La coppia 7: la crisi

La crisi è la manifestazione tangibile della non sostenibilità ulteriore di una lettura della realtà personale e di coppia.
Quello che va in crisi è la nostra interpretazione, la nostra lettura dei fatti e dell’altro: se non ci è chiaro questo produrremo solo dolore.
La crisi della coppia è la mia crisi, anche se è innescata dall’altro:
– come mi interpreto,
– come ti interpreto,
– come interpreto il nostro rapporto,
qui va cercata la causa, la dinamica, la soluzione.
C’è qualcosa che non vedo di me, di te, del nostro stare assieme o, se lo vedo, è distorto dalla mia comprensione egocentrica.
La crisi nella coppia rimette dunque in discussione, in modo più o meno profondo, la disposizione interiore dei due e li costringe ad un mutamento e a ricollocarsi su un altro piano e con un’altra modalità.
Vi chiedo: c’è qualcosa di più importante, di più trasformante di una crisi?
Il sentirsi messi in discussione, il doversi analizzare, il dover riflettere sul proprio limite, sulla propria limitata visione non è una delle cose più importanti e produttive interiormente che ci possa accadere?
Perchè abbiamo paura delle crisi? Perchè ci tolgono delle certezze? Quali, quelle di vivere da sepolcri imbiancati facendo finta che sia normale?
La crisi scoperchia il sepolcro e mette a nudo l’ipocrisia: ogni crisi ci rende più autentici, le persone cambiano e migliorano perchè vanno in crisi.
Ogni volta che una nostra certezza, una nostra consolidata e soporifera abitudine viene messa in discussione, una distorsione viene svelata, un limite mostrato dobbiamo imparare a provare gratitudine verso chi l’ha prodotta, verso la situazione che l’ha generata.
La coppia è una grande officina di trasformazione dell’interiore e la crisi dei suoi componenti e delle loro dinamiche è l’elemento che ciclicamente provvede alla pulizia, al rinnovamento, alla rigenerazione, al morire e al rinascere.
La crisi ci ricorda la necessità di abbandonare parti di noi affinché altro emerga, ci mostra il nostro volto cangiante e ci stimola a perseverare nel processo del rinnovarci senza sosta, mai considerando l’acquisito come permanente: come tutto nella vita, la crisi ci insegna l’impermanenza, la responsabilità, il lasciar andare, la disposizione ad abbandonare ogni attaccamento.

Immagine tratta da: http://goo.gl/0kZ361


La coppia 6: il conflitto

Non voglio analizzare le ragioni del conflitto, mi interessa sottolinearne due aspetti:
– l’ineluttabilità;
– la funzione.
Ovunque esista identità, esiste conflitto: avendo l’identità la necessità di definirsi e di sentirsi esistente, nella relazione di coppia si confrontano due di queste necessità e un certo grado di attrito è inevitabile.
Come prende forma, si sviluppa e cosa produce il conflitto?
1- la levata di scudi, l’inalberamento, esperienza ben nota a tutti: di fronte ad una affermazione o ad un comportamento dell’altro si accende uno stimolo ad ergersi/manifestarsi/contrapporsi.
2- l’arroccamento: la costruzione del fortino e la difesa/attacco.
3- il riposizionamento: la rappresentazione delle rispettive istanze identitarie può condurre ad un ridimensionamento delle stesse.
Questo ultimo punto mi interessa: i due, dopo la prova muscolare si ammansiscono e si aprono ciascuno all’istanza dell’altro. Se non si aprono non c’è evoluzione e il conflitto permane divenendo risentimento od altro.
“Si aprono ciascuno all’istanza dell’altro”: vorrei farvi notare che per aprirci all’altro, alle sue ragioni, al suo punto di vista molto spesso dobbiamo passare per il pavoneggiamento della nostra singolare posizione.
Come evitare questo?
– Semplicemente vedendo la prova muscolare che si appresta;
– riconoscendola come manifestazione della propria percezione identitaria;
– dubitandola;
– disconnettendola, lasciandola andare.
Naturalmente questo ha valore all’interno di un rapporto, o di una dinamica identitaria, sani, non distorti patologicamente.
Se i due sanno che il conflitto appartiene alle cose, se sono dotati di un solido legame e di una buona dose di ironia, questa sarà la chiave determinante per detendersi quando gli scudi si alzano: sorridere di sé è la chiave. Quasi sempre.
Per non sviluppare conflitto persistente nelle relazioni è necessaria la consapevolezza piena delle proprie dinamiche egoiche: se si vede in tempo reale ciò che la propria mente aggiunge sul reale, il conflitto non sorge.
Per sviluppare questa consapevolezza è necessario che l’adesione alla propria spinta identitaria sia molto blanda.

Immagine tratta da: http://www.fotoarts.org/FA_immagine.php?id=45273


La coppia 5: l’autonomia

Il ritmo vicinanza/lontananza consolida i due nelle relative autonomie.
E’ vero che la coppia è un organismo con un suo respiro e una sua direzione esistenziale, ma è anche vero che i due sono cammini esistenziali differenti: dalle stesse scene estraggono insegnamenti differenti.
Se la coppia è il campo base, la vita di ciascuno dei due si sviluppa lungo i sentieri che salgono e scendono dal monte, ciascuno per il proprio sentiero, con i propri spazi aperti, le proprie boscaglie, le proprie fiere e le proprie sorgenti.
I due camminano e sperimentano lungo i loro personali sentieri e ritornano al campo base, il loro patto prevede il ritorno alla tenda.
La vita comune, se è sana, sviluppa l’autonomia, la capacità di esporsi e di osare dei suoi membri: l’una invita l’altro, e viceversa, a non sedersi, a non appiattirsi, ad andare incontro alle situazioni che nell’intimo vengono avvertite come importanti.
I due coltivano gli interessi comuni quanto quelli personali, sanno camminare insieme come allontanarsi per le loro, personali, esperienze.
L’allontanamento dal campo base all’inizio produce il dolore della separazione, ma questo è necessario e vitale: l’equilibrio non è una linea continua, è una sinusoide fatta di vicinanza e lontananza, di un venire e di un andare, di un esserci e di un mancare.
Se l’altro c’è sempre come può crescere la propria capacità di affrontare i mille volti del reale? Se viene meno la stampella, si cade?
L’altro non può, non deve esserci sempre: deve avere la sua vita, il suo sentiero e deve, a volte, mancarci affinché noi lo si possa scoprire nella funzione che svolge al nostro fianco; un rapporto è composto di due vite che si incontrano, non è un’entità fusionale.
Nell’intimità del campo base i due sedimentano ed elaborano i vissuti personali, si confermano e confortano a vicenda, lasciano emergere gli angoli più scuri del loro essere e iniziano a lavorarli.
La vita di una persona è una e non si può frammentare tra il dentro e il fuori la coppia, tra casa e lavoro, tra partner e amici: la vita è una perchè tutte le esperienze trasformano il sentire che è la matrice di tutti i fatti vissuti; è questa trasformazione continua che costituisce la persona, le sue relazioni, le sue sfide, il suo esserci.
La persona sperimenta dentro e fuori la coppia, a volte in modi che sembrano contraddittori e, a seconda degli ambienti in cui è collocata, affronta aspetti diversi di sé e del proprio non compreso.

Immagine tratta da: http://www.parks.it/parco.cento.laghi/iti.php


 

La coppia 4: la routine del quotidiano

La grande piallatrice. La convivenza dopo settimane o mesi conduce inevitabilmente all’esperienza della routine.
Per alcuni questa è rassicurante, per altri, i più, deprimente.
La mente/identità, per sua natura, ha bisogno di stimoli: la routine rende ogni aspetto del quotidiano uguale a se stesso.
L’altro che ci vive a fianco inizia a non essere visto più come colui o colei su cui è incernierato il nostro progetto d’esistenza, inizia ad apparire sbiadito nei suoi contorni, parte integrata nell’ambiente domestico incapace di produrre stimoli tali da porlo in rilievo.
Le sue manifestazioni ci appaiono come già note e mentre affiorano le etichettiamo come conosciute, ripetute, insistite, disturbanti.
Un caffè la prima volta è un’esperienza, alla trecentesima un fatto ovvio e non degno di nota; il sesso diventa una pappa riscaldata; la sclerata, una delle tante.
Ogni aspetto del quotidiano si appiattisce e si svuota di senso: noi, l’altro, gli accadimenti tutto sbiadisce e si appiattisce nel mare calmo della non rilevanza.
La routine è una delle più grandi sfide nella vita della coppia e, non di rado, porta a smarrire la consapevolezza delle ragioni stesse dello stare assieme.
In sé, come esperienza, appartiene alla fisiologia dell’identità e viene sperimentata in ogni ambito della vita, non solo nella coppia.
Da dove tre origine? Dal giudizio della mente sui fatti. Ogni fatto del quotidiano è etichettato, parametrato, archiviato: quando quel fatto si ripresenta nelle sue caratteristiche salienti non viene visto e vissuto in sé, ma viene richiamata dall’archivio la sua esperienza e la mente dice: “Lo conosco, già vissuto, non può produrre niente di rilevante!”
Quel giudizio toglie valore all’accadere, lo rende simile a tutti gli altri e crea il film sbiadito della routine.
E’ necessario vedere l’etichetta che la mente appone sui fatti e non abilitare oltre l’operazione; è necessario divenire consapevoli che la vita è fatta di piccoli fatti e se, ad uno ad uno, questi non vengono vissuti, la vita stessa non viene vissuta.
La routine ci svela uno dei meccanismi di fondo dell’identità, il suo proiettarsi nel passato o nel futuro alla ricerca di fattori eccitanti e significanti, rifuggendo dall’accadere del presente che, a priori, viene etichettato come non rilevante, tranne alcune eccezioni.
Questo conduce ad una inquietudine di fondo, alla frustrazione ed alla alienazione dalla propria vita: inizia l’inquieta ricerca dell’eccitante che porterà, il più delle volte, a farsi male.
Se la persona non comprende che la vita accade ora e mai più; che quel fatto è il primo e l’ultimo, l’unico che valga la pena di vivere; che la realtà non è quella contenuta nella mente ma quella che accade e che sollecita i sensi, l’emozione, il pensiero, il sentire proprio adesso: se questo non viene compreso la vita della coppia si immiserisce perchè la vita del singolo diviene vuota, viene da se stesso svuotata.
Non ci sono tecniche ed esercizietti, è necessario aprirsi su un dato evidente quanto banale: la mente con le sue aspettative e le sue pretese vela l’accadere della vita e la rende invisibile al nostro esperire.
Se siamo capaci di vedere il racconto della mente e da esso disconnettiamo l’attenzione, subito affiorerà ciò che è sempre stato lì: l’essere delle cose, dei fatti; il senso che essi portano, la bellezza intrinseca a ciascuno di essi, la pienezza del semplice gesto del respirare.

Immagine tratta da: http://www.torange-it.com/Invoice-and-background/texture/Vernice-sbiadita-su-legno-13965.html


La coppia 1: Le ragioni di un incontro

Iniziamo la pubblicazione di una serie di post sulla vita di coppia.

Sospinti da che cosa i due si incontrano?
Certamente perchè si piacciono: che cosa significa? Che hanno caratteristiche estetiche, temperamentali, culturali compatibili. Sufficientemente compatibili.
L’elenco delle ragioni pratiche, fisiche, psicologiche per cui i due si incontrano potrebbe essere lungo ma a noi non interessa approfondire, la tesi che vogliamo sostenere è un’altra.
I due si incontrano perchè solo sperimentando assieme possono conoscere se stessi e vivere le trasformazioni necessarie al loro sentire.
Nessuno si incontra per fortuna o sfortuna, nessuno incontra la persona non adatta: ciascuno incontra la persona che in modo più efficace le sarà collaboratrice, pungolo, motivo di svelamento e di trasformazione profonda in quella stagione della propria vita.
Anche quando il rapporto che poi si svilupperà sarà faticoso e pieno di conflitti, da quella fatica potrà essere estratto il necessario per il proprio cammino esistenziale.
So che non pochi rapporti sono non solo faticosi ma anche violenti, ed immagino che chi legge, a partire da queste esperienze, muova un’obiezione alla tesi che sostengo. Sarà un tema che affronteremo più avanti e di certo sarà stimolato dagli interventi.
Due persone, sospinte dalla forza dell’innamoramento, o da una affinità esistenziale – ricordo che non tutti si mettono assieme perchè innamorati – decidono di aprire la loro personale ed intima officina.
I mobili che acquistano, la casa, gli abiti, le mutande con quelle particolari caratteristiche, le lampade, le tende alle finestre, i biscotti della colazione, i programmi tv da guardare assieme, l’odore delle lenzuola, le mille abitudini e i mille riti, gli scontri e gli avvicinamenti, il perdersi e il ritrovarsi sono i componenti di questa officina.
I vestiti del giorno e il loro pigiami sono le loro tute: quando i due operai aprono gli occhi al giorno che inizia, aprono anche la porta a vetri della loro officina esistenziale. Quando, a notte più o meno tarda, scivolano nel sonno chiudono anche la porta della loro officina.
La vita di coppia è sviluppo e conoscenza di molteplici processi esistenziali. Messa così può sembrare poco romantica, forse ci piace pensare che la vita assieme sia una formidabile avventura eccitante, gratificante, profondamente fusionale. E’ un sogno che contiene in sé un brusco risveglio.
(Prossimo post: conoscersi)

L’immagine è tratta da: http://goo.gl/qgXJqK


Fare spazio dentro di sé

Semplicemente osservando l’affollamento di emozioni e pensieri.
Basta osservare? No, se c’è identificazione con il contenuto dell’affollamento non succede niente.
E’ necessario aver compreso che le emozioni e i pensieri sono vento che va, non sono né noi, né la nostra esistenza.
Se si ritiene di essere quel pensiero, quello persiste; se ci riscalda quella emozione, quella permane.
Per fare spazio dentro di sé è necessario essere abbastanza stanchi di sé, perlomeno di quel sé che in modo piacevole o spiacevole occupa tutto lo spazio.
E’ facile stancarsi delle proprie pesantezze, ma delle cose piacevoli non ci si stanca e qui cade l’asino: bisogna lasciare andare tutto, senza distinzione.
Lasciar andare significa, osservare, essere consapevoli, non curarsi del vento che va, di ciò che attraversa i corpi dell’essere.
Da questo “non curarsi” sorge lo spazio, silenzi tra parola e parola, emozione ed emozione, azione ed azione.
Silenzi, spazi, stare non condizionato.

L’immagine è tratta da: http://www.panoramio.com/photo/70519925


 

Con passo leggero

Attraversare la realtà dei piccoli fatti quotidiano, degli incontri, delle relazioni come si fosse privi di peso, senza impatto.
Quanto impatta un’emozione forte, un groviglio di pensieri, un’opposizione?
Quanto è lieve e trasparente la persona che con la consistenza di un velo attraversa la realtà e da essa si fa attraversare?
La via del perdere è anche la possibilità, passo dopo passo, di perdere consistenza: si diviene fragili e vulnerabili ma, nel contempo, la consapevolezza di essere solo vita e nulla di distinto da essa apre all’esperienza sconfinata dell’essere.
L’essere non ha né forma né peso, non impatta: è tutta la realtà, non qualcosa di distinto da essa.

Immagine tratta da: http://spaceintext.wordpress.com/2011/page/34/


 

Tornare incessantemente all’essenziale

Che cos’è l’essenziale? Ciò che ora la vita ci presenta privo di giudizio e di aspettativa.
Ciò che viene è riconosciuto come la nostra vita.
La mente sempre tenta di giudicarlo, di confrontarlo con altro e sempre lo lega al desiderio.
Vedere questo gioco, non alimentarlo, disidentificarsi.
Tornare al fatto, a ciò che accade.
Vedere le sensazioni, le emozioni e i pensieri che sorgono e lasciarli andare.
Quel fatto implica sempre un altro da noi, è portato da qualcuno: una persona, un animale, un evento meteorologico.
Ci accorgiamo di questo “altro”? O vediamo solo noi stessi, i nostri giudizi e ciò che ci aspettiamo?
Chi è, che vita ha, cosa sta simbolicamente narrando?
Questo altro ci svela perchè mostra la nostra distrazione, il nostro egocentrismo, la nostra diffidenza..
Torniamo incessantemente a ciò che la vita attimo dopo attimo ci presenta: in quel presente senza tempo comprendiamo chi siamo e veniamo trasformati; lì prende forma il senso del nostro esistere.

L’immagine è tratta da: http://goo.gl/dN9ClK

Imparare a vivere il quotidiano

“Tratta il riso come fossero i tuoi occhi” diceva Dogen al cuoco del monastero zen.
Noi diremmo: “Tratta ogni momento della tua vita come l’unico che hai a disposizione e vivi ogni fatto senza proiettarlo sul futuro e senza radicarlo nel passato”.
Sabato 8 febbraio, nel contesto del gruppo di base del Sentiero, Roberto affronterà i temi dell’imparare a vivere ciò che attimo dopo attimo si presenta alla nostra esperienza scendendo nella profondità di esso e lasciandosi fecondare.
Da questa disposizione interiore rivolta a tutte le cose piccole, minute e insignificanti germoglia il senso del nostro vivere.

All’Eremo dal silenzio, San Costanzo.
Inizio ore 16,20 puntuali.
Conclusione ore 19.

Immagine tratta da: http://goo.gl/JqDZW1