Il sabato molti non lavorano, la domenica quasi nessuno. Se non ci sono necessità urgenti, possono essere due giorni di raccoglimento, di gesti misurati e di poche parole.
Di ridotta frequentazione, di tempo per stare in solitudine: osservando, ascoltando, tacendo.
Affrontare la giornata sentendosi compenetrati da un silenzio che ci attraversa e ci pervade: il silenzio di noi, dei nostri bisogni, dei nostri lamenti.
Essenziale
Divenire, essere, senso e scopo
Parto da questa espressione cui fa riferimento Samuele nel suo commento al post Illuminazione e coscienza: Le vite, il vivere dunque è un processo con uno scopo: generare comprensione, ampliamento del sentire, strutturazione del corpo della coscienza.
E’ in chiara contraddizione con quanto affermato nel post La realtà senza senso. Come mai?
Due sono i punti di vista da cui si può osservare e comprendere la realtà: il punto di vista del divenire e quello dell’essere.
Fenomenologia dell’intuizione
Definiamo intuizione il processo secondo il quale un contenuto della coscienza affiora alla consapevolezza e viene espresso attraverso il corpo mentale, il corpo emotivo e quello fisico.
Non dunque un contenuto della sfera conscia riguarda l’intuizione, ma uno di quella inconscia, ovvero che non è sotto il dominio della mente e di suoi strumenti.
Non dal serbatoio della memoria e del sapere sorgono i contenuti dell’intuizione, ma dal mare del sentire di coscienza.
Illuminazione e coscienza
Dice Luciana commentando il post La realtà senza senso: Coloro che hanno sperimentato quella che viene chiamata “illuminazione” (Eckart Tolle e simili) risiedono in quell’essere, nel “semplicemente accade”? Se è così il dubbio svanisce, la serenità che emanano fuga ogni perplessità.
E a proposito dell’ultima frase “è possibile andare oltre senza avere forgiato gli strumenti adeguati?” Mi viene da pensare che finché non si sono formati corpi adeguati l’attraversamento non sia possibile, sbaglio?
L’umano ama le fiere ed il circo e per attrarre la sua attenzione ciò che accade deve essere eclatante.
La realtà senza senso
Passano gli anni come le immagini del paesaggio viste da un finestrino di un treno in corsa.
Nulla di quello che scorre puoi trattenere: alla fine del viaggio, se non sei stato consapevole, se non ti sei lasciato modellare da quello che accadeva in te e nel piccolo ambiente attorno a te, cosa ti rimane?
Scorrono senza sosta i pensieri e le emozioni e il seguirli ci svuota; si ripetono le azioni e le esperienze e la routine ci consuma.
Vuoto di senso è il vivere.
Ci diciamo che vivere è imparare: si, certo, fino ad un certo punto è così, ma poi? Cosa c’è oltre l’imparare?
Le mancanze che aiutano
Le mancanze nostre aiutano l’altro, quelle dell’altro aiutano noi. Attraverso la privazione si mostra, si svela il nostro bisogno.
Se l’altro è scorrevole e sempre pronto, non riusciremo a capire, a sapere, a comprendere che cosa veramente ci necessita, cosa è importante e necessario e cosa no.
L’assenza, il limite, la mancanza dell’altro fanno emergere il nostra lamento, a volte il nostro grido di bisognosi e mentre questo accade abbiamo la possibilità di divenire consapevoli di quella nostra modalità e inclinazione, di lavorarla e disconnetterla.
La natura della fiducia
Nel commento al post La pace dopo il cambiamento, Sandra si preoccupa di mitigare la mia tendenza a porre l’accento sugli aspetti più scarni del cammino: fa bene. Come vedete, quasi mai sottolineo le gratificazioni della via perché, semplicemente, non ritengo che questo sia un mio compito: se siete in cammino, sapete che questo è un processo con i giorni di sole e quelli di pioggia, dove l’esperienza del sole è protetta dalla giusta riservatezza e quella della pioggia è utilizzata per discernere il cammino una volta che la si è compresa.
La pace dopo il cambiamento
Una via interiore è colei che ci accompagna, ma anche colei che ci toglie la pace delle pantofole.
Quando pensiamo di aver compreso, veniamo scalzati e rimessi in discussione.
E’ un cambiamento senza fine: i giorni si portano appresso un processo di svelamento continuo che quasi sempre è attivato dalla presenza dell’altro, ma anche dall’affiorare, per via intuitiva, di frammenti di comprensione.
Squarci di realtà, e della nostra realtà, affiorano nella opacità di tanto nostro procedere.
Coltiviamo l’illusione senza sosta
La domanda che ad ogni scena del nostro film personale e quotidiano dovrebbe accompagnarci è: ciò che penso, ciò che mi muove, ciò che attuo aderisce alla realtà dei fatti, o all’illusione che permea la mia mente?
Siamo immersi nell’illusione, nell’immaginazione, nella proiezione: gran parte della nostra vita è spesa nell’identificazione con ciò che non è reale, non ha sostanza, è pura creazione mentale.
La mente non produce realtà, produce l’immagine personale della realtà: solo andando oltre la mente si entra nel regno della realtà, di ciò che è, non di ciò che vorremmo, di ciò che ci sembra e ci appare.
La preghiera: affinché ciascuno sia pronto
Quando nel sentire sorge una preghiera, questa non è per chiedere: è una speranza e un augurio che noi, o quella persona, si sia in grado di cogliere appieno la possibilità che la vita offre in quel momento, in quel passaggio esistenziale.
Potremmo chiedere all’Assoluto qualcosa che già non ci ha dato?
Abbiamo bisogno di pace? Davvero crediamo che non ci siano date le condizioni per la pace?