Perché interpretare sé ed il proprio cammino esistenziale attenua il dolore?

Questa è la domanda di Alessandro nel commento al post di ieri.
Se io mi interpreto come vittima, uso cioè nella mia vita il modello interpretativo comune dove c’è il carnefice e la vittima, il giusto e l’ingiusto, il bene e il male, di fronte alle ingiustizie che mi sembra di subire reagirò con la protesta, la rabbia, il risentimento. 

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Il sentire che parla al sentire

Nascosti dietro il velo dei pensieri, delle idee, delle interpretazioni, dietro tutto quello che affermiamo essere noi, non vediamo l’evidente e l’essenziale.

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Il bisogno di tacere

Se guardassimo attentamente nel nostro intimo scopriremmo quanto è grande il bisogno di tacere, di abbassare gli occhi per non essere travolti dal fiume di stimoli, di immagini, di sensazioni ed emozioni.

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Dimenticarsi di sé

Quando esci dalla stazione di Cadorna, salendo le scale sulla sinistra c’è una rientranza dalla quale viene un intenso odore di orina.
Quel’odore è la chiave: parla di vita, di attese, di giocattoli in vendita, di precarietà.

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Nel vuoto

Affronto un tema difficile..
Fino a quando continueremo a ricercare esperienze, a sperimentare emozioni, a interrogarci sulla realtà, su noi, sulla vita?

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Come un frutto maturo

giornate di pioggia questa settimana.
giornata di riflessione con buone letture dal cerchio firenze 77.
alcune conferme.
alcune risposte a quesiti antichi.

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Il quietarsi della ricerca

Tutto l’assoluto che ho cercato l’ho trovato negli occhi miei e negli occhi tuoi.
Nei miei, attraverso i tuoi.