[…] Il pensiero, libero dalla prigione della mente umana, ha una naturalità che è in sintonia con ciò che c’è e si mantiene fisso sul continuo apparire e scomparire che rende semplice ogni attimo. Mentre il pensiero, assoggettato alla vostra mente, sovrappone all’aprirsi e chiudersi della vita il tempo della continuità e del trascinamento che rende complesso il mondo intorno a voi.
Colui che non trascina con sé, nei pensieri, i fatti e gli esseri che si presentano, incontra una realtà di atti semplici. Quell’uomo diviene libero dal peso che il passato esercitava su di lui, e riconosce il suo essere disconnesso.
Contemplazione
La nostra esperienza della vita, di noi, dell’altro. Sguardi senza osservatore.
Agire nel non agire: la profondità del presente
[…] Vivere è essere in relazione con ciò che vi circonda, scoprendone una profondità che va al di là della superficie su cui ancora vi attestate.
È un mondo che esiste, ma che voi potete intravedere soltanto attraverso fugaci flash che vi fanno intuire che c’è altro che non è possibile trattenere, e far proprio, perché è irriducibile ad ogni pretesa.
Lo stato interiore di cui parla la via della Conoscenza porta l’uomo a permanere in una immobilità interiore, pur continuando a vivere i suoi tre elementi costitutivi, che sono pensiero, emozione e capacità di azione. In colui che vive questo stato interiore il punto d’osservazione rimane fisso, mentre voi umani siete continuamente sballottati dal modo con cui la vostra mente reagisce ad ogni sollecitazione della vita.
La vita senza il “dover essere”
Se tolgo all’umano lo sforzo e la tensione creata dal dover essere qualcosa, qualcuno, cosa gli rimane?
Se non siamo più quella corda tesa pronta a scoccare una freccia, a raggiungere un obbiettivo, ad avere uno scopo, a realizzarsi, di cosa si sostanziano il nostro presente e il nostro domani?
Siamo dunque i nostri obbiettivi, i nostri giudizi, le nostre aspettative? Direi di si, siamo quello e, senza quello, ci sembra di non essere.
Eppure c’è un mondo molto vasto che si apre quando usciamo dalla morsa del dover essere, del dover costruire, del dover ricercare senso ed è costituito, intessuto, dall’accadere dei semplici fatti.
L’illusione di aver compreso la sfida vera e ultima
[…] La vita non è ciò che attraverso gli esseri, o i fatti “vi” insegna, “vi” fa apprendere, “vi” fa accumulare, “vi” fa migliorare, “vi” fa evolvere, oppure “vi” fa contorcere dentro l’apprendimento perché non siete mai adeguati ad essa.
No, la vita è semplicemente una continua sfilata con miriadi di sfilanti, e parla di sé, mai di voi: parla indifferentemente di tutti gli esseri che sono parte integrante dei principi che la compongono.
Se ascoltati, tutti coloro che si presentano e sfilano davanti ai vostri occhi parlano semplicemente della vita in sé. […]
L’oratio continua, la relazione interiore, la contemplazione
Ai termini “oratio” e “preghiera”, preferisco quello di “relazione interiore” molto meno connotato in senso discorsivo, meno legato alla parola e al parlare.
L’oratio continua, la relazione interiore permanente, è l’orizzonte del monaco dalla notte del tempo e, ad oggi, è l’esperienza di chi lascia emergere la vastissima area dell’esistere oltre sé.
Non emerge una parola, non solo e non necessariamente, comunque: emerge un sentire, uno stato d’essere, una connessione, una fusione, un risiedere.
Emerge come silenzio carico d’Essere.
Si cerca finché si è divisi nell’interiore
Divisi da chi? Dalla natura di sé: il senza origine e senza fine non coglie l’essenziale e trova interesse solo per i colori del divenire.
Divisi nel compiersi del processo della manifestazione di sé.
Divisi nella consapevolezza di sé e dell’accadere.
Divisi nell’interpretazione dello sperimentare e del suo senso.
L’interiore è lo specchio dove tutto si riflette e lì viviamo e patiamo quella divisione, se ancora è in atto.
Quando quella divisione è superata nel sentire, nel pensare, nel provare e nell’agire, finisce l’esperienza del sentirsi separati e frantumati,
La conoscenza di sé, la contemplazione, la fiducia
Il nostro cammino appoggia sulla conoscenza di sé, ma non si esaurisce in essa.
Non basta leggere la propria vita in un’ottica esistenziale.
Non basta nemmeno cambiare lo sguardo sulla realtà e l’interpretazione di essa: tutto questo è propedeutico e prepara la disposizione contemplativa che può sorgere nella persona, insediarsi nel suo intimo e plasmarne le profondità dischiudendogli la comprensione di una vita radicalmente altra.
Se la conoscenza di sé non genera l’esperienza contemplativa, allora non parliamo di questo cammino, ma di altro.
Il ritmo di una giornata in un monastero trappista
Suona la sveglia: siamo nel cuor della notte, le 2.40; ci si veste in fretta e percorrendo il chiostro semibuio ci si avvia subito alla chiesa. Dalle vetrate si scorge, sul giardino del chiostro, lo stellato chiaro, o il lume della luna che inargenta il tronco della betulla e fa scintillare il vialetto di pietra. Ma la vista più bella è data dai pleniluni sul mare, che si possono scorgere dalle finestre subito dopo il dormitorio: una luna enorme sul mare a specchio, che va dall’argento all’oro, sino ad assumere una sfumatura quasi rosa quando c’è una leggera foschia. Non c’è tempo di fermarsi, ma è come una boccata di bellezza che riempie i polmoni dello spirito, prima di immergersi nella preghiera.
“Benedetti coloro che hanno conosciuto la propria irrilevanza”
Beati gli umili: di essi è il regno dei cieli. Matteo 5,3. Traduzione Giuseppe Barbaglio. I vangeli, Cittadella Editrice.
Beati i poveri davanti a Dio, perché di essi è il regno dei cieli. Matteo 5,3. Traduzione di Secondo Migliasso. I vangeli, Oscar Mondadori.
Felici i poveri secondo lo spirito perché di loro è il regno dei cieli. Matteo 5,3. Traduzione letterale di Armando Vianello. Azzurra 7 Editrice.
Felici i poveri perché vostro è il regno di Dio. Luca 6,20. Traduzione letterale di Armando Vianello.