Non avere paura di sbagliare

Affrontiamo la vita impreparati, sempre.
Siamo qui per conoscere, divenire consapevoli, comprendere ciò che ancora non abbiamo compreso: non possiamo che sbagliare, che dire cose imperfette, compiere azioni limitate e non di rado dannose a noi e al nostro prossimo, essere mossi da intenzioni confuse e non univoche.
Questa è la vita, non altro: possiamo salire sul nostro personale palcoscenico e recitare la nostra parte? Dobbiamo farlo, siamo qui per questo.

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Le officine della compassione

Ditemi, cos’è una famiglia se non un’officina della compassione?
Non è forse il luogo delle viscere esposte, della confidenza ed esposizione estrema?
E non è il luogo su cui viene deposto un velo di silenzio a volte, di accoglienza risentita altre, di accettazione senza condizione altre volte ancora?
Un velo su noi, sull’altro: un vedere il limite che grida e un coprirlo a volte; un affrontarlo, altre; un combatterlo, anche; un integralo quando ne siamo capaci.
Accade solo in famiglia? Se ieri sera avete visto Italia-Germania, avete anche visto i rigori sbagliati e, infine, l’ultimo fatale errore: c’è in voi del risentimento per quel giovane che ha sbagliato?

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Il pane della vita

Ogni persona porta nella vita la propria nota personale e questo rende il vivere una sinfonia.
Ci sono persone che portano il pane materiale; altre il pane degli affetti; altre ancora il pane delle convinzioni, delle idee, delle speculazioni.
Ci sono infine coloro che portano il pane spirituale, il pane della vita.
Difficile chiedere ad una singola persona di portare tutte queste varietà di pane, in genere non accade, non sono compendiabili in un solo essere tante varietà di talenti.

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Vero e necessario l’amore che vivono le persone?

Vero e necessario l’amore che vivono le persone?, chiede Samuele nel commento al post Oltre il vedere, la realtà sentita.
Necessario ai loro cammini esistenziali, senz’altro; vero direi che lo è con molte riserve.
Se per vero intendiamo qualcosa che esiste al di là dei bisogni, dei desideri e degli istinti, direi che l’amore di quella natura è sperimentato, nelle coppie e fuori di esse,  da ben pochi umani.
Provate a togliere da ciò che vi lega al vostro partner, il senso di appartenenza, l’appartenervi e possedervi reciprocamente.
Provate a togliere il desiderio e il sesso.

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Oltre il vedere, la realtà sentita

Normalmente l’umano non vede che un film prodotto, sceneggiato, diretto, fruito a suo uso e consumo.
Trascorre la grande parte delle sue innumerevoli vite all’interno del set, nella cittadella delle produzioni cinematografiche, tra attori e attrici, costumisti, scenografi, truccatrici confliggendo, spesso e volentieri, con il regista, con lo sceneggiatore e, naturalmente, con se stesso.
Non sa di vivere in un teatro di posa, gli stanno bene quello e quella ignoranza. Non di rado è pieno di sé.

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Identificazione, vacua passività, neutralità

Il bussare del mondo è solo immagine, in realtà non c’è alcun mondo che bussa, siamo noi che ci sentiamo sollecitati dall’accadere dentro e attorno a noi.
Il mondo accade e, in sé, potrebbe essere solo uno scorrere di fotogrammi: quando questi ci riguardano, quando sentiamo che parlano a noi, quando ci interpellano inizia il processo dell’identificazione. Allora quei fatti, quei fotogrammi sono la nostra vita, sono quello attraverso cui conosciamo, diveniamo consapevoli, comprendiamo.
Questo è solo un aspetto del vivere che coinvolge, in forme e dimensioni differenti, molto del nostro quotidiano: a fianco di questa modalità, tutti ne sviluppiamo un’altra su cui molto vagamente poniamo l’attenzione.

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La prima volta

Poi venne chiamato lui, con il suo nome in ebraico – Mi-che-leh ben Avrahom – e con le gambe tremanti salì sul pulpito. Portò le frange del tallis a sfiorare la Torah e le baciò, poi fissò le lettere in ebraico sulla pergamena ingiallita. Sembravano muoversi come serpenti sotto i suoi occhi.
“Borchu!” sibilò uno degli anziani accanto a lui.
Una vocetta tremante che non poteva essere la sua intonò la benedizione.
“Borchu es adonoi hamvoroch. Borchu..”

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La comunione interiore

Mi piace la disposizione interiore dei Quaccheri, i loro silenzi, l’affidarsi alla guida dello Spirito, l’eucaristia interiore.
Mi chiedo perché un non cristiano come me abbia una sensibilità particolare all’eucaristia, al significato profondo dello spezzare il pane e del bere il vino.
Le radici lontane della mia formazione cristiana, mai coltivata, centrano poco: la questione è relativa allo spezzare, al bere dei sorsi.
Nello spezzare, nel bere, l’Uno diviene i molti: la realtà unitaria assume la forma del molteplice.

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La profondità di ogni presente

Scrivo pensando alle amiche e agli amici che hanno problemi di salute, persone concrete che ho bene a mente e risiedono nel mio cuore.
Consiglio la lettura della prima parte di questo testo, sull’importanza dell’effetto placebo nelle terapie.
Le persone che hanno un problema di salute divengono, per necessità e per scelta, più riflessive e introversive: vanno a monitorare il loro stato, le possibili cause, le auspicabili soluzioni.
Si caricano la vita sulle spalle e sanno che il tempo del fuggire, del divagare, dell’inconsapevolezza, dell’onnipotenza adolescenziale è finito.

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L’abbandono di sé senza sforzo

Dio o Mammona, è questa la morsa dentro cui è stretto l’umano? C’è un modo naturale e privo di sforzo volitivo per andare oltre di sé, per intraprendere il lento cammino dell’abbandono delle identificazioni, dei bisogni, dei condizionamenti e addentrarsi nel processo dell’unificazione che da sempre opera in noi, e che da un certo punto in poi diviene più pressante?
Vi riporto un passo di Enzo Bianchi tratto da questo commento al vangelo domenicale: “Vi è un altro a cui Gesù dice: “Seguimi”, ma si sente rispondere: “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre”. Richiesta legittima, fondata sul comandamento che richiede di onorare il padre e la madre (cf. Es 20,12; Dt 5,16). Gesù però chiede che, seguendo lui, si interrompa il legame con l’ordine familiare e con la religione della legge, dei doveri: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio”.

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