Ozh-en stava tranquillo sul suo capitello decorato a fiori di loto, aspettando che entrasse uno dei tanti visitatori che, nel corso della giornata, delle giornate, dei mesi e degli anni, venivano a parlare con lui per porgli delle domande, in quanto la sua fama oramai si era così a lungo sparsa che da tutti i punti cardinali arrivavano degli individui a porgli dei quesiti.
La persona sulla porta ebbe un momento di esitazione e poi si fece avanti. “Mio Signore”, – disse – “mi hanno detto che tu sei molto saggio e sapiente, che è la stessa Parvati che ti mette in bocca la sua Realtà e la sua Verità, e allora ti prego, mio Signore, io tanto ho vissuto, tanto ho girato per il mondo, tante cose ho visto, tante cose ho imparato, tante altre cose ho imparato a non conoscere, e adesso mi piacerebbe tanto, mio Signore, che tu potessi dirmi infine la tua ultima verità. Ozh-en incominciò ad arricciare il naso, a stringere gli occhi, a storcere la bocca, a gonfiare le gote e persino a muovere le orecchie; assumendo, in tal modo, arie sempre più strane e, in qualche modo, anche spaventose; al punto tale che l’interlocutore, quasi atterrito, si alzò precipitosamente e si allontanò dalla grotta.
Di fianco a Ohz-en, una giovane ragazza che lo osservava gli si rivolse interrogativamente: “Mio saggio Signore, possibile mai che l’ultima verità sia così spaventosa da farti assumere quelle espressioni terribili!?”. “Ah, mia cara” – rispose Ohz-en con un sospiro di sollievo – non hai idea di come sia stato difficile per me sentirmi prudere il naso e non potere farci niente!”
Tratto dal volume 7 de: “l’Uno e i molti”, pag. 88, Cerchio Ifior