piccolo quotidiano

Il piccolo quotidiano (2)

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Soggetto: Normalmente il modo di vivere dell’uomo si articola e si struttura in base a delle scommesse e ad una perdurante eccitazione, ed è questo che poi lo porta a vivere in un continuo sballottamento. Quindi l’uomo vive lo sballottamento finché si ostina ad inserire nel quotidiano delle scommesse per poi scoprire che alcune non vanno in porto e che altre esauriscono in fretta la loro carica; ed allora dall’eccitazione l’uomo passa alla delusione in un continuo su e giù. Voi tutti vi esaltate e vi deprimete – su e giù, su e giù – eppure state già vivendo in modo diverso da quello di cui siete consapevoli, e cioè state già vivendo un processo di disconnessione interiore.

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Doghen, Jinzu (3), Dimentichi di sé

Eihei Doghen Zenji
SHOBOGHENZO

L’AUTONOMO E LIBERO OPERARE ()
(Quale è il senso del vivere ?)

Introduzione e trasposizione
Watanabe Koho Roshi

In un antico testo religioso è scritto quanto segue. I veri uomini della via che hanno preceduto nel tempo Shakyamuni vengono indicati come suoi discepoli, e portano in offerta a Shakyamuni la veste monacale, ed eretto un monumento in suo onore celebrano una cerimonia per lui. In quell’occasione Shakyamuni disse che era straordinario l’operare senza limiti che oltrepassa i confini del tempo e dello spazio dei veri uomini della via (3).
Ciò che questo testo sacro vuol indicare, è che i veri uomini della via, del passato, del presente, del futuro, tutti senza eccezione agiscono e praticano lo straordinario operare senza limiti, come fondamento del proprio vivere. Che cosa è l’operare senza limiti, cosa mai facendo si opera in modo straordinario? Dimentichi di ciò che si sa, lasciando stare la propria conoscenza (non fissandosi ad essa) agire in modo da far risplendere, brillare di luce propria ogni cosa che io ora incontro, nei termini propri dell’ineludibile realtà di quella cosa stessa.

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quotidiano 1

Il piccolo quotidiano ed il tempo che bussa (1)

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Soggetto: Cominciamo a parlare del quotidiano, ma in termini diversi. La via della Conoscenza vi dice che ciò che potete vivere è il quotidiano nel suo essere piccolo, cioè routinario negli atti. Per intenderci, è tutto quello che voi subite del quotidiano, in quanto preferite impossessarvi di tutte le vostre “importanti” scommesse, che poi vi costituiscono così tanto da farvi credere che siano esse stesse il quotidiano: quello a vostra disposizione, cioè reso vostro. E quindi non fate altro che svicolare dal quotidiano, perché lo scommettersi entra anche nei rapporti con voi stessi, nelle relazioni familiari, nel rapporto con il lavoro e nel rapporto con l’alterità. E nemmeno vi accorgete che state affrontando anche la via della Conoscenza in questo modo, cioè giocandovi la vostra partita intensamente, come una scommessa.

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Il quotidiano, tema dei gruppi e degli intensivi del Sentiero

Settembre 2015 – giugno 2016, tema di fondo dei due gruppi “L’essenziale” e degli “intensivi”: il quotidiano.
Il tema di ogni mese viene affrontato nei due gruppi e approfondito negli intensivi.
Ogni incontro dei gruppi e ogni sessione degli intensivi alternano esperienze ed analisi: ciò che viene affermato, viene anche sperimentato nella stasi e nel movimento, in un processo continuo.

Settembre 2015
Lo spazio tra parola e parola; tra parola ed emozione; tra parola-emozione-azione.

Ottobre 2015
I fatti sfilano. Tutto è fatto e tutto sfila.

Novembre 2015
La ricerca dell’eclatante, la banalità del quotidiano.

Dicembre 2015
Banalità è un’etichetta della mente. Come etichetta, cosa cerca, cosa è importante per la mente.

Gennaio 2016
Tutto naufraga sotto i colpi della routine, anche i rapporti, innanzitutto i rapporti.

Febbraio 2016
Grande – piccolo; importante – irrilevante; degno – indegno.

Marzo 2016
L’attendere.

Aprile 2016
Lo sperare, il desiderare, il divenire artefici oltre speranza e desiderio guidati dalla sola fiducia.

Maggio 2016
Chi conduce chi. La fiducia e l’abbandono come radici e compimento del vivere.

Giugno 2016
Tutto scorre. Tutto è.

Doghen, Jinzu (2), L’agire attimo per attimo

Eihei Doghen Zenji
SHOBOGHENZO

L’AUTONOMO E LIBERO OPERARE (JINZU)
(Quale è il senso del vivere quotidiano?)

Introduzione e trasposizione
Watanabe Koho Roshi

Questo diretto e libero modo di essere, è il modo di funzionare per cui l’occhio riflette un particolare oggetto così come è senza inserire la minima alterazione e l’orecchio recepisce il suono pulito cosi com’è; e ancora, il naso, la lingua, il corpo, la mente, cioè gli organi di senso (che possono essere classificati in sei ambiti) gli strumenti della conoscenza, tutti uno per uno, sono messi in opera e fatti risplendere vivacemente per quello che sono.
Ed inoltre, è anche possibile vedere l’opera della forza vitale che, unica, presiede e controlla quei sei. Ed inoltre, non ci si fissa con pervicacia alle proprie vedute e si può quindi far operare l’illimitato modo di lavorare che fa risplendere al massimo ogni cosa proprio perché è quella cosa.

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Agire nel non agire

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Soggetto: Ognuno di voi è qui perché – comunque – ritiene di averne fatta di strada da quando ha cominciato a risvegliarsi al cammino interiore; anche se poi vi dite che di strada ne dovete fare ancora molta. E per incontrare che cosa? Che cosa volete incontrare, facendo altra strada, o passo dopo passo, o salto dopo salto?

Un partecipante: La parte nascosta di me stesso.

Soggetto: Andando dentro te stesso attraverso la via della Conoscenza tu incontri sistematicamente un’assenza; se incontri una presenza non sei dentro la via della Conoscenza, ma dentro una qualsiasi altra strada che parla di evoluzione, cioè di un qualcosa che ti appartiene e che migliora; ma in quel caso ci sei sempre tu e c’è sempre ciò che riguarda te, e così mai incontri tutto ciò che non è tuo.

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Doghen, Jinzu (1), L’autonomo e libero operare

Eihei Doghen Zenji
SHOBOGHENZO JINZU

L’AUTONOMO E LIBERO OPERARE (JINZU)
(Quale è il senso del vivere quotidiano?)

Introduzione e trasposizione
Watanabe Koho Roshi

La realtà fondamentale che è lo scopo, il significato vero per coloro che mettono in pratica il perseguimento della via di Budda, vale a dire l’autonomo e libero operare, non è la ristagnante ripetitività di gesti della vita di ogni giorno come bere il thè, mangiare i pasti. non è procedere per forza dell’abitudine e di inerzia, bensì agire vivacemente con freschezza.
Quello che a prima vista sono le azioni ed i comportamenti estremamente usuali della vita quotidiana, è l’operare straordinario, l’autonomo e libero lavoro, lo sconfinato funzionamento. Perciò, colui che con sincerità mette davvero in pratica il perseguimento della via di Budda. dedica fino in fondo con impegno tutta la propria energia e capacità a mettere in opera ogni cosa, ogni accadimento, uno per uno, che incontra momento per momento, situazione per situazione, nell’arco di tutta la propria vita di ogni giorno, uniformandosi alla necessità che è suggerita da quella particolare realtà: allora, proprio lì, si sviluppa e si svolge il modo di vivere libero ed autonomo, che non è limitato da alcuna restrizione. (1)

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silenzio

Periodo di silenzio

Rispetteremo un periodo di silenzio.

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limiti

Nel Sentiero, mettiamo in evidenza solo il negativo dell’umano?

Scrive un’amica: “Mi sembra che sempre più questo cammino sia caratterizzato da quegli aspetti e parole della vita più “desertici” (disarmonia, dolore, sofferenza, eccessi, errori, distanza, freddezza a volte, fatica, incomprensioni….), come se gli aspetti più gioiosi, pacificanti, frizzanti, divertenti e perché no, anche premiativi dell’esistenza, siano marginali e comunque di nessun valore educativo ed evolutivo”.
E’ un’osservazione importante, che certamente coglie un aspetto del nostro procedere.
Perché parlo, in prevalenza, degli aspetti più difficili, più duri, più scarni dell’esistenza? Perché il limite è il centro della nostra elaborazione?
Perché il limite è ciò che appesantisce le vite delle persone ed è la porta per la libertà.
Perché il limite attiva il processo della conoscenza, della consapevolezza, della comprensione.
Non c’è consolazione nel nostro cammino? In effetti ce n’è poca. Perché?
Perché se possiamo dare, e sottolineo il se, un contributo al cammino di conoscenza, emancipazione e liberazione delle persone, lo possiamo fare a partire da ciò che nella loro vita rappresenta un ostacolo; di conseguenza parliamo degli ostacoli e delle potenzialità di cui essi sono portatori.
La visione del Sentiero è, nella sua radicalità, piuttosto semplice: la libertà si trova nel quotidiano attraverso l’esperienza delle nostre limitazioni.
Non servono dunque a niente gli stati di armonia, di gioa, di pacificazione?
Non servono per una ragione molto semplice: non hanno una funzione di servizio, ma di strutturazione; per loro natura testimoniano una trasformazione avvenuta, realizzano una piattaforma di sentire a partire dalla quale si attiveranno nuovi processi messi in atto dal limite che ci pungola.
Hanno importanza gli aspetti premiativi, le gratificazioni? Certamente, tutti lo sappiamo, tutti sperimentiamo il loro valore di supporto, di consolazione, di incoraggiamento.
L’autore dei post del Sentiero, vede le difficoltà e il disorientamento delle persone;
non è interessato a parlare di sé, della propria libertà dal condizionamento;
è mosso da una compassione profonda per il cammino esistenziale delle persone e cerca, per come gli è dato, di essere loro d’aiuto.
Invece di aiutarle, le deprime perché mostra un mondo fatto di limiti, di cadute, di difficoltà, di deserto?
Può darsi che questo accada, ma mi permetto una domanda:
perché il lettore non coglie la compassione che attraversa tutto il nostro dire e il nostro operare?
Perché non sappiamo esprimerla e, forse, perché non permea sufficientemente la nostra vita e i nostri scritti? Può darsi che sia cosi.
Può anche darsi che il lettore risuoni su quella che in effetti è la sua condizione e viva un moto di rifiuto per noi che è simbolo del rifiuto per sé.
Forse non vede la compassione e l’amore senza condizione che il nostro scrivere porta, perché il riverbero di un proprio disagio provocato dal nostro scrivere, lo focalizza sulla propria difficoltà, sul proprio compito, su ciò che l’attende nella sfera esistenziale. Può darsi anche questo.
Vi chiedo: se uno scritto non serve a mettervi a nudo, a confrontarvi con voi stessi, a cosa serve? Forse penserete che dovrei equilibrare portando contenuti positivi, esperienze di edificazione, esempi e metafore che sostengano in positivo il vostro cammino quotidiano. Ne è pieno il web; ne sono pieni i libri; ne traboccano gli insegnamenti dei “maestri”, non vi manca il materiale, credo.
Mi interesso al letame umano e ve lo propongo come la via alla libertà: questo mi riesce, altro mi rimane difficile.
Per parlare dell’armonia, della gioa, della meraviglia, della vita pregna di senso dovrei scoprirmi, dovrei parlare di me, del mio vivere che quello è.
Non lo farò. Né citerò altri che quello hanno vissuto, perché avendo una sorgente interiore non si capisce perché dovrei andare a prendere l’acqua da un’altra parte.
Concludo dicendo: a mio parere le persone hanno bisogno di trovare nel limite che sperimentano, una possibilità, non un impedimento.
Di questa possibilità sepolta sotto il letame noi parliamo, spinti dall’amore per l’altro.

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