Tutto ciò che a noi appare così consistente e reale, si svela alla consapevolezza profonda non solo come effimero e illusorio, ma è compreso come non-reale e inesistente.
Non l’io, non il noi, non il tutto esiste.
Essenziale
La vita come rappresentazione
Brani dal libro L’essenziale (1)
Francesca: Cosa intendi dicendo che la vita è rappresentazione?
Roberto: Intendo dire che la rappresentazione è il processo che genera la realtà che noi percepiamo e viviamo
Che cos’è una pratica nell’ottica del Sentiero
Definiamo pratica il movimento autentico, lo yoga, il tai chi, il do in, il canto, la pittura, la danza quando abbiano assunto una forma strutturata.
In sé queste pratiche hanno la loro funzione nei processi che portano la persona alla conoscenza, alla consapevolezza, alla comprensione.
La fine dell’identificazione
E’ la fine dell’identificazione limitata e parziale che apre tutte le porte.
Quando l’uomo non vive più la focalizzazione su di un punto, un aspetto, ma è simultaneamente aperto
Lo sguardo equanime
Nei giorni scorsi mi sono trovata nell’orbita di una persona impietosamente ingabbiata nell’individualismo.
Impigliata in una descrizione identitaria prepotente, schiacciante, aggrappata alle cose, arida, sfiduciata, fragilissima, ciecamente opportunista.
Cerchio Firenze 77, La solitudine profonda, un passaggio ineludibile
Sì, l’uomo ha bisogno di illudersi, di perseguire uno scopo, di raggiungere una meta: e sempre questa meta è egoistica, sempre conduce ad un interesse personale.
L’illusione dello spirituale e la semplice realtà della vita
In ambito spirituale ed esistenziale nulla di ciò che apparteneva al mio immaginario di ricercatore è divenuto realtà.
Non saprei nemmeno di cosa fosse pieno quell’immaginario, c’era solo una tensione a divenire altro e quella spirituale mi sembrava la strada che in quella alterità mi potesse condurre.
Nella solitudine
Il cammino incontro a se stessi, costantemente provocato e indotto dalla presenza dell’altro, avviene nell’esperienza della solitudine.
Perché interpretare sé ed il proprio cammino esistenziale attenua il dolore?
Questa è la domanda di Alessandro nel commento al post di ieri.
Se io mi interpreto come vittima, uso cioè nella mia vita il modello interpretativo comune dove c’è il carnefice e la vittima, il giusto e l’ingiusto, il bene e il male, di fronte alle ingiustizie che mi sembra di subire reagirò con la protesta, la rabbia, il risentimento.
Il sentire che parla al sentire
Nascosti dietro il velo dei pensieri, delle idee, delle interpretazioni, dietro tutto quello che affermiamo essere noi, non vediamo l’evidente e l’essenziale.