Le basi di un nuovo monachesimo. Quasi un manifesto

  • Al sentire guardiamo e non alla tradizione del monachesimo.
  • Al sentire e non alle religioni.
  • Al sentire affidiamo il nostro procedere, a quella comunione che celebra l’incontro di tutti coloro che vibrano all’unisono con il compreso comune.
  • Sul sentire confidiamo perché ci conduca in seno all’Assoluto.

Il sentire è ciò che costituisce il compreso delle coscienze: un nuovo monachesimo è pensabile solo nell’ottica della comunione dei sentire.

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La necessità della pratica della meditazione e della disconnessione

Una persona della via interiore ha una duplice necessità non derogabile:
– praticare la consapevolezza e la disconnessione dai contenuti mentali ed emotivi dopo che di essi si sia sondata la portata;
– praticare la gratuità della meditazione.
Ho precisato che queste sono necessità non derogabili, cosa significa?
Una via non è semplicemente un cammino di conoscenza e consapevolezza: è un procedere assieme ad altri, è un muoversi all’interno di un processo di unificazione che ha le sue logiche, le sue ecologie, la sua igiene interiore.

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Ciò che di più semplice il Sentiero produce

Negli anni ho visto arrivare persone con maschere gialle ed andarsene con maschere rosse.
Ho visto persone andarsene con le maschere a brandelli e un sorriso che emergeva e altre con un risentimento sulle labbra.
Ho visto gente rimanere ed accettare che la maschera fosse sottoposta all’usura del tempo, strattonata nelle relazioni, colpita e lacerata nel rapporto con i pari e con chi guida.
Ho visto emergere volti da dietro le maschere: vite, paure, speranze e possibilità.

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Tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere

C’è qualcuno che non vive questa tensione, almeno fino a quando l’identità non ha mollato la presa?
Leggo e sento in ambito spirituale fesserie immani sull’accettazione di sé e sul superamento di questa tensione: l’essere divisi è la nostra risorsa, è il processo di combustione che genera i chilowatt di potenza necessari al procedere e alla trasformazione.
Di più: c’è chi è giunto alla fine del suo processo di trasformazione e supera naturalmente il conflitto, e c’è chi del conflitto ha bisogno per procedere.

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Amare non è possedere

Amare non è possedere: l’affermazione, in sé, sembra scontata, tutti crediamo di averla compresa.
Diceva l’altro giorno una ragazza: “Nella crisi che ho con il mio partner, in una pausa che ci siamo concessi per decantare i problemi, ho avuto una storia flash con un uomo, solo sesso. Ora il mio partner mi rimprovera la cosa, ma non sa che l’amore che ho per lui è dedizione, costanza, presenza senza condizione e il sesso con quell’uomo non conta niente”.
Se tutti abbiamo compreso che l’amore non è possesso, perché ci fa così male quando ci troviamo in una situazione come quella descritta da questa ragazza?

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Allinearsi al sentire

Come sapete, l’umano non manifesta nel corso dell’incarnazione il sentire effettivamente conseguito, ma solo una porzione di esso, quella necessaria a sostenere le esperienze che deve affrontare.
Allinearsi al sentire significa essere in connessione con il realmente compreso, con il sentire che costituisce e struttura il corpo della coscienza aldilà delle contingenze della incarnazione corrente.
L’allineamento al sentire è possibile con un basso tasso di identificazione: questa è la prima condizione.

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Il coraggio di creare e la ricerca di senso

Il cammino di liberazione è, ad un certo punto, essenzialmente un processo di de-condizionamento.
Da influenze esterne, sociali, culturali? Interne, derivanti dall’educazione e dalla formazione? Non direi.
Nessuno ci obbliga ad aderire a degli archetipi, se vi aderiamo è perché corrispondono al nostro sentire. Certo, dato un certo sentire, possiamo scegliere se aderire all’archetipo A o B e magari aderiamo ad A perché i nostri colleghi, o i nostri amici vi aderiscono e quindi c’è un condizionamento, ma è marginale.
La realtà è che avendo un sentire di un certo grado, potevamo accedere solo agli archetipi A e B, non anche a C e D.

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Il tentativo di piegare l’altro a sé

Il tentativo di piegare l’altro a sé: le varie forme di seduzione operano questo. Molta parte del sistema educativo e della stessa formazione spirituale e religiosa, manipola l’altro con l’intento di condurlo nel nostro mondo, là dove siamo a nostro agio e riteniamo sia giusto essere per noi e magari anche per l’altro. Perché, di certo, dove siamo noi è giusto essere.
Accade nel rapporto di coppia, nella relazione con i figli: direi che accade sempre fino a quando non abbiamo compreso la sottigliezza del meccanismo, i suoi mille travestimenti, la natura profonda del nostro condizionamento che riverberiamo sull’altro.

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Custodire

Cerco di custodire questa distanza siderale dal mondo e la proteggo non come qualcosa che mi rende diverso, ma come una immensa possibilità di conoscenza, consapevolezza e comprensione.
Nella distanza da me come soggetto/mondo, i fatti che accadono sul palcoscenico del divenire divengono chiari e mostrano la loro natura al sentire.
Non alla mente, al sentire. Tutto parla del sentire dell’umano in continua trasformazione e delle mille forme che assume nell’apparire della rappresentazione.
Leggo e incontro con la gioa di leggere e di incontrare; scrivo con la gioa di offrire senza pretesa di me.

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La vita assorbita nella contemplazione dell’Assoluto

Come nella storia, ciascuno di noi tocca una parte dell’elefante e dice: “L’elefante è questo!”
Nella realtà, nessuno di noi conosce niente altro che particolari, aspetti dell’elefante /Assoluto.
E’ conoscibile l’Assoluto all’umano? Apparentemente no, per la semplice ragione che solo il sentire assoluto conosce se stesso, il sentire relativo conoscerà i gradi che gli sono accessibili data l’ampiezza delle comprensioni conseguite. Ma la questione non è così semplicemente risolvibile.
Il sentire relativo è tale finché non sente l’unione assoluta. Non finché è immerso nel tempo, perché una volta uscito dalla dimensione del divenire e del tempo, quel sentire sarà ancora relativo.

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