Questi giorni pervasi
di quella intelligenza della realtà.
Alla fine ogni cellula è permeata
di quella apertura.
Troppo vasta.
Consapevolezza
Lo sguardo lucido e presente sul reale che accade attimo dopo attimo.
Ogni giorno
Ogni giorno un tentativo.
Ti sembra che si ripeta sempre la stessa scena, ma non è vero.
La scena è simile ma ogni volta acquisisci nuovi dati.
Una lunga raccolta di dati:
un mosaico di piccole comprensioni.
Poi, un giono, quella scena non compare più.
Ogni piccola comprensione si è intessuta ad un’altra
ed hanno dato luogo ad un tessuto che, per quell’aspetto,
sul quel fronte di te, è compiuto.
Non ha molta importanza
che un altro fronte si apra
con un nuovo tessuto da tessere,
nuova trama, nuovo ordito.
Non ha molta importanza,
è il lavoro di ogni giorno.
All’imbrunire
All’imbrunire, mentre camminavo
uno degli ultimi pipistrelli
della stagione
mi volteggiava attorno.
Basterebbe ascoltare
Ciechi come talpe
pensiamo che oltre
emozione e pensiero
non ci sia vita.
Ottusi come pietre
da millenni discutiamo
di vuoto, nulla, assenza.
Basterebbe ascoltare.
Non avere paura
La possibilita’
di guardare in un volto
in una vita
e non avere paura.
Un accadere sacro
Infinite processioni di formiche
in movimento, senza sosta,
in tutte le direzioni.
Se ti alzi in piedi e osservi,
non puoi comprenderne il disegno
ma ti coglie un profondo rispetto.
Il senso di un accadere sacro.
Aspetti dell’umano.
ll perdersi.
L’arrancare.
Lunghi passi faticosi.
Il film della vita scorre lento,
tu cammini e osservi muto.
Nessuno è abbandonato
I nostri figli,
le persone con cui stiamo,
tutti coloro che abbiamo attorno
sono in cammino.
La vita di ciascuno è, da un lato,
esplicitazione di questo cammino, dall’altro,
successione di fotogrammi di un Eterno Presente.
In questa luce,
che cosa diventano la nostra ansia,
la nostra preoccupazione,
il nostro darci da fare?
Manifestazioni del nostro cammino.
Possiamo agitarci o stare fermi
comunque le persone che abbiamo a fianco
andranno per la loro strada, la troveranno.
Siamo lì, piccoli esseri
nelle mani della vita:
se vuole ci utilizza,
altrimenti usa altri
per realizzare i suoi scopi.
Ma nessuno è abbandonato
e se non ci siamo noi,
dio mio, come farà?
Noi siamo interpellati
e provocati dal bisogno dell’altro,
siamo chiamati a vederlo
e riconoscerlo, ma da questo
a pensare di essere determinanti..
Determinante è la Vita
che tiene ciascuno nel palmo della propria mano.
Flettersi
Sento il rumore dei passi,
quelli compiuti, quelli da compiere
lungo questo sentiero infinito
dell’imparare a flettersi, ad inchinarsi:
osservando, tacendo,
sprofondando in un silenzio
che è un abisso
di non significanza di sé.
Aiutami a piegarmi.
Pensiero oggettivo e soggettivo
Ozh-en, il filosofo, seduto nel suo giardino, guardava in alto, verso una finestra al quinto piano, dove un gatto dalle origini incerte, accanto a un magnifico vaso di papaveri multicolori, cercava di afferrare con la zampa le corolle dei fiori che si muovevano dolcemente sotto la brezza di un alito di vento primaverile, e intanto meditava, con un certo compiacimento interiore, sulla Verità e sulla Realtà.
Con un guizzo di entusiasmo il gatto diede un colpo più deciso al vaso che, dopo aver traballato un attimo, cadde dal davanzale.
Ozh-en lo vide precipitare verso di lui osservando l’avvenimento secondo le cose che sapeva.
“In realtà il movimento non esiste, è solo un’illusione: nell’Assoluto, di cui io stesso faccio parte, tutto è immobile, e non può essere altrimenti” disse a se stesso.
“Io stesso sono un’illusione e il vaso che precipita è semplicemente la mia percezione continua di fotogrammi della Realtà in cui il vaso è posizionato sempre più vicino a me ma, in ogni fotogramma, il vaso è fermo… Come un cartone animato – meditò, un po’ fiero con se stesso per l’originalità dell’esempio – dove una serie di disegni leggermente diversi uno dall’altro, fatti scorrere in sequenza, danno la sensazione del movimento!”
La sua fierezza si spense nel dolore quando il vaso lo colpì, fortunatamente solo di striscio, cosicchè ebbe il tempo, successivamente, per porsi la domanda su quando fosse utile pensare oggettivamente e quando soggettivamente.
Dal volume X de “l’Uno e i molti”, Cerchio Ifior, pag.136