Imparare a vivere il quotidiano

“Tratta il riso come fossero i tuoi occhi” diceva Dogen al cuoco del monastero zen.
Noi diremmo: “Tratta ogni momento della tua vita come l’unico che hai a disposizione e vivi ogni fatto senza proiettarlo sul futuro e senza radicarlo nel passato”.
Sabato 8 febbraio, nel contesto del gruppo di base del Sentiero, Roberto affronterà i temi dell’imparare a vivere ciò che attimo dopo attimo si presenta alla nostra esperienza scendendo nella profondità di esso e lasciandosi fecondare.
Da questa disposizione interiore rivolta a tutte le cose piccole, minute e insignificanti germoglia il senso del nostro vivere.

All’Eremo dal silenzio, San Costanzo.
Inizio ore 16,20 puntuali.
Conclusione ore 19.

Immagine tratta da: http://goo.gl/JqDZW1

Qual’è la natura profonda di una giornata?

Una sequenza di fatti che apre sull’esperienza del “quel che è”.
Una intenzione è un fatto.
Un pensiero è un fatto.
Un’emozione è un fatto.
Un’azione è un fatto.
I fatti non vanno vissuti nella loro conseguenzialità come se fossero uno la prosecuzione dell’altro: vanno vissuti come se non fossero preceduti da niente e non dessero luogo a niente.
Sospesi nel senza tempo perchè non connessi ad altro che al loro accadere.
La consapevolezza di fatti così vissuti conduce la persona nella natura profonda di ogni fatto: ciò che viene vissuto non è positivo o negativo, costruttivo o distruttivo, attraente o repellente,
è semplicemente “quel che è”.
L’esperienza del “quel che è” apre orizzonti di senso difficilmente immaginabili da chi vive dentro la catena dei fatti e degli eventi.


Conversazioni sul quotidiano: la generosità.

Iniziamo la pubblicazione di una serie di conversazioni tra Anna Fata e Roberto Olivieri riguardanti i temi che nel quotidiano si presentano all’esperienza e plasmano l’interiore.

[Anna] Amo osservare, me stessa, gli altri, il mondo. E m’interrogo. E spesso sono più le domande che le risposte, ma non me ne curo, sono e restano capitoli sempre aperti, in lavorazione, cantieri senza fine a cui ogni tanto si aggiunge o si toglie un pezzo.
Stasera tornavamo in auto con mio padre. Un extra comunitario lo aveva aiutato a portare in auto un grosso e pesante scatolone, in cambio lui gli ha lasciato una mancia. Mentre guidava, ad un certo punto, ha rievocato la scena con questo commento: “Se un giorno diventiamo poveri a Quello lassù ricorderò che la mia parte a suo tempo l’ho data e che ora a diritto mi spetta di ricevere”.
Sorridevo, tra me e me, e insieme abbiamo condiviso la risata. Ma l’amarezza di un rapporto commerciale che sembra permeare tutta la nostra esistenza è durata per ore, e ancora me la sento addosso.
Forse sono un’illusa, ma ancora vorrei poter credere che esistano in questo mondo brandelli anche solo estemporanei e accidentali di generosità. Ma il dubbio s’insinua e mi porta a chiedere, in fondo, se ha veramente un senso utilizzare tale espressione.

[Roberto] La mente di tuo padre ha fatto quella considerazione a posteriori ma nel momento in cui dava la mancia quale era la sua intenzione?
Ha dato perché doveva? Per ricevere la divina ricompensa? Oppure ha dato semplicemente perché così gli è venuto da fare?
Non puoi sapere che cosa ha mosso tuo padre, ma puoi sapere che cosa muove te nelle mille occasioni che la vita ti presenta. Il tuo dare è condizionato dal tuo bisogno, dal dovere, da cosa?
Per parte mia ho scoperto che ci sono due livelli che operano in me e lo fanno simultaneamente: c’è un livello di fondo, una grande direttrice che ha dato e dà alla mia vita un’impronta fortemente tesa al bene comune, al bene dell’altro e c’è una sovrapposizione più superficiale che valuta, considera, pondera.
Questa parte più superficiale è quella che mi rende realista nell’andare nel mondo, che mi porta all’apertura, all’offrirmi ma con discernimento.
In questa parte confluiscono anche le resistenze, gli egoismi spiccioli, le paure..

[Anna] Per chiudere il cerchio, se devo andare a vedere, un discorso sulla generosità ha ben poco senso. Chi o cosa s’interroga sul proprio e altrui essere generoso se non l’identità? Chi ha bisogno di sentirsi gratificato da questa bella etichetta di sé o sentirsi accolto dal mondo buono e rassicurante se non l’ego?
E, allora, quando c’è il momento del dare/ricevere – già, perché in ultima analisi sono la stessa cosa, solo che nel solito nostro dualismo li vediamo separati, esattamente con noi stessi e gli altri – non c’è altro se non questa dimensione interiore.
Tutto il resto è frutto della mente: la fantasia del paradiso futuro, il senso di colpa per non avere concesso abbastanza, il ripensamento di buoni propositi per il futuro, e chi più ne ha, più ne metta …

[Roberto] Certamente è l’identità che si interroga ma essa è lo specchio della coscienza e finchè c’è la domanda: “Sono abbastanza generoso?” significa che la coscienza non ha risolto la questione. Quando l’ha risolta non c’è più domanda.
Personalmente credo che finchè c’è vita c’è quella domanda e tutti i giorni e in diverse situazioni mi interroga.
Sarebbe interessante analizzare la questione della generosità non come fatto compiuto ma come processo..

[Anna] Generosità come processo .. mi fa venire in mente per associazione che alla base della generosità ci debba essere una meta, un obiettivo di fondo..

[Roberto] Nel divenire, nelle nostre vite immerse nel tempo tutto è in successione.
La generosità non ha un fine, essa muta di pari passo con le nostre comprensioni.
La condizione dell’egoista è, potenzialmente, la più evolutiva: egli ha un ampio spettro di generosità sul quale addestrarsi..
Noi guardiamo le persone e diciamo:”Quello mi sembra un po’ egoista, quello invece ha una bella generosità!”, dovremmo considerare che entrambi stanno imparando e quindi uscire dalla morsa egoismo/generosità per guardare al processo; in questo modo lasciamo morire il giudizio e ci limitiamo a prendere atto che ognuno opera in relazione al proprio sentire, quindi a ciò che gli è possibile.
Essere generosi non è un merito; essere egoisti non è una colpa, è semplicemente la realtà di sentire differenti.

[Anna] Poi, magari, arriva un giorno in cui non notiamo più tutto ciò, perdiamo d’interesse relativamente a questi aspetti, soprattutto non soppesiamo più né il nostro, né l’altrui dare-prendere, ma iniziamo, semplicemente, a darci ..
A volte ci arriviamo senza tanto dolore, in modo quasi fisiologico, altre volte è la Vita che togliendoci tante possibilità materiali ci conduce a tale nuova dimensione.


Immagine tratta da: http://www.immaginidivertenti.org/tag/donare/

 

Nel quotidiano ancorarsi all’essenziale

Che cosa è essenziale nel quotidiano? Un fatto piuttosto che un altro?
No, l’essenziale è non scegliere tra fatto e fatto compilando così una graduatoria con in cima ciò che riteniamo più importante (fatte salve le situazioni che hanno una scadenza o che coinvolgono altri).
L’essenziale è considerare tutti i fatti importanti, tutti meritevoli della nostra attenzione, consapevolezza, dedizione.
Che cosa vuol dire essere dediti ad un fatto che accade? Significa riconoscerlo come la nostra vita e realizzare che solo nella consapevolezza e nella presenza quel fatto diverrà portatore di senso, di soddisfazione e di realizzazione.
Fino a quando stiliamo graduatorie siamo sempre alla ricerca del fatto eclatante, di quello importante che magari ci cambierà la vita: quando la smettiamo con questo comportamento e apriamo gli occhi su ciò che abbiamo davanti scopriamo che ogni cosa, ogni evento – anche il più irrilevante – è vita che si presenta, ci interroga, ci trasforma e ci libera.
Da cosa ci libera? Da noi stessi, dalla nostra pretesa del rilevante, del significante, del determinante.
Sarà allora una noia mortale non essendoci più qualcosa che ci eccita e ci galvanizza?
Questo è il timore della mente/identità ma la realtà è molto diversa: più usciamo dalle logiche del desiderio più la nostra vita diviene piena di senso e di pace.

L’immagine è tratta da: http://cultura.panorama.it/arte-idee/grafici-mobili-editore-corraini-salone-del-mobile

Senza il tempo, senza una direzione, nella vicinanza

Nella buca delle lettere
un fringuello dormiva
con il capo coperto dall’ala.
A passi lenti
Enni ed io siamo tornati
il silenzio era assoluto.

Questa è la nostra vita qui, all’Eremo dal silenzio: noi sappiamo che per tanti le giornate e le ore non sono facili, mai la consapevolezza di questo ci viene meno.
Il nostro modesto contributo al cambiamento della realtà è vivere secondo ritmi, valori, disposizioni interiori non condizionate dai bisogni del proprio piccolo e limitato orizzonte.
Ora che l’alba è già chiara e prende forma questo primo giorno del nuovo anno, mentre ci prepariamo al lavoro del mattino, un sentimento di vicinanza, un inchino profondo al cammino di ognuno è ciò che possiamo donare.

L’immagine è tratta da: http://alessiodileo.blogspot.it/2009_12_01_archive.html

 

L’ultimo giorno dell’anno nell’eremo

L’ultimo giorno dell’anno
diradi la siepe di olmi
e fai spazio alle querce giovani.
Il freddo pungente del mattino
le foglie su cui cammini
la presenza silenziosa degli uccelli.
Nella mente senza pensieri
scorrono le immagini mute
delle persone amiche
le cui difficoltà conosci.

La foto è di Luciana Bartolini

 

Le scoperte di Celeste, un libro per bambini di Catia Belacchi

Un libro per bambini, un invito rivolto anche agli adulti:
a quei genitori che vogliono scoprire l’importanza della narrazione e delle piccole esperienze quotidiane per la crescita dei propri figli;
a tutti coloro che vogliono passare un’ora con il bambino che è in loro.

La presentazione del libro si terrà presso la biblioteca comunale, Palazzo Cassi, San Costanzo
DOMENICA 15 DICEMBRE ALLE ORE 17

Interverranno:
Margherita Pedinelli, Sindaco del Comune di San Costanzo
Filippo Sorcinelli, Assessore alla cultura e alla pubblica istruzione
Catia Belacchi, autrice del libro

La presentazione è per la zona di San Costanzo, Fano, Marotta, Mondolfo, Pesaro, Senigallia.

Si può ordinare il libro scrivendo a: eremo@contemplazione.it

Periodo di silenzio

Osserveremo un periodo di silenzio.
L’approssimarsi dei quattro intensivi estivi richiede una profonda disposizione interiore, un risiedere nell’essere, una considerevole quantità di energie.
Gli interessati agli intensivi trovano in questa pagina le informazioni necessarie.
Per ogni esigenza ed informazione si può contattare la responsabile della comunità, Francesca comunita@contemplazione.it

Raccogliere l’erba sul viale.

stamattina ho radunato in mucchi l’erba tagliata del viale per portarla via col trattore.
mi succede con i lavori ripetitivi, dove non c’è la necessità di stare concentrati sul pezzo o di stare attenti a non farsi male

continua..