Il disorientamento e l’apatia che sorgono dalla disidentificazione

Da Luciana ricevo: “Credo sia un periodo di reset, come quando dal troppo pieno si esonda e si fa il vuoto. E’ con fatica che cerco di mettere insieme le parole affinchè si comprenda ciò che forse è confuso anche per me. Sono apparentemente tranquilla, nel senso che ciò che accade non mi turba più di tanto, ma questo stato di apparente apatia non mi è familiare. Sono sempre stata una persona accomodante e adattabile, ma quello che vivo ora è uno stato diverso, è come se quello che succede non mi toccasse, come se ci fosse una distanza tra me e ciò che accade. Forse il mio corpo emozionale non si fa più sentire come un tempo, e anche la mente non va in cerca di spiegazioni in modo spasmodico.”
Quella disposizione interiore, che per altri rappresenta un problema, per noi è indicatrice del procedere lungo la via.

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Ancora sull’origine del dolore

Manish, nel suo post di ieri, sostanzialmente afferma che il dolore si può gestire attraverso la disconnessione, appoggiando l’attenzione e la consapevolezza sul presente. Si, senza dubbio, ma questa è la gestione del dolore, non la via al superamento del dolore.
Anna dice:  “C’è chi, come il Cerchio Firenze 77, afferma che il dolore ce lo siamo cercati: quale è la tua posizione in merito?”

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La gestione del dolore

Elena L. scrive: “Stare nel dolore aiuta a elaborarlo, ad andare verso l’essere liberi o stare nel dolore è tempo malato in pasto al nostro ego, ti aggancia e ti tira semplicemente giù per rafforzare un personaggino sofferente?”
C’è una fase in cui non scegliamo di stare nel dolore o non starci, semplicemente il dolore c’è.

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La perdita di senso nella via spirituale

Diverse amiche di questo sentiero dichiarano di vivere un periodo di svuotamento interiore: una perdita di interesse per ogni aspetto della loro esistenza.
Un percorso esistenziale e spirituale che dura nel tempo e che conduce ad una osservazione continua e profonda di sé, che ci toglie dal ruolo di vittime e ci impedisce di puntare il dito sull’altro, colpevole sempre di tutti i nostri mali, svela le fasi della vita, il ritmo di fondo dei nostri giorni e del nostro cammino esistenziale.

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Non c’è possibilità di fuga da sé

Da un amico ricevo: “Dopo l’incontro di ieri col gruppo di Mariano “La resa” sono tornato alla mia realtà, al “lunedì in officina”, che per me oltre che metaforico è anche concreto. Ieri col gruppo si è creata una coesione, oso dire un sentire comune, che mi ha pervaso e sono convinto che tutti lo hanno percepito, ma già oggi la vita mi percuote con i suoi stimoli e le sue scene da vivere. 

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Nessuna vita è incompleta

Da un amico ricevo: “E quando ti rendi conto che la tua vita è permeata di una parsimonia esistenziale? Se per via di una incertezza sclerotizzata non riesci ad essere chi potresti/dovresti essere? C’è errore nel non realizzare il proprio dharma? O la mente costruisce quest’esistenza per far questa esperienza di potenzialità arrugginita e reagire nelle prossime vite?
Possiamo stabilire, innanzitutto, due principi:
-nessuna vita è immobile o incompleta, ma porta comunque a compimento quello che è lo scopo dell’incarnazione;
-vivere è manifestare un sentire di coscienza ed acquisirne nuovi gradi.

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Quando smetto di protestare

La mia mente precipitosa mi fa credere che quello che accade oggi avrà certe conseguenze domani, e quali conseguenze! Con una velocità sorprendente, tale da sfuggire alla mia attenzione, si avventura in una serie di concatenazioni catastrofiche fino ad arrivare a farmi pensare che “domani” potrei organizzarmi per chiedere l’elemosina, tutto per un guasto ipotetico al motore. Ma dove vai? Aspetta, non correre alle conclusioni, aspetta, “ogni giorno ha la sua pena“, aspetta.

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Non dal santo, ma dall’assassino

E’ possibile guardare alla realtà della vita a partire dall’ottica non del santo, ma dell’assassino? E cosa significa questa espressione? Chi è il santo, e chi l’assassino?
Evidentemente, questo sguardo è una provocazione. Il santo parla di ciò che è giunto, o giunge a compimento; l’assassino di ciò che arranca, della difficoltà, del limite, anche grande.

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