Non voglio essere io ad amare, mi dispongo affinché l’amore sia

C’è un protagonista nell’esperienza dell’amore?
Un soggetto che ama? Un oggetto dell’amore? Se si, non stiamo parlando dell’amore ma di altro, forse di un innamoramento, di una infatuazione, di un racconto della mente.
L’amore non contempla né l’amato né l’amante: proviene dal deserto di sé, dalla scomparsa del proprio esserci e sfocia nell’essere senza attribuzione.
Nella condizione d’essere, nella pienezza della neutralità affiorano le molte declinazioni dell’amore: l’accoglienza, la gratuità, la semplicità, la giocosità, la compassione, l’unitarietà di visione.
Questo affiorare non è frutto della volontà, non c’è un soggetto che può dire: “Voglio amare!”.
Sorge come un vento e non risponde ad alcuno della sua direzione.
L’amore è, non diviene, non conosce il tempo né le leggi della mente.
Lo si incontra lì, un passo oltre il proprio esserci, oltre la declinazione di sé.
Nell’assenza della propria presenza, nella marginalità del proprio nome, nell’irrilevanza del proprio punto di vista, oltre le emozioni, oltre i pensieri.
L’amore non è un’emozione, non è il pensiero sull’amore, è l’essere che canta l’Essere, non altro.

Immagine da: http://goo.gl/ERfU7Q


“Tu donna, tu uomo puoi dare qualcosa a Dio”: scomparire a sé e a Dio

Gesù alla donna, che gli dice: “So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa” (Gv 4,25), risponde: “Sono io che parlo con te” (v. 26). Qui c’è il Messia, ed è nell’immagine di uno che ti parla; non nell’immagine di uno che ti giudica, ma di uno che ti parla. È la buona notizia. 
La buona notizia non è una parola che ti svergogna o ti condanna, ma una parola che ti interpreta, ti incuriosisce circa il desiderio di altro che abita la tua sete. Dietro le parole di quel profeta seduto al pozzo la donna incomincia a prendere contatto con una parte di sé che le era nascosta e ora le viene svelata. L’acqua comincia a zampillare dentro di sé. Ora le sembra di intuire dove attingere l’acqua viva. “Dammi da bere” (v.6). L’indigente è Dio, l’indigente è Gesù. Tu, donna, tu, uomo, puoi dare qualcosa a Dio. A questo Dio assetato. Anche questo appartiene allo stile di Gesù. Appartiene al suo stile valorizzare qualcosa che è in te, qualcosa che è nelle tue mani …(Da: Angelo Casati, Incontri con Gesù).

Parole profonde e vissute, ma che non mi convincono.
“Tu donna, tu uomo puoi dare qualcosa a Dio”.
Confesso che sono brani come questo che suscitano in me un estraniamento dal complesso mondo cristiano.
Il mio punto di vista è questo: quella donna che “ora sembra intuire dove attingere l’acqua viva” quando incontra Gesù è già pronta a dire “Dammi da bere!”
L’incontro con Gesù l’aiuta a svelare, porta alla luce ciò che essa aveva già compreso.
Perdonate l’ardire, ma non è l’incontro con Gesù il determinante, quell’incontro è solo ciò che svela quanto era già giunto a maturità: la vita, le esperienze vissute hanno generato quella maturità, Gesù è la levatrice.
Io non voglio accorgermi dell’indigente mosso dalla consapevolezza che questo è Dio, è Gesù: voglio accorgermi di lui perché non avendo alcun interesse per me non posso che accorgermi dell’altro da me.
Essendo morto alla centralità di me, scopro tutto ciò che è attorno a me e di cui sono parte irrilevante.
Non voglio che l’amore sgorghi in me al ricordo/consapevolezza che tu sei Gesù, voglio che sgorghi perché in me è maturo quello sgorgare.
Nel momento in cui mi rammento che l’altro è Dio, è Gesù, mi annichilisce il peso del mio egoismo e del mio non vedere e questo non mi aiuta, mi fa solo sentire peggiore.
Non voglio amarti in quanto Dio, voglio essere capace di lasciarmi attraversare dall’amore che è oltre me ed oltre te.
33 Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; 34 avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: “Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno”. Luca 10,33-35
Nel Sentiero contemplativo diciamo: conosci te stesso, fai esperienza della vita e questo ti condurrà a scoprire l’amore che ti costituisce e che è natura di tutte le cose.
Quando quell’amore in te sarà maturo sboccerà da solo, o sarai aiutato a partorirlo da qualcuno che incontrerai lungo il cammino, ma sarà stato il vivere, l’osare, lo sbagliare ad averlo condotto ad essere “vita che ti attraversa e ti fa scomparire”.

Immagine: Théodule Augustin Ribot,
Il Buon Samaritano http://goo.gl/XPNGWe


Sabato 15: imparare a riconoscere e a lasciar emergere lo zero

C’è una dimensione di esistenza che non è condizionata dalla mente e dalle emozioni, è lo spazio del sentire che noi chiamiamo anche zero, vastità, essere.
Quella dimensione è sempre presente, non conosce oblio, siamo noi che da essa ci allontaniamo e, perduti nell’identificazione, dimentichiamo la sua esistenza.

Sabato 15 febbraio, all’Eremo dal silenzio a San Costanzo, discuteremo e faremo esperienza di quello zero, fondamento di tutto l’esistere.
Ore 15,45, arrivare in anticipo.
La partecipazione è riservata ai componenti del Gruppo del Sabato e a due ospiti eventuali.

La foto è di Mirco Belacchi

Nel dono dell’unità

Nella grazia dello Spirito, direbbe un cristiano.
“E’ stato per me il più intenso intensivo fra tutti quelli fatti. Ho trovato la piattaforma…finalmente l’ho compresa”. Questo scriveva Roberto D’E. stamattina quando ha mandato le foto

continua..

La natura dello zero

Tutto ciò che a noi appare così consistente e reale, si svela alla consapevolezza profonda non solo come effimero e illusorio, ma è compreso come non-reale e inesistente.
Non l’io, non il noi, non il tutto esiste.

continua..

Che cos’è una pratica nell’ottica del Sentiero

Definiamo pratica il movimento autentico, lo yoga, il tai chi, il do in, il canto, la pittura, la danza quando abbiano assunto una forma strutturata.
In sé queste pratiche hanno la loro funzione nei processi che portano la persona alla conoscenza, alla consapevolezza, alla comprensione.

continua..