siamo, lui/lei è il vero maestro” senz’altro si sbaglia. Pensare “Questa persona è il mio vero maestro” non va oltre a prendere per buono un proprio pensiero.
I fatti e il sistema d’ordine [63G]
Sono fatti gli accadimenti, gli eventi naturali, le emozioni, i pensieri e i comportamenti propri e altrui, e c’è un’onda che li porta ad affiorare e a narrare semplicemente il loro esserci come vita, come realtà, e poi sparire, senza perché, senza legami, senza nulla da aggiungere. È l’onda dell’irriducibilità e dell’ordine profondo, che nessuno conosce ma che tutto governa.
L’incontro con il vuoto interiore [62G]
Sentendosi provocato dal contro-processo della via della Conoscenza, nell’uomo si alternano disagio e fascino e gli vengono sottolineati i rigidi parametri attraverso cui lui etichetta, classifica ed emette giudizi.
Zazen è il ‘Buddha Venerato’ [Antai-ji5]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
In giapponese si indica con il termine Honzon la statua di Buddha al centro dell’altare principale di un tempio, che simbolizza l’oggetto di venerazione. Rappresenta ciò che è davvero da venerare e per noi questo è sedere in zazen aprendo la mano dei pensieri. Aprire la mano del pensiero è il valore supremo, che chiamiamo honzon, Buddha Venerato.
I ‘no’ detti a prescindere [61G]
Quello che accomuna ogni sistema d’ordine è il fatto di stabilire frequenti ‘no’, pur riadattandosi quando i ‘no’ non sembrano più possibili. Però, quello che non avete previsto nel realizzarlo, è che la pratica dei frequenti ‘no’ presenta una contropartita: quando il ‘no’ si consolida all’interno di voi, non solo vi priva di un’esperienza da vivere, ma fin da subito la blocca mentalmente persino come ipotesi.
La realtà della vita deve essere il valore più prezioso [Antai-ji4]
Kōshō Uchiyama rōshi. Discorso d’addio ad Antai-ji.
La pratica del buddhadharma solo per il buddhadharma è la pratica di aprire la mano del pensiero. Anche il nostro vivere e morire, di solito lo pensiamo nella nostra mente. Così man mano che s’invecchia, cresce la paura della morte. Finché si è giovani il pensiero di dover morire non è impellente, ma invecchiando il momento della morte si avvicina davvero e molte persone, impaurite, si chiedono “e ora che faccio?”: questo avviene perché pensano alla morte nella propria testa.
Una riflessione sulla necessità di Essere/Divenire
Quando, negli anni ’90 del secolo scorso, ho lasciato la Stella del mattino e l’ambiente zen relativo, l’ho fatto per un motivo: trovavo quell’approccio non adeguato all’interiorità di un occidentale, sentivo che non rispondeva alla complessità dell’approccio esistenziale che prevale qui, a occidente.