Il ‘riconoscimento’ nel rapporto discepolo/maestro

Le identità, per loro natura, vogliono essere riconosciute nella loro alterità: a una identità non interessa sentirsi fusa a un’altra, se non per l’esperienza in sé, per la novità e per quello che può provare. La fusione la minaccia e la annulla, di conseguenza non la brama, ma, alla lunga, la teme.

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In zazen si sperimenta la realtà come ‘fatto’ liberato dal divenire

Lo zazen è l’esperienza della vita affrontata senza uno scopo.
La vita nel divenire è tale perché ogni fatto ha e deve avere un scopo: l’essere protesi ‘verso’, consapevole o inconsapevole che sia, crea la successione dei fatti e la loro finalizzazione.
Non avere scopo e fine distrugge il processo del divenire perché ne mina le basi.

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Aldilà di quello che ‘ci appare d’essere’

Vivere si sostanzia:
nel divenire, come atto d’obbedienza senza fine a ciò che sorge nel sentire;
nell’Essere, come consapevolezza di ogni stato dei vari corpi e piani che semplicemente È nella sua essenza originaria;
nel superare la tensione tra divenire ed Essere, come vita priva di ricerca e di finalità, di scopo: semplice accadere.

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La presunzione di aver compreso

Quando insegnavo mi è stato mosso più volte l’appunto di chiedere molto a coloro che partecipavano all’organismo del Sentiero: in cuor mio credo di aver chiesto troppo poco.
Qual era la sostanza del mio chiedere? Se affermi di aver compreso questo, esso si deve specchiare nella tua vita, nei tuoi comportamenti.

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