L’ingiustizia del mondo e il vero scopo del vivere

 Afferma Nicoletta commentando il post Tra accoglienza e rifiuto non vediamo il problema della giustizia: Mi chiedo: se queste complesse dinamiche sono karmiche, cosa posso fare io? Il senso di impotenza e frustrazione, almeno per me, e’ ormai connaturato. Se il pensiero si spinge a tutte le ingiustizie di questa terra si rimane smarriti e, ripeto, impotenti. 
(Pdf per la stampa, 2 pagine A4)
Cominciare da poco e da vicino ti direi Nicoletta, parafrasando una espressione del Cerchio Ifior.
In altri termini: la realtà si cambia iniziando da sé. 

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Lasciamo che l’amore operi in noi

Se spostate lo sguardo da queste parole che state leggendo verso destra, vedete una tazza vuota e la frase: L’amore sostanzia la realtà.
La tazza vuota è il simbolo del vuoto di sé: vuoto di presunzione di conoscere, vuoto di giudizio, vuoto di aspettativa, vuoto di una soggettività che occupa uno spazio a discapito dell’altro, vuoto di bisogni, vuoto di ingombro di sé.
La frase significa quel che afferma: la sostanza della realtà è costituita dall’amore. Ogni fatto (pensiero, emozione, azione), ogni accadere altro non è che articolazione del principio d’amore, l’unico realmente esistente, l’alfa e l’omega del processo del divenire, il principio che mai muta perché precede ogni divenire e non è corrotto dalla natura effimera di questo.

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La creatività come processo che conduce all’unità spirituale

Dice Marco, commentando il post Il superamento della nozione di straordinario e la realtà dell’ordinarioVisto che, credo, anche il libero fluire delle persone può essere considerato un atto creativo, ne approfitto per porre una domanda che mi è rimasta sospesa all’intensivo. Potresti delineare l’anello di congiunzione tra creatività e spiritualità? Certamente nell’atto creativo la mente è semplice strumento, o è del tutto assente, e questo già credo comporti una sintonizzazione con piani più alti…
Con il termine creatività definisco:

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Il superamento della nozione di straordinario e la realtà dell’ordinario

Il mattino di venerdì, mentre noi arrivavamo all’Eremo di Fonte Avellana, un gruppo di persone di varie nazionalità terminava l’intensivo di Vipassana durato dieci giorni: ci lasciavano un ambiente vibratorio ideale.
Una coincidenza interessante: usciva un modo di vivere la via spirituale profondamente ancorato al silenzio e alla pratica meditativa, ed entrava un mondo senza-forma che non è incernierato né sul silenzio, né sulla pratica meditativa e che supera la nozione stessa di via spirituale.
Dieci giorni di meditazione Vipassana sono una esperienza indubbiamente straordinaria, una prova.

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La fiducia: il controllo, la resa, la compassione

Scrive Michela commentando il post La sfiducia nella possibilità di cambiare la propria realtà: In questo momento della mia vita ho proprio bisogno di perdere il controllo e di smettere di volere controllare […]. Sono giunta al mio limite, lo sto vivendo e sono consapevole (?) che questa lotta può finire solo nella resa e nella fiducia […]. Non è facile e mi sembra di non riuscire a cambiare anche se so che devo e posso cambiare…perché? Allora non ho realmente compreso?
La fiducia matura con la comprensione. Di cosa?
Del fatto che non siamo noi il centro dell’universo.

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Il custodire sé, l’altro, la vita

Custodire: prendersi cura e proteggere sé, l’altro, la vita senza discriminazione perché la persona che usa quel verbo, se lo usa a ragion veduta, sa quante implicazioni ha e sa anche che non si può custodire sé e ferire l’altro, o la vita: se il custodire è divenuto natura del nostro essere, custodiremo in maniera unitaria senza distinzione tra dentro e fuori perché il custodire non conosce dualità.
Per addentrarmi nell’argomento userò la descrizione del processo intuitivo, o dell’imporsi della coscienza.
L’umano non è altro dalla coscienza che lo genera, ma sperimenta una condizione feriale del suo operare e una più intensa, più marcata.

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Amare non è una esperienza fondata sul sentimento

Vangelo di Tommaso. Gesù disse: «Ama il tuo fratello come la tua anima. Custodiscilo come la pupilla del tuo occhio».
Paralleli con i sinottici a fondo pagina.
Ama il tuo fratello come la tua anima: nel Sentiero non parliamo di anima ma di coscienza e consideriamo che essa sia la sorgente di tutto ciò che viviamo.
La coscienza crea noi e la realtà, i vari gradi di sentire che la compongono e contraddistinguono altro non sono che aspetti del sentire assoluto.
Dunque la coscienza, nella illusoria frammentazione dell’Uno, non è che aspetto di Esso.
Amare l’anima non è una pratica che coinvolga il sentimento: è comprendere la sua natura e con questa, la natura dell’Assoluto.
Amare non è provare qualcosa affettivamente: è abbracciare nella comprensione l’incomprensibile alla ragione.

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Non il duale, né il tempo impediscono la vita nel sentire

Ieri, in una lunga conversazione “camminata”, un fratello nel Sentiero mi raccontava di una sua esperienza nel sentire, sotto la guida del sentire.
Guida certa, inconfutabile e inconfondibile, dove la parola diviene la Parola e il gesto, il Gesto.
Sono stati transitori? Si, all’inizio.
L’ampliamento del sentire è un processo irreversibile e per quanto possa essere condizionato dal non compreso, quando una porta si è aperta in modo eclatante, non si richiuderà.
Questo è accaduto al nostro fratello e a diversi altri nel Sentiero: questa è anche la prova che non stiamo discutendo di filosofie, stiamo sperimentando la vita nelle sue molteplici possibilità che si dischiudono man mano che noi cambiamo nel compreso.

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L’unificazione interiore, il superamento del confine con l’altro, l’essere in Dio

Al lettore. Chi scrive ha acquisito nella sua comprensione dei punti fermi relativi alla condizione unitaria d’essere e d’esistere: non si tratta più di scoprire, vivere e comunicare una condizione interiore, quello è accaduto da tempo ed è oramai subentrata la stagione della routine che ha lasciato alle spalle i fenomeni, le esperienze forti, gli stati contemplativi acuti.
Oggi si tratta di entrare nel dettaglio, nelle pieghe di un sentire diffuso, di una relazione unitaria feriale che non ripropone se stessa ma, nell’apparente similitudine degli stati, delle espereinze e dei concetti, scava in una direzione o in un’altra e, attraverso il dettaglio, la sfumatura, il piccolo particolare, crea un focalizzazione sempre nuova dell’esperienza interiore.

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Quanto può essere profonda la disponibilità a perdere?

Dice Marco commentando il post Appunti sulla trasmissione della comprensione spirituale: Ma cos’è che deve morire esattamente? L’ideale morale che ci è stato trasmesso e che non tiene conto del mio sentire attuale? Io non posso che partire da lì del resto e l’insegnamento del Cristo diventa vita solo se coniugato con ciò che sono adesso…
Si, certamente, l’ideale morale deve morire ma, con esso, molte altre cose.
L’imprinting di un’esperienza.
La memoria e l’umore del cammino.
L’appreso concettuale e filosofico.
Il limite del sentire.

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