L’insignificante

Incapaci di vedere l’evidente
cerchiamo lo straordinario.
Allora siamo attenti ai fenomeni
e vogliamo gli assoluti:
la pace, la felicità, l’armonia.
Ci colpiscono quegli uomini
che dicono di vivere in sé
quegli assoluti.
Non avendo idea di che cosa sia la pace,
pensiamo che assomigli ad un mare immobile:
ai nostri occhi la pace è un fenomeno,
non uno sguardo.
Ma non è un problema di assoluti, né di fenomeni,
solo di un restringersi progressivo,
fino a scomparire,
di qualsiasi interesse per sé.
Da quello scomparire
nasce un mondo molto vasto
ma che, difficilmente, ti porta
a fare uso di quei termini
che configurano degli assoluti.
Il vasto ama il piccolo e trascurabile:
l’insignificante.

I tuoi occhi

Nella consapevolezza
della vastità del tuo limite,
la possibilità di trattare
l’altro ed ogni cosa
attorno a te
come fossero i tuoi occhi.

Il cammino dell’uomo

Riportiamo di seguito un testo che ben descrive il cammino dell’uomo; è di epoca egizia, probabilmente opera di un sacerdote (tratto da L’uno e i molti, Cerchio Ifior, volume 8, pag. 171)

Padre mio,
ho cavalcato mille cavalli imbizzarriti
e da essi ho trovato in me le parole e i suoni
che li rendevano docili
e capaci di seguire i miei desideri,
conducendomi lungo le strade paurose
della mia interiorità.

Ho incontrato sul mio cammino
orde di lupi ringhianti
dai denti snudati come barriere
poste sulla mia strada per fermare
il mio avanzare verso di Te
ma ho saputo tranquillizzarli
con la luce della mia serenità,
con la forza di un mio sorriso.

Mi sono imbattuto in tempeste
che facevano rivoltare i mari
portando in alto quello che era in basso
e riccacciando negli abissi più profondi
quello che era in superfice,
rimanendo a galla
sopra il pelo delle acque turbolente
solo grazie alla mia convinzione
che io, qualunque cosa potesse accadere,
non sarei mai morto veramente.

Ho sfidato il fuoco più ardente,
il lampo più abbagliante,
la grandine più tambureggiante
riparandomi sotto la volonta’
di giungere indenne nel porto della mia anima.

Ho attraversato momenti
in cui il mio corpo mi è sembrato
un peso inutile e ingombrante
di cui avrei voluto poter fare a meno.
Ho percorso ore interminabili
in cui paura, rancori, terrori
cercavano di ridurmi come un fuscello
in balia del vento
pronto a spezzarmi frammento dopo frammento.

Ho vissuto periodi
in cui i miei pensieri
sembravano essere pensati
soltanto allo scopo di ferire me stesso
o, peggio ancora, di ferire gli altri.

Eppure, sempre, qualcosa dentro di me
è riuscito a modificare ciò che atteraversavo
aggrappandosi al piacere di un vento primaverile
o alla risata senza imbarazzo di un bambino
o all’incontro con una nuova,
inaspettata, meravigliosa idea.

E infine, padre mio,
ti ho scorto
e tutto ciò che ho vissuto
mi è apparso nella sua grandezza,
facendomi riconoscere
che di tutto ciò avevo bisogno
per arrivare ad essere una parte cosciente
di Te.

Il silenzio

Che cosa ti risponderò
quando mi chiederai
che cosa è il silenzio?
Posso dirti: “E’ il fondamento
di tutta la realtà”, ma capiresti?
Allora, forse, posso dire che è
assenza di condizionamento:
ma chi condiziona che cosa?
Un’immagine:
cammini lungo la spiaggia e la sabbia
bagnata ti sostiene,
procedi sicuro poi, ad un tratto,
i piedi affondano,
la sabbia non è più solida e fidata,
non ti sostiene,
il procedere diventa faticoso,
instabile..

Uno stare raccolto

La terra aspettava questa pioggia.
La lunga aridità estiva
ci aveva esposti e cristalizzati
in una dispersione interminabile.
Questo freddo improvviso
ci sprofonda nell’intimo
di uno stare raccolto.

In merito allo stare

Quel semplice stare di cui tanto spesso parliamo e che è stato il filo conduttore della meditazione guidata conclusiva del secondo gruppo di approfondimento di domenica 11.10, può produrre una inquietudine nella mente: la persona sente che quello “stare” entra in conflitto e minaccia il suo bisogno di divenire una personalità compiuta ed in piena espressione.
Che la mente, la personalità, si inquieti è nelle cose, avverte questo come minaccia.
Il nostro tentativo è di realizzare, nello stesso tempo, la piena manifestazione di sé e la piena trascendenza.
Come è possibile un simile paradosso?
In ogni cosa che l’uomo compie, sente, pensa si manifesta ciò che è, la visione che ha di sé: esprime quella che chiamiamo la sua personalità. Ma se scendiamo nella profondità di ogni aspetto del suo fare, sentire, pensare entriamo non più nella espressione di sé, ma nella semplice contemplazione di ciò che è.
In altri termini: se muovo una mano questo gesto mi esprime;  se osservo dal punto zero quel movimento, questo diventa soltanto un movimento della mano, non è più ilmio gesto.
Cambiando il punto di vista e l’identificazione, viviamo nello stesso tempo le due situazioni per noi ugualmente importanti.