Le identità, per loro natura, vogliono essere riconosciute nella loro alterità: a una identità non interessa sentirsi fusa a un’altra, se non per l’esperienza in sé, per la novità e per quello che può provare. La fusione la minaccia e la annulla, di conseguenza non la brama, ma, alla lunga, la teme.
Essenziale
In zazen si sperimenta la realtà come ‘fatto’ liberato dal divenire
Lo zazen è l’esperienza della vita affrontata senza uno scopo.
La vita nel divenire è tale perché ogni fatto ha e deve avere un scopo: l’essere protesi ‘verso’, consapevole o inconsapevole che sia, crea la successione dei fatti e la loro finalizzazione.
Non avere scopo e fine distrugge il processo del divenire perché ne mina le basi.
Vuoi vivere senza di me, bastardo!
Siamo nel cuore del Ciò-che-È con il post Gratuità: totale indifferenziazione di tutto ciò che è vita [39G]; siamo anche nel cuore della Via della Conoscenza e del Sentiero.
Perché vivere e agire se “niente di quel che si fa può apportare mutamento: nessuno muta alcunché, poiché niente si distacca da tutto è, che è predeterminato”.
In merito al ‘dovere’ di un monaco
Il commento di Elena a Tenzo Kyokun: il discernimento continuo [10]
“La comunità è un organismo unico che deve funzionare insieme”.
“Dobbiamo riversare tutte le nostre facoltà intellettuali e fisiche in ciò che facciamo.”
Mi domando la funzione e il valore del verbo “dovere”. Perché il verbo dovere?
Aldilà di quello che ‘ci appare d’essere’
Vivere si sostanzia:
– nel divenire, come atto d’obbedienza senza fine a ciò che sorge nel sentire;
– nell’Essere, come consapevolezza di ogni stato dei vari corpi e piani che semplicemente È nella sua essenza originaria;
– nel superare la tensione tra divenire ed Essere, come vita priva di ricerca e di finalità, di scopo: semplice accadere.
Realizzare la vita vera a ogni respiro [preparazione Forum 3]
Vi chiederete perché iniziare un percorso preparatorio proprio i primi giorni di agosto, quando alcuni di voi sono già in vacanza e altri la stanno aspettando, magari stremati.
La centralità dell’Io nelle scene feriali
Dice un fratello nella Via del monaco: “La scena è messa in piedi da me per me, per un sentimento di narcisismo, per il piacere di guardarsi.”
Può darsi, ma la cosa potrebbe essere molto più complessa.
Sentire simultaneamente il fluttuare degli stati e l’Essere
Da Contemplando riporto questo post di Roberto d’E.: Esistono giorni in cui il Tutto si manifesta attraverso ogni cellula del mio corpo. Altri in cui il Deserto si profila davanti ai miei occhi. Nulla sembra parlarmi. E nulla posso esprimere. C’è Vuoto e vuoto. C’è Silenzio e silenzio. C’è uno stare Soli e un sentirsi soli.
La presunzione di aver compreso
Quando insegnavo mi è stato mosso più volte l’appunto di chiedere molto a coloro che partecipavano all’organismo del Sentiero: in cuor mio credo di aver chiesto troppo poco.
Qual era la sostanza del mio chiedere? Se affermi di aver compreso questo, esso si deve specchiare nella tua vita, nei tuoi comportamenti.
La gestione del dolore interiore: consapevolezza e disconnessione
Commentando il post La vita è effimera quanto un soffio di vento [V12] chiede Luciana: Anche il dolore che tanto temiamo ci parla dell’effimero?
Le rispondo dall’ottica del Sentiero contemplativo: se la vita è sorgere e scomparire, cosa la rende durevole come tante volte è il dolore?