Non per me

Un certo sentire si è consolidato nel tempo: quando pian piano compariva mi sembrava che tutta la realtà si trasformasse; oggi, dopo un lungo periodo di assestamento, mi sembra che si sia stabilizzato e tutto il circo delle novità è scomparso.
Oggi c’è la realtà senza aggiunte e senza condizionamento rilevante; semplicemente accade la vita e a me non interessa quello che provo, né quello che mi attraversa, né quello che mi accade: non ho interesse particolare per me.
Osservo che lo scopo più evidente di questa esistenza che sto vivendo – non l’unico, immagino – è di mettere a disposizione ciò che si esprime attraverso il mio limite, senza pretesa che sia importante.
Osservo che il rilevante non è il provare, l’esperire, il vivere una libertà: il rilevante mi sembra che sia il gesto del metterlo a disposizione, gesto che non compio io ma, direi, compie la vita.

Ti posso essere utile?

Tutta l’esperienza interiore,
tutta la meraviglia e la pienezza
e il senso e la pregnanza,
non hanno alcuna rilevanza.
Il rilevante è:
ti posso essere utile?

Dove risiede il mio essere?

Vengono persone ed ogni incontro, ogni giorno, è una meraviglia.
Ogni persona articola in modo differente la domanda ma,
nella sostanza, tutti chiedono la stessa cosa: dove risiede il mio essere?

Piccole rappresentazioni

Ieri sera sono andato alla spiaggia di sassi alla foce del fiume. Dopo le piogge di questi giorni il mare era grosso e l’acqua torbida. Guardavo questa distesa immensa e in perenne, potente, movimento e si è manifestata con chiarezza la consapevolezza della nostra, umana, irrilevanza: piccoli esseri, pieni di pretese, niente di fronte alla natura, alla vita che in un attimo ti spazza via. Piccole rappresentazioni alla pari di tutte le rappresentazioni, niente di speciale..

Non sai

Quale ritmo
modula
il tuo respiro?
Non sai
del respiro
che viene.

Da soli

Un tempo dedicavo
ogni momento libero alla lettura.
Adesso guardo i libri
coperti di polvere
e solo raramente compio
il gesto di aprirne uno.
Non cerco più contenuti,
né stimoli, né conferme.
Mi sembra di comprendere che,
ad un certo punto, si va
completamente da soli,
senza appigli.

La centralità dell’altro da noi

Nel momento in cui ci chiediamo: “Che cosa avrà spinto l’altro a quella azione, a quelle parole?” compiamo il gesto preciso del mettere al centro l’altro , il suo punto di vista, la sua motivazione interiore.
Quel gesto comporta un nostro divenire secondari: primario è l’altro e l’interrogazione sull’altro.
Questo gesto non è possibile fino a quando noi siamo impregnati della nostra visione e ci collochiamo al centro della scena; può avvenire soltanto quando dentro di noi si è sviluppata la consapevolezza della nostra non centralità sostenuta da un adeguato sentire di coscienza.
Prima di quel sentire l’ascolto e l’interrogazione sulle ragioni dell’altro è una pratica con cui ci misuriamo costantemente e ogni scena ci racconta della necessità di decentrarci da noi e di aprirci all’altro..

Sfumature di sentire

Un continuo essere braccati.
Non appena qualcosa è consolidato
ti viene sottratto:
qualcosa prende forma,
diventa chiaro,
viene assorbito e strutturato
e poi scompare dalla scena.
La nuova scena contiene in sé,
manifesta, tutta la comprensione
raggiunta ma, quando si presenta,
è come se tu dovessi ricominciare
e il consolidato, il compreso, non bastano;
altro ancora ti viene chiesto,
più sottile, più impalpabile,
sfumature impercettibili.
Che cosa chiede la vita ora?
Non lo sai, ma quello che sei stato
non conta più, adesso c’è una nuova sfumatura,
un nuovo particolare,
ancora altro da perdere,
ancora altro che viene sottratto.
Non conosci la direzione ma sai
che toglierà ancora, incurante.