Scrive Melania: La lotta alle ingiustizie, quando fermarsi, quando riconoscere che è l’identità che sbraita invece di convincersi di esser mossi dal giusto sentire? […]
Cioè, tutto ci interpella, ma se incontri una vecchina caduta in terra la aiuti a rialzarsi? Ovvio! Se sparano a un nero per il colore della sua pelle manifesti l’assurdità di questo gesto, se convocano in tribunale un minore straniero non accompagnato senza motivo ne chiedi le ragioni, se accusano una freelance per un falso ma il suo capo era connivente, pretendi che lei non sia la sola a pagare: ma quanto ci riguarda davvero tutto questo e in che termini? […]
Coscienza unitaria
L’esperienza della coscienza unitaria dell’essere e dell’esistere.
L’amore non è un sentimento e non ci si educa ad esso
Dal Post del Cerchio Ifior Avete mai amato davvero?: Com’è possibile pensare, figli cari, che non riuscirete a trovare prima o poi il vero amore? Che senso avrebbe tutto ciò che state soffrendo o godendo?
Certo, non avverrà domani, certo neppure in questa vita, ma lentamente supererete voi stessi e abbraccerete l’universo. Non è un augurio il nostro, né tanto meno, una speranza: è una certezza.
Ciò che più conta è che non abbiate fretta, che compiate i vostri passi con cautela, con naturalezza, che non pretendiate da voi molto di più di ciò che potete
Dall’agire per manifestarsi, al rispondere per assecondare, per servire
Scrive Elisabetta: La domanda riguarda l’agire. Agire nel mondo, o lasciare che il flusso scorra senza interferire?
Da anni sono naturalmente scesa nel non agire, in quello mi sento a mio agio.
Ma la discussione con le persone intorno a me ritorna spesso su questo argomento, e sul mio modo di affrontarlo.
Meditazione e contemplazione nell’ordinario quotidiano
Con il termine meditazione definiamo quella disposizione interiore alla consapevolezza, alla presenza, alla disconnessione ripetuta di ogni identificazione.
La pratica meditativa non è dunque, dal nostro punto di vista, un’esperienza più o meno lunga da coltivare in un tempo dato, ma una disposizione che si innerva nell’ordinario della vita e che illumina ogni fatto di consapevolezza e presenza e, affinché questo possa accadere, disconnette ogni contenuto mentale ed emozionale non necessario.
Tra divenire ed essere: oltre la nozione di limite
La realtà si può osservare, interpretare e vivere dal punto di vista del divenire, o da quello dell’Essere.
Ciò che nel divenire è un’evidenza, nell’Essere può non avere senso alcuno.
Dal punto di vista del divenire, tutto diviene: l’umano diviene da ego ad amore, la coscienza amplia il proprio sentire, il tempo scorre insieme alle esperienze e la visione di sé e del mondo muta con esse. Tutto diviene ed è logico affermare che il seme diverrà pianta e che tutti gli esseri giungeranno ad essere Uno.
L’identità desidera il nuovo, il contemplante osserva il reale
Argomento su cui torniamo frequentemente perché mai risolto una volta per tutte: l’identità cerca e desidera il nuovo e il suo gioco può oscurarci lo sguardo fino a non farci vedere più niente: vediamo a quel punto solo il desiderio che non trova soddisfazione, avvertiamo una frustrazione che non trova appagamento essendo mai il presente corrispondente a ciò che desideriamo, o crediamo di desiderare.
La via contemplativa per realizzarsi, per prendere forma, ha bisogno di non essere inficiata e condizionata dal desiderio: il contemplante non può coltivare il desiderio, pena la perdita di se stesso e del proprio cammino esistenziale.
Educare l’Io e la mente al pensiero unitario
Continuo la riflessione iniziata nel post: La differenza tra il ringraziare e l’essere quel grazie.
Premessa: non possiamo educare la mente al pensiero unitario se il sentire non ha il gusto grado di comprensioni maturato.
L’educare è primariamente un facilitare l’emersione di ciò che già è contenuto nel sentire e, secondariamente, è un plasmare i veicoli, e l’identità che da essi risulta, affinché quell’emergere non solo non incontri una opposizione, ma sia veicolato da strumenti idonei a condurlo a piena manifestazione.
Se il sentire è maturo, allora l’opera può essere perseguita:
La differenza tra il ringraziare e l’essere quel grazie
Durante gli intensivi a Fonte Avellana, recitiamo prima dei pasti il testo che trovate alla fine di questo post: è un testo complesso che parla al sentire più che alla mente e che descrive un principio: noi non ringraziamo una entità divina per il dono della vita, noi siamo l’entità, il dono e la vita.
Il tentativo nostro è quello di andare oltre il pensiero duale, di plasmare le menti e le interiorità con la forza della visione e dell’esperienza unitaria.
È un tentativo non semplice perché nell’umano il duale opera in modo implacabile e permea ogni piega del suo essere.
Nel ringraziare c’è chi ringrazia e chi è ringraziato, nello specifico l’umano ringrazia il Creatore di sé e di tutto l’esistente.
Sulla natura dell’obbedire, del prestare ascolto
Obbedire è ascoltare, prestare ascolto.
Prestare ascolto ai simboli che giungono come parole, come gesti, come situazioni.
Prestare ascolto a ciò che sorge nell’interiore come moto dell’identità, come canto del divenire con sé al centro.
Prestare ascolto alla voce profonda, all’ispirazione improvvisa, all’intuizione che illumina la notte.
Prestare ascolto a ciò che nel vivere si manifesta come palese segno di apprendimento e di insegnamento.
Prestare ascolto all’altro che sempre svela la nostra intenzione e il nostro procedere esistenziale essendo, la realtà che l’altro rappresenta, niente altro che il film da noi creato.