Da un amico ricevo: “Dopo l’incontro di ieri col gruppo di Mariano “La resa” sono tornato alla mia realtà, al “lunedì in officina”, che per me oltre che metaforico è anche concreto. Ieri col gruppo si è creata una coesione, oso dire un sentire comune, che mi ha pervaso e sono convinto che tutti lo hanno percepito, ma già oggi la vita mi percuote con i suoi stimoli e le sue scene da vivere.
Conoscenza di sé
Il fondamento di ogni passo: tutto ci svela, ci narra di noi e ci chiede una resa.
Nessuna vita è incompleta
Da un amico ricevo: “E quando ti rendi conto che la tua vita è permeata di una parsimonia esistenziale? Se per via di una incertezza sclerotizzata non riesci ad essere chi potresti/dovresti essere? C’è errore nel non realizzare il proprio dharma? O la mente costruisce quest’esistenza per far questa esperienza di potenzialità arrugginita e reagire nelle prossime vite?
Possiamo stabilire, innanzitutto, due principi:
-nessuna vita è immobile o incompleta, ma porta comunque a compimento quello che è lo scopo dell’incarnazione;
-vivere è manifestare un sentire di coscienza ed acquisirne nuovi gradi.
Quando smetto di protestare
La mia mente precipitosa mi fa credere che quello che accade oggi avrà certe conseguenze domani, e quali conseguenze! Con una velocità sorprendente, tale da sfuggire alla mia attenzione, si avventura in una serie di concatenazioni catastrofiche fino ad arrivare a farmi pensare che “domani” potrei organizzarmi per chiedere l’elemosina, tutto per un guasto ipotetico al motore. Ma dove vai? Aspetta, non correre alle conclusioni, aspetta, “ogni giorno ha la sua pena“, aspetta.
Non dal santo, ma dall’assassino
E’ possibile guardare alla realtà della vita a partire dall’ottica non del santo, ma dell’assassino? E cosa significa questa espressione? Chi è il santo, e chi l’assassino?
Evidentemente, questo sguardo è una provocazione. Il santo parla di ciò che è giunto, o giunge a compimento; l’assassino di ciò che arranca, della difficoltà, del limite, anche grande.
Preoccupazioni
Un’ amica scrive: “E” un periodo per me (apparentemente) pieno di preoccupazioni e allora mi si presenta una frase proposta da Vasco:
“Quando sono sopraffatto dalle preoccupazioni, ripenso a un uomo che, sul suo letto di morte, disse che tutta la sua vita era stata piena di preoccupazioni, la maggior parte delle quali per cose che mai accaddero (Winston Churchill).
Chi sono io?
Veronica ci manda questa metafora che ci serve da stimolo per precisare qualcosa:
Chi sono io?
Chiese un giorno un giovane a un aziano. Sei quello che pensi, rispose l’anziano, te lo spiego con una piccola storia:
Un giorno, dalle mura di una città, verso il tramonto si videro sulla linea dell’orizzonte due persone che si abbracciavano.
“Sono una papà e una mamma” pensò una bambina innocente.
La debolezza è la mia forza
Non ciò che conosco ma ciò che mi rimane difficile, ciò su cui cado, ciò che non so discernere.
Dalla mia ignoranza sorge la direzione della mia vita. L’ignoranza mi conduce a cercare, a indagare senza fine; mi impedisce di fermarmi e mi accompagna di errore in errore, di limite in limite, di parzialità in parzialità, di stoltezza in stoltezza, di fatica in fatica.
Movimento Autentico a Pisa, con Federica Pinna
Un percorso dentro l’essere corpo, sensazione ed emozione, presente che accade.
Un esserci senza condizione e senza resistenza;
un accadere nella più completa gratuità.
Una meditazione in movimento, la contemplazione di ogni aspetto dell’accadere. A Pisa dal 13 novembre (vedi il programma)
L’importanza di non sottrarsi al dolore
Luca: ma il dolore è necessariamente male da cui rifuggire? C’è un vero distinguo tra bene e male? Brutto e bello? Santo e maledetto? L’esistenza non si esprime in tutti i suoi aspetti di vita e di morte?
Temi complessi. Premessa:
il dolore deriva dal conflitto e dall’attrito tra identità e coscienza. Viene generato, di solito, dall’incontro con l’altro da sé; il conflitto conduce incontro a sé, alle proprie dinamiche e a quelle dell’altro.
Le scelte che fanno soffrire chi ci sta a fianco
Quando siamo consapevoli che una nostra scelta produce sofferenza in chi ci sta a fianco, dobbiamo perseverare o rinunciare. Abbiamo una possibilità di scelta? E’ giusto sacrificarsi? La nota su Facebook.