Sperimentare il non compreso alla luce del compreso

Chi ci guida, chi è il nostro riferimento quando ci inoltriamo nel vasto mare del non compreso?
Il compreso che è in noi, ovvero il sentire di coscienza acquisito attraverso l’esperienza di innumerevoli esistenze, e l’azione dei corpi superiori e della vibrazione prima che orientano la coscienza là dove essa non ha dati e navigherebbe altrimenti al buio.
Il compreso di chi ci sta a fianco, ci accompagna; di chi ci incontra e dice quella parola, offre quella testimonianza che avvertiamo come un segno per noi.

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La pratica della presenza al Reale che viene e che è

Proseguiamo l’argomentare iniziato con Le fondamenta della vita interiore e di quella spirituale.
La pratica della presenza al Reale che viene e che è costituisce la radice della vita spirituale: il cammino di conoscenza, consapevolezza e comprensione matura in una pratica che si dispiega nell’insieme del vissuto quotidiano ed esistenziale.
L’esperienza della presenza al Reale è il frutto dell’attitudine meditativa che prende la forma:
– dell’ascolto;
– dell’osservazione;

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Il sale della terra è la conoscenza di sé

Matteo 5,13: Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. (Traduzione Nuova riveduta)

“Siete il sale della terra”, per come le cose si sono messe alla fine del cammino terreno del Maestro e nel corso di questo, quando l’ottusità dei discepoli si mostrava nella sua evidenza, non sembra che il sale fosse di grande qualità.
Perché allora questa espressione?
È naturale tutte le volte che si incontra qualcuno che rivolge lo sguardo all’interiore, alla conoscenza di sé: non è la qualità della persona il sale, ma il volgere lo sguardo,

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Abbiamo bisogno di tempo per comprendere

I giorni altro non sono che il calendario delle possibilità di comprendere: non un’ora, non un giorno che non portino una possibilità di profondità, di discesa nel ventre del vivere e dell’accadere.
Comprendere è il frutto della discesa nelle viscere di ciò che viene.
Il comprendere inizia con lo sperimentare attraverso i sensi; prosegue con il capire cognitivamente ciò che la situazione porta; si veste, quando si è pronti, di consapevolezza e di presenza; mette in evidenza il limite del non compreso ed infine, nel tempo ed attraverso ripetuti tentativi, struttura una tessera di sentire, una comprensione che va ad assommarsi a tutte le comprensioni già acquisite e amplia il grado di sentire complessivo.

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Leonard Cohen, Fabrizio De André, il sentire

Leonard Cohen se ne è andato e un’altra voce, di quelle che attraversano l’anima, non c’è più.
Dori Ghezzi lo ricorda sull’Huffington Post.
Dice Dori: Le linee parallele percorse dai grandi poeti a volte si incontrano. Forse perché Leonard Cohen, come Fabrizio De André, era nato nel futuro, fuori dal suo tempo biologico. A rendere “speciali” le canzoni di Cohen c’è forse solo lo stesso elemento imponderabile, la capacità di dare emozioni, di trasmettere idee e sentimenti che ti appartengono ma non sapevi di avere. Non basta essere bravi. A rendere “speciale” Cohen era anche quella pignoleria maniacale in concerto che “affliggeva” del pari De André e che poi significa solo uno smisurato rispetto per il tuo pubblico.

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Ricevere senza dare

Passeggiando con Mia, osservavo i campi seminati di fresco: grandi estensioni di terra con rade siepi; le colline sembrano schiene nude.
In termini di prodotto, non di guadagno, certo, un agricoltore riceve molto dal terreno che coltiva: da parte sua, cosa dà a quel terreno?
Un po’ di azoto, fosforo e potassio di origine chimica e niente sostanza organica; l’acqua viene dal cielo.
Possiamo dire che l’agricoltore non tratta bene la sua terra, sebbene questa la ricambi generosamente: non la nutre con dedizione, come si nutre un essere vivente, la nutre per ricavarne un profitto e quindi non si preoccupa di alimentare la terra, ma il seme, l’unica cosa che a lui interessa.

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La consapevolezza, e il prezzo, delle responsabilità personali

“La responsabilità di quello che facciamo è sempre nostra in tutti i casi e dobbiamo sempre tener presente che quanto facciamo ha sempre delle ricadute sugli altri, cosicché queste ricadute diventano, sì, anche un problema dell’altro che reagisce alle nostre azioni e quindi ha a sua volta delle responsabilità sulle scelte che metterà in atto per reagire, però la responsabilità dell’innesco della situazione resta comunque la nostra”. Dal Dizionario del Cerchio Ifior.
Parlavo, nel post di ieri, del tumore sociale che emerge come simbolo quando certi personaggi sono chiamati dalla collettività che li elegge a immense responsabilità.

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Limiti, fretta di cambiare, perseveranza

Padre mio,
nell’osservare il modo di condurre la mia vita mi rendo conto che ci sono molti aspetti del mio essere vivo all’interno del piano fisico che dovrebbero essere modificati.
Arrivato a questo punto della mia evoluzione conosco quali sono i punti principali su cui dovrei operare per trovare un maggiore accordo con ciò che la mia coscienza mi suggerisce, osservando il mio modo di essere in cerchi sempre più ampi.
Io dovrei essere un compagno, un genitore, un figlio, un amico migliore.

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