Riporto questo brano di Scifo, CI, perché desidero tornare sul tema degli assoluti, e non solo.
Tu, creatura, chi sei?
Tu sei ciò che dai agli altri.
Tu sei la compassione che sai donare a chi sta soffrendo.
Tu sei la dolcezza che trasmetti a chi è amareggiato.
Tu sei il sorriso che porgi a chi è infelice.
Essenziale
Aprirsi all’Essere: non la ricerca di Dio, ma il lasciarsi invadere da Lui
In venticinque anni di attività ho incontrato tante persone: quante cercavano l’Essere?
La mia impressione è che la grande parte fosse semplicemente alla ricerca di un equilibrio interiore, posizionandosi dunque in una esperienza che precede la ricerca spirituale vera e propria.
Il Sentiero è dunque stato strumento a disposizione di identità, delle loro necessità, dei loro fini: la sua natura più profonda è rimasta ampiamente inespressa. Credo che nessuno abbia mai letto i capitoli 3 e 4 del libro L’Essenziale.
Così è stato e così è, amen.
Nessuno ti obbliga a disconnettere, lo scegli
Potresti rimanere identificato: è comodo, è la norma, non richiede sforzo.
Cosa ti induce a dire basta, ad interrompere la processione dei fatti, ad isolare un fatto e a precipitarci dentro?
Cosa ti fa azzerare qualsiasi contenuto mentale, qualsiasi aggiunta cognitiva od emozionale su un dato del reale?
Cosa ti fa usare la porta delle sensazioni per entrare nella dimensione dell’Essere?
Due comprensioni ti inducono a farlo:
Il superamento dell’identificazione, l’incontro tra Essere e divenire
Sembra che nell’identificazione con il flusso senza fine dei pensieri, delle emozioni, delle azioni – di tutto ciò che nel Sentiero chiamiamo semplicemente fatti – non vi sia soluzione di continuità, accesso ad altro che non sia quel rotolare lungo il pendio della vita senza potersi arrestare.
Così non è, dunque ci sembra male, ci sembra sbagliato: la chiave è nell’identificazione, nella consapevolezza di essa e nel suo superamento.
La via interiore oltre il mito della perfezione e la prigione del duale
Formato per la stampa (A4, 4 pagine)
“Figlio mio, se tu vuoi arrivare alla condizione ideale che ti permetta di superare il tuo egoismo, se tu vuoi arrivare a quella condizione che ti fa sentire parte del Tutto, e arrivare infine a farti sentire il Tutto stesso, devi riuscire a vivere la tua vita tra gli uomini, ma senza più essere mosso dal desiderio.
Devi vivere la tua vita spontaneamente, semplicemente facendo ciò che senti di fare non perché speri in quel modo di raggiungere la meta agognata, ma semplicemente perché l’agire in quel modo ti è naturale e spontaneo e non provoca nessuno sforzo, nessuna tensione in te”.
La vita interiore: dove abbiamo lasciato il nostro cuore?
Comprendiamo la nostra libertà come il diritto a manifestare le emozioni e i pensieri che ci attraversano.
Se qualcosa, o qualcuno, ci impedisce quella manifestazione, sorge in noi una frustrazione: il sacro diritto a manifestarci non può essere leso, da esso dipende la sostanza del nostro essere.
Noi siamo pensiero ed emozione e se essi non possono divenire atto manifesto, essi non sono, e noi non siamo con essi.
Così la vita interiore deve divenire comunicazione esteriore, altrimenti non è, e il soggetto implode.
I doveri interiori del monaco: 1, il dovere di capire
1. È tuo dovere cercare di capire fino in fondo
2. È tuo dovere ascoltare non solo ciò che ti gratifica ma anche ciò che ti colpisce perché se !a freccia giunge al tuo cuore ciò accade perché l’hai dove non dovevi
18. Se sei qui per imparare come dici, figlio Mio, sforzati di farlo
20. Se sei qui per comprendere approfitta delle possibilità che ti vengono offerte
Discussione sulla natura dell’identità
Riporto due commenti al post del Cerchio Ifior La vera spiritualità è quella che tutto comprende perché a partire da essi voglio poi sviluppare una riflessione e, se possibile, una discussione.
Samuele: Mi interrogo questi giorni sul nostro approccio verso l’io (o meglio su come l’ho capita io).
Ingombrante, illusorio, obnubilante, ecc.
La reale natura contemplativa degli intensivi che forse vi sfugge
Le persone che frequentano gli intensivi, soprattutto se non sono assidue, corrono il rischio di non comprendere e non assaporare la reale natura contemplativa di essi.
Queste persone, ma non solo esse, incorrono in un errore di fondo: considerare il momento delle sessioni come il centro di ogni giornata.
È un errore grave: le sessioni sono un momento tra i tanti, sicuramente tra tutti, secondo il mio personale punto di vista, quello meno contemplativo.
D’altra parte, non è quella la loro funzione: una sessione, dopo i canti iniziali dei quali parlerò in seguito, è essenzialmente un momento formativo, il tempo in cui la persona lavora degli aspetti di sé per conoscerli, trasformarli e infine abbandonarli.
Il Maestro, la sua relazione con l’Assoluto, la compassione
Con il termine Maestro mi riferisco a quella figura storica, Gesù di Nazareth, attraverso la quale ha preso forma un insegnamento e una prassi di vita originati dall’ampiezza del sentire conseguito dalla coscienza che l’ha generato.
Con il termine Assoluto mi riferisco a quel Padre con cui Gesù si sentiva unito.
La compassione di cui parlo, è la pratica d’amore che da quella unione con l’Assoluto deriva.