La via della compassione e il bisogno di un Dio da pregare

Dice Roberta G.: Le parole di Teresa, pur dolci e poetiche, non trovano piena rispondenza in me, qualcosa mi “stona”. Mi sembra che Teresa percorra la via della Devozione e che io sia su una diversa strada…una strada in cui non si nomina neanche Dio, o il Signore…  Mi è venuta in mente la conclusione della  poesia di Moti, alla quale mi sento vicina: ” …La tua vita avrà un senso, figlio mio, quando non avrai più bisogno di un Dio per dare credibilità e senso alla tua via.” Mi chiedo, anche, da dove nasce in me, e  in ognuno di noi, questo diverso sentire.
Il Sentiero non è una via devozionale e questo è evidente: in esso confluiscono persone che non hanno nell’affetto e nella devozione la loro personale focalizzazione.
Il Sentiero non è neppure una via concettuale: è una via fondata sulla compassione e generata da essa.
La devozione ha bisogno di un oggetto, almeno fino a quando non è divenuta pura gratuità.

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Quando comprenderemo che la fiducia è la chiave di volta

Quando comprenderemo che la fiducia è la chiave di volta, allora vedremo con altri occhi le nostre vite, quelle dei nostri partner, dei nostri figli, quelle dei popoli e dell’intero pianeta.
Viviamo vite inutilmente angosciate dalle visioni limitate che sorgono nelle nostre menti e siamo incapaci di cogliere il disegno che genera ed attraversa gli avvenimenti ed i processi personali e sociali.
Siccome non esiste una vita preordinata, ma bensì la creazione di essa attimo dopo attimo, la fiducia diviene la chiave di volta di ogni possibilità e di ogni cambiamento.
Non esistendo un destino, è la disposizione di adesso che genera i fatti: se adesso sono oscurato dalla paura, dalla diffidenza, dalla reticenza, dall’opportunismo, dall’ignoranza, dopo cosa mi aspetta? Il frutto di ciò che ho seminato.

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I sette simbolici passaggi da illusione/morte a vita

Oggi è il sabato di Pasqua, il giorno dell’ammutolire.
Il Maestro è morto, i discepoli dispersi. Ciò che è stato sembra perduto.
Il sabato è il sesto di sette passaggi simbolici:
1- la conoscenza;
2- la consapevolezza;
3- la comprensione;
4- l’andare oltre sé, lo spogliarsi di sé e la scoperta dell’altro (giovedì);
5- la fine dell’identificazione (venerdì);
6- il deserto della mente/identità (sabato);
7- la manifestazione delle vita unitaria (domenica).

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Noi risorgiamo dal buio dell’ignoranza alla luce della comprensione

Di cosa parla la morte di Gesù figlio di Giuseppe?
Di una vita realizzata ed offerta.
Non è stato il primo, né l’ultimo tra i tanti che hanno offerto agli altri non solo la propria esistenza, ma anche la propria morte.
Quanti sono morti in virtù del compreso e delle loro azioni e quel loro morire è stato un condursi fino in fondo mettendo vita e morte nelle mani del loro prossimo affinché il messaggio fosse completo?
Chi vive comprendendo consapevolmente, non vive mai per sé.
Chi comprende non distingue tra vita e morte, non li considera opposti: un solo respiro lega i due, si muore come si è vissuti.

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L’operare gratuito, l’amore che non ci appartiene

“Invece se pur restando nel mondo, nella famiglia,
pur lavorando, compirà le sue azioni anonime,
insignificanti, dedicandole a Te;
se amerà e servirà di più i suoi cari
donando a Te quella vita apparentemente inutile;
se cercherà di pulire, abbellire, facilitare
la vita degli altri per amore a Te, o Signore,
allora sì che Ti mostrerai.”
(L’intero testo alla fine del post)

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L’essere pronti, la meditazione, l’errore e il giusto relativo

Se il coniglio si fermasse a chiedersi perché l’aquila
che sta volteggiando sopra di lui lo spaventa,
la sua vita sarebbe lunga come un 
battito d’ali.
Se l’uomo si fermasse a chiedersi perché sta piangendo o sta ridendo,
fermerebbe le sue lacrime o interromperebbe la propria risata
e avrebbe perso l’occasione per ridere o piangere fino in fondo.
La struttura dell’esistenza dà al coniglio la paura per arrivare
a non essere più un coniglio
e all’uomo il pianto o il riso per arrivare 
alla fine
del suo essere uomo.

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La vita che mai riconosciamo abbastanza

Qual è questa vita che mai riconosciamo abbastanza? Quella che abbiamo.
Se la riconoscessimo non cercheremmo senza sosta altro e scenderemmo nel ventre di quello che ogni ora ed ogni giorno si presenta.
Se la riconoscessimo porremmo fine al rosario dei lamenti sulle altrui inadeguatezze e ci porremmo il problema di come accoglierle e di come valorizzarle per quello che sono.
Non metto in dubbio che esistano delle limitazioni, in noi come nell’altro, come nelle scene che bussano e chiedono di essere affrontate: esiste qualcosa che non contenga un limite nel divenire?
La questione non è il limite in sé, ma la sua funzione: ciò che viene, ciò che l’altro porta, nella sua limitazione assolve alla principale delle sue funzioni; quale?

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Come avviene una comprensione, un ampliamento del sentire

Supponiamo che uno tra voi, leggendo i giornali, guardando la televisione, parlando con gli altri, scontrandosi e incontrandosi con le altre persone, sappia che esiste, che so io, l’invidia. Il sapere che esiste l’invidia può essere un fatto che non tocca minimamente l’individuo o meglio, lo tocca soltanto a livello di conoscenza: l’individuo in questione sa, conosce, che tra gli esseri umani esiste l’invidia. Ecco, questa è la conoscenza, tanto che l’individuo potrebbe affermare secondo quella successione che prima ho presentato «io conosco l’esistenza dell’invidia».
Però col passare delle esperienze, dei giorni, del tempo, ecco che l’individuo ad un certo punto s’accorge che questa invidia, che sapeva esistere negli altri, esiste in realtà anche in lui stesso, in quanto in certe occasioni si sente invidioso; e s’accorge che questa invidia gli procura un problema di qualche tipo.

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Basti il poco, il semplice, ciò che ogni giorno viene

La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando riuscirai a tendere un filo continuo
che collegherà la tua coscienza e la tua vita.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando non subirai quello che stai vivendo
ma quello che stai vivendo ti servirà come stimolo
per cercare di comprendere quello che veramente vuoi.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando riuscirai a trasformare la sofferenza
in una fonte di comprensione e, quindi, di felicità.

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L’interesse per l’altro, l’amore oltre sé, la gratuità

Fai per l’altro senza aspettarti nulla in cambio;
non dare per ricevere;
sia il tuo interesse per l’altro qualcosa
che da solo basta per la tua felicità;
se davvero lo ami, sii vicino all’altro
qualunque cosa 
pensi o faccia,
perché il vero amore non ha bisogno
di essere corrisposto e,
quando tu ti aspetti di ricevere qualcosa,
allora stai attento a quello che
pensi,
perché già lì potresti trovarti in faccia
al tuo egoismo mascherato d’amore.
Scifo

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