Quel bambino, quella interpretazione di noi stessi che chiamiamo bambino, e che oggi osserviamo come un dato di realtà, sappiamo che domani sarà diverso, come oggi è diverso da ieri.
Per quanto io rimanga legato ai miei paradigmi questi mutano, per quanto io resista, la vita non si cura della mia resistenza.
La vita accade e quando io non interpreto più il suo accadere alla luce di un qualche paradigma, quando non interpreto più me come altro da essa, nemmeno come osservatore, scompare non solo il bambino ma, inesorabilmente, scompaio anche io, essendo io niente altro che una interpretazione della realtà.
Consapevolezza
Lo sguardo lucido e presente sul reale che accade attimo dopo attimo.
Evolvere non è divenire
.. Il mondo che voi osservate è un mondo che sembra in continuo divenire, ma la verità è che voi avete la visione dinamica di un mondo statico.
La realtà non è “una” che diviene, ma “una” costituita da molte che “sono”.
Il selvaggio non diviene santo, ma l’uno e l’altro fanno parte di un “essere” che ha molteplici fasi di esistenza.
Evolvere, quindi, non significa “divenire”, ma è il manifestarsi in successione di differenti “sentire” corrispondenti a tanti stati d’essere.
Dal sito del Cerchio Firenze 77
http://www.cerchiofirenze77.org/
Un gesto
Ho visto uomini che chiamavano e cercavano Dio;
ognuno di essi lo chiamava con un nome diverso…
e li ho sentiti fratelli.
Ho visto tanti uomini che aiutavano gli altri uomini
nel nome di un ideale…
e li ho sentiti fratelli.
Ho visto uomini che aiutavano altri uomini
nel nome della liberà,
e anche questi li ho sentiti miei fratelli.
Ho sentito, poi,
un uomo che non aveva nomi per Dio,
un uomo che diceva di non credere alla Sua esistenza,
un uomo che si teneva lontano da qualunque religione,
un uomo che, parlando con gli altri uomini delle sue idee,
si definiva ateo convinto.
L’ho visto asciugare la lacrima
di un bimbo che piangeva…
e ho sentito me stesso.
Moti, Cerchio Ifior
Dal volume “Misticismo quotidiano”
Il problema dell’individuo
Il problema dell’individuo
non è quello di divenire, ma quello di essere.
Non è quello di conoscere, ma quello di comprendere.
Non è quello di sapere, ma quello di sperimentare.
Nell’individuo la volontà è la base della potenza.
La comprensione quella dell’amore.
La consapevolezza quella della saggezza.
Dal sito del Cerchio firenze 77
http://www.cerchiofirenze77.org/
Quotidiano
Piove da giorni,
la terra è satura d’acqua.
A stare qui hai imparato
a curare i fossi, a liberare i ponti;
è diverso questo dal lavoro
che fai con le persone?
Ora c’è la stufa da caricare,
ora una persona,
ora un fosso da aprire.
Qualcuno di questi gesti,
di questi incontri,
è più importante di un altro?
Sono aspetti della vita
e non credo che la vita faccia graduatorie.
Ogni cosa nasce e muore,
mentre quella cosa accade
la fai al meglio delle tue possibilità.
Può essere scavare un fosso con una pala,
o esporre una questione filosofica.
Quando quel gesto è compiuto, finisce,
non esiste più.
Non hai memoria.
Le parole, i gesti passano
e non lasciano traccia.
Quel gesto, quella parola, fotogrammi.
Non rimane niente.
Non esiste alcuna vita.
L’interpretazione di sé e dell’altro
“Ecco perchè vi diciamo che l’unica interpretazione possibile, alla fin fine, è quella che ognuno fa di se stesso; ed ecco anche perchè vi diciamo così spesso che è difficile poter veramente comprendere gli altri; perchè ogni volta che vi mettete a cercare di comprendere gli altri comprendete qualche aspetto che vi ha colpito, quindi che a voi interessa, ma non comprendete l’altro nella sua totalità; comprendete soltanto quelle che sono le vostre spinte nell’interpretare un certo aspetto dell’altro.”
Tratto da “Sfumature di sentire”, pag.170, Cerchio Ifior
Il tempo nella vita dell’eremo
Giorno dopo giorno mi rendo conto che
i nostri ritmi, i nostri gesti, le nostre reazioni,
diventano sempre più lenti.
Il gesto si dilata e prende forma
in una condizione temporale
sempre meno definita:
lo spazio e il tempo
acquisiscono un altro spessore,
un altro senso, un’altra pregnanza.
Il tempo lento appare ed è metafora
del tempo immobile:
più è lento, più è significante
e pregno; raggiunge
il suo apice di senso quando è immobile.
E’ lì, accanto a noi
Impariamo da quelli più vicini
con cui condividiamo la casa, il lavoro.
Loro, nell’esserci a fianco
instancabilmente ci inducono
a vederci e ad andare oltre
ciò che siamo.
Ci inducono a quel gesto,
a quell’attenzione,
a superare quel giudizio,
alla pazienza,
all’esprimere ciò che siamo
o crediamo di essere.
Ci insegnano l’immanenza
e la trascendenza.
Ciò di cui abbiamo bisogno
è proprio lì, accanto a noi.
La consapevolezza dell’Uno
L’esperienza dell’unita’
prende corpo non nella consapevolezza di sé,
ma dell’altro da sé.
Quando l’attenzione si posa sull’altro
senza condizionamento,
ciò che sorge da quella osservazione
è il canto dell’Uno.
L’apparire molteplice,
il miracolo del differenziato,
esprime in sé il mistero dell’Uno.
L’Uno è un’esperienza
non esite concetto che possa descriverlo.
La vita dell’Uno è muta, è immobile,
si mostra come parola
e come creazione
che lo esprimono
ma non lo contengono.
L’Uno contiene ogni cosa,
lo stare che contiene tutto il movimento,
il silenzio che contiene tutta la parola.
Ti è possibile cogliere quell’essere che,
per un gioco percettivo,
appare come divenire:
se posi lo sguardo oltre
la percezione di movimento
provocata dallo scorrere della consapevolezza
davanti ai fotogrammi,
se guardi nella profondità del fotogramma,
quel mistero ti si dischiude.
Di chi è quella consapevolezza che scorre?
Forse puoi osare dire
che l’Uno osserva l’Uno,
è il suo gesto di consapevolezza.
Religiosità
I tempi sono maturi perchè il concetto di religione che fino a qua è stato portato avanti venga superato e si vada oltre alla religione così come attualmente è intesa.
Voi potete dire: “Ma, forse, il concetto di religione è diverso da paese a paese, da epoca a epoca”. Certamente, senza dubbio la manifestazione, l’esteriorità, la ritualità presente nelle varie religioni cambia, sia nel tempo che nello spazio, eppure quello che è diventato l’elemento portante di ogni religione è un elemento che accomuna tutte le religioni che esistono; questo elemento è la concezione che per poter comunicare con Dio sia necessario un tramite.(…)
E’ ovvio che il concetto di tramite dovrà sparire, in quanto ogni uomo arriverà a comprendere che, in realtà, può arrivare a Dio semplicemente passando attraverso se stesso.
In quel momento nessuna forma religiosa esteriore avrà più molto senso; ognuno sentirà non più una religione ma una religiosità personale che lo porterà a intrecciare il suo rapporto con Dio in una maniera più intima, diversa e più diretta.
Tratto da “Sfumature di sentire” vol.1, Cerchio Ifior, pag.164