La parola, il gesto che sorgono dal silenzio

Sorgere dal silenzio, da un’assenza di sé, da una non necessità di esserci.
Qualcosa sorge non con il fine di dire, affermare, dimostrare, ma perché è attivata da una domanda.
Nell’acqua calma del lago, un’onda sorge perché qualcuno vi ha lanciato un sasso.
L’acqua non aveva alcun bisogno di creare l’onda, non le mancava l’onda.

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Il necessario a ciascuno

Matteo 6:25 «Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? 26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? 27 E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita?

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Tommaso Cestrone

Condotti dal sentire, un esempio

aperturaI suoi sono gesti senza apparente grandezza. Chiude le serrande per non far penetrare il freddo della notte.
Le accosta per riparare gli ultimi affreschi non deturpati dal tempo e dall’incuria. Le riapre perché la luce del giorno possa entrare nei corridoi lunghi e spogli di mobili. Spazza il pavimento. Lo ha sempre fatto.

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premio

Alla fine verremo premiati?

Se avete tempo, leggete questo commento al vangelo del primo novembre (la comunione dei santi) di Enzo Bianchi.
Enzo analizza Mt 5,1-12a, le “beatitudini”, e dice cose importanti. Mi colpisce questo passo:

Nessuno dunque pensi alla beatitudine come a una gioia esente da prove e sofferenze, a uno “stare bene” mondano. No, la si deve comprendere come la possibilità di sperimentare che ciò che si è e si vive ha senso, fornisce una “convinzione”, dà una ragione per cui vale la pena vivere (corsivo mio). E certo questa felicità la si misura alla fine del percorso, della sequela, perché durante il cammino è presente, ma a volte può essere contraddetta dalle prove, dalle sofferenze, dalla passione.

Condivido con Enzo la convinzione che il procedere umano apre orizzonti di libertà interiore i cui frutti si coglieranno appieno quando il processo sarà maturo ed al suo culmine.

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Limitare l’uso delle parole e dei segni

Nel minuscolo teatro quotidiano personale, rappresentiamo il nostro esserci con una profusione di parole, di segni e di simboli.
Bisognosi di sentirci vivi, calchiamo il piccolo palcoscenico senza curarci, spesso, né della qualità, né della quantità del rappresentato.
Un passo indietro ci farebbe bene: un silenzio in più, un segno in meno ci permetterebbero un maggiore contatto con il nostro interiore, con il sentire e ci permetterebbero di compenetrare più a fondo l’accadere.

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La cura di ciò che si ha

Non dovremmo attendere di perdere ciò che abbiamo per apprezzarlo.
Non dovemmo dover dire: “Se avessi fatto!”, “Se fossi stato!”.
Tutti noi abbiamo tante cose, ma quelle che interiormente contano sono poche: alcuni affetti, alcune presenze, alcune possibilità.
Tutte richiedono una piccola cura, una attenzione discreta, uno sguardo leggero.
Una presenza consapevole.

Vandana Shiva, il futuro del pianeta, dell’agricoltura, del cibo

Durante l’ultimo mezzo secolo, i sistemi agricoli e alimentari si sono persi per strada, nel buio e nella nebbia creati dalle multinazionali che hanno inventato prodotti chimici destinati alle guerre facendoci credere, attraverso i miti e la propaganda finanziata da loro stesse, che veleni e sostanze chimiche di sintesi sono necessari per nutrire il mondo. Così l’industria ha cercato di garantirsi nuove fonti di profitto anche a guerra terminata. Per le persone e per il pianeta i costi sono stati tragicamente alti. Abbiamo perso il 75% della biodiversità, il suolo, l’acqua e la terra sono stati distrutti, il clima destabilizzato, gli agricoltori sradicati, e invece di nutrire il mondo, il sistema alimentare industriale è diventato la principale causa di malattie e di problemi di salute. […]
Continua a leggere l’articolo sull’Huffington Post.

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Doghen, Jinzu (4) Il libero, straordinario agire

Eihei Doghen Zenji
SHOBOGHENZO

L’AUTONOMO E LIBERO OPERARE ()
(Quale è il senso del vivere ?)

Introduzione e trasposizione, Watanabe Koho Roshi

DAI I Zenji (4) è, nella linea di discendenza tradizionale diretta, di maestro in discepolo, il trentasettesimo a partire da Shakyamuni, e fu il discepolo di HYAKU JO Zenji (5), il maestro che in Cina per primo stabili delle regole per la convivenza fra monaci. Sono moltissime in Cina le persone che da allora fino ai giorni nostri hanno attinto all’insegnamento di Dai i Zenji, fra coloro che hanno assimilato la via di Budda come propria norma di vita e che hanno espresso in termini di insegnamento quel veritiero modo di essere.

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semplici fatti

L’amore per i semplici fatti

Un fatto piccolo non è un fatto banale, il vuoto chiacchiericcio nella mente, o tra le menti: è un fatto considerato nel suo essere, isolato dal contesto, non giudicato, non caricato di aspettative, osservato, ascoltato, accolto per quel che è.
In questa ottica tutti i fatti, anche quelli giudicati dalla mente come grandi, divengono semplici fatti.
Se il fatto non è qualificato e caricato dei nostri bisogni, mostra quel che: l’osservatore, libero da sé, dall’ingombro di sé, vive un incontro che sempre lo stupisce e lo riempie di meraviglia.
Cerchiamo l’eclatante, il forte e l’intenso nell’eccitazione della mente e dell’emozione, avviando così una ricerca senza fine perché quello che oggi ci eccita, domani è già banale.
Basterebbe che aprissimo gli occhi sui piccoli accadere liberi dal giudizio e dall’aspettativa e verremmo attraversati da una meraviglia che non sfiorisce.

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