[…] Quando muoiono gli oggetti psichici che imprigionano l’uomo ancora identificato nella propria mente, cessano le aspettative, cessano le delusioni, cessano i timori ed emerge un fondo di dolcezza per tutto ciò che accade, sfaccettandosi ai suoi occhi.
L’uomo lo vive senza aggiungervi spiegazioni, finalità o etichette; ed è da lì che nasce una nuova tenerezza che è accoglienza per quell’altro da sé – fatti o esseri – che si presenta.
Se stesso e l’altro sono espressione del mondo dell’accadere, che lui può riconoscere perché è morto dentro di lui un mondo tutto suo.
Esiste già quel mondo al di là della vostra consapevolezza, un mondo di cui siete espressione, ma voi non lo riconoscete perché siete abituati a rappresentarvi un mondo duale legato al vostro “io”.
Coscienza unitaria
L’esperienza della coscienza unitaria dell’essere e dell’esistere.
Il pensiero non è la mente e riconosce “ciò che è”
[…] Il pensiero, libero dalla prigione della mente umana, ha una naturalità che è in sintonia con ciò che c’è e si mantiene fisso sul continuo apparire e scomparire che rende semplice ogni attimo. Mentre il pensiero, assoggettato alla vostra mente, sovrappone all’aprirsi e chiudersi della vita il tempo della continuità e del trascinamento che rende complesso il mondo intorno a voi.
Colui che non trascina con sé, nei pensieri, i fatti e gli esseri che si presentano, incontra una realtà di atti semplici. Quell’uomo diviene libero dal peso che il passato esercitava su di lui, e riconosce il suo essere disconnesso.
Agire nel non agire: la profondità del presente
[…] Vivere è essere in relazione con ciò che vi circonda, scoprendone una profondità che va al di là della superficie su cui ancora vi attestate.
È un mondo che esiste, ma che voi potete intravedere soltanto attraverso fugaci flash che vi fanno intuire che c’è altro che non è possibile trattenere, e far proprio, perché è irriducibile ad ogni pretesa.
Lo stato interiore di cui parla la via della Conoscenza porta l’uomo a permanere in una immobilità interiore, pur continuando a vivere i suoi tre elementi costitutivi, che sono pensiero, emozione e capacità di azione. In colui che vive questo stato interiore il punto d’osservazione rimane fisso, mentre voi umani siete continuamente sballottati dal modo con cui la vostra mente reagisce ad ogni sollecitazione della vita.
La gratuità, l’essere pronti e vigili, la tiepidezza
Questa è la fonte preziosa
di quell’acqua che disseta,
casta per purificare,
forte per trascinare,
umile per esaltare.
Se sei venuto per bere
attingi di quest’acqua si rara nel deserto,
se non hai sete fatti da una parte
e cedi il posto.
L’illusione di aver compreso la sfida vera e ultima
[…] La vita non è ciò che attraverso gli esseri, o i fatti “vi” insegna, “vi” fa apprendere, “vi” fa accumulare, “vi” fa migliorare, “vi” fa evolvere, oppure “vi” fa contorcere dentro l’apprendimento perché non siete mai adeguati ad essa.
No, la vita è semplicemente una continua sfilata con miriadi di sfilanti, e parla di sé, mai di voi: parla indifferentemente di tutti gli esseri che sono parte integrante dei principi che la compongono.
Se ascoltati, tutti coloro che si presentano e sfilano davanti ai vostri occhi parlano semplicemente della vita in sé. […]
Dal divenire all’essere e le paure dell’identità
Semplificando potremmo dire che la mente/identità è immersa nel divenire, mentre il sentire esprime la sfera dell’essere.
E’ una semplificazione perché non tiene conto del fatto che la realtà del divenire niente altro è che una proiezione del sentire, la realtà è dunque unitaria e sentire e identità altro non sono che due livelli differenti e inscindibili della stessa indissolubile realtà.
Le menti/identità temono il discorso sull’essere: ne sono affascinate e lo temono.
Ogni volta che sposto l’asse del nostro procedere come Sentiero verso l’essere, questa tensione si avverte nei miei interlocutori: sembra quasi che il coltivare l’essere significhi il negare, ridimensionare, marginalizzare l’umano e la sfera del divenire in cui esso prende forma e si sostanzia.
L’oratio continua, la relazione interiore, la contemplazione
Ai termini “oratio” e “preghiera”, preferisco quello di “relazione interiore” molto meno connotato in senso discorsivo, meno legato alla parola e al parlare.
L’oratio continua, la relazione interiore permanente, è l’orizzonte del monaco dalla notte del tempo e, ad oggi, è l’esperienza di chi lascia emergere la vastissima area dell’esistere oltre sé.
Non emerge una parola, non solo e non necessariamente, comunque: emerge un sentire, uno stato d’essere, una connessione, una fusione, un risiedere.
Emerge come silenzio carico d’Essere.
“Benedetti coloro che hanno conosciuto la propria irrilevanza”
Beati gli umili: di essi è il regno dei cieli. Matteo 5,3. Traduzione Giuseppe Barbaglio. I vangeli, Cittadella Editrice.
Beati i poveri davanti a Dio, perché di essi è il regno dei cieli. Matteo 5,3. Traduzione di Secondo Migliasso. I vangeli, Oscar Mondadori.
Felici i poveri secondo lo spirito perché di loro è il regno dei cieli. Matteo 5,3. Traduzione letterale di Armando Vianello. Azzurra 7 Editrice.
Felici i poveri perché vostro è il regno di Dio. Luca 6,20. Traduzione letterale di Armando Vianello.
Ricevere senza dare
Passeggiando con Mia, osservavo i campi seminati di fresco: grandi estensioni di terra con rade siepi; le colline sembrano schiene nude.
In termini di prodotto, non di guadagno, certo, un agricoltore riceve molto dal terreno che coltiva: da parte sua, cosa dà a quel terreno?
Un po’ di azoto, fosforo e potassio di origine chimica e niente sostanza organica; l’acqua viene dal cielo.
Possiamo dire che l’agricoltore non tratta bene la sua terra, sebbene questa la ricambi generosamente: non la nutre con dedizione, come si nutre un essere vivente, la nutre per ricavarne un profitto e quindi non si preoccupa di alimentare la terra, ma il seme, l’unica cosa che a lui interessa.
La gratuità: i pesci non esistono per essere pescati
Ciò che esiste non ha bisogno di giustificazione, esiste e basta.
Poi, certo, nella relazione si può essere funzionali l’uno all’altro, ma non è questa l’intenzione che muove il gesto creativo che dà origine all’esistente.
Nell’umano troppo è legato alla funzione, allo scopo, al soddisfacimento di un bisogno.
La creazione artistica fa, a volte, eccezione: l’artista crea perché è interno ad un flusso e non si pone il problema dello scopo, del fine, dell’uso della sua opera.