costanza

Conoscenza, costanza, perseveranza

A noi sembra che in questo tempo l’approccio allo spirituale e all’esistenziale avvenga molto spesso, non sempre naturalmente, in maniera prevalentemente affettiva.
Come moto del cuore, direbbe qualcuno. Come adesione fondata sulla simpatia e sull’empatia, aspetti dell’affettivo in noi.
Le meditazioni guidate, le atmosfere, le piccole o grandi ritualità  alimentano e sostengono questo approccio.
E’ un dato di fatto, non abbiamo considerazioni particolari da fare, così è questo tempo.
Ci sono, d’altra parte, orientamenti prevalentemente concettuali e altri eminentemente pratici, fondati sul fare.
Avendo ogni persona la necessità di trovare il proprio modo per incontrare se stessa, non possono che esistere molti e variegati approcci.
Noi abbiamo scelto un approccio che integra l’analisi introspettiva di sé, con lo sviluppo dell’atteggiamento meditativo e contemplativo: l’immanente del conoscere sé, con il trascendente dell’andare oltre sé, sottoponendo ogni passo alla verifica del quotidiano e delle relazioni.
Abbiamo sviluppato la forma dell’accompagnamento, dei gruppi, degli intensivi, della pratica della gratuità per mettere a disposizione un iter formativo che, nel tempo, accompagni il ricercatore.
La costanza e la perseveranza sono le sfide di chi ricerca: la via della conoscenza non è qualcosa che si consuma alla maniera dei beni effimeri, richiede il passo lento del montanaro, il darsi tempo e pazienza; il saper  aspettare, il sapersi rialzare.
Il saper andare in compagnia e da soli e vedere, magari, i propri compagni abbandonare il cammino.
Il ritrovare ogni giorno la motivazione.
Il saper affrontare le fasi di deserto, di svuotamento, di disorientamento.
Infine, il saper mantenere lo sguardo su di sé nonostante l’asino che raglia, nonostante le cadute e la pochezza di sguardo: continuare e continuare ad attingere alla sorgente della fiducia, unica forza che ci conduce nei giorni e nelle notti della nostra transumanza.

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Immagine da http://goo.gl/MFdtBo

avanti

Solo passi in avanti

Per quanto ci possa sembrare assurdo, anche quando il nostro limite si mostra evidente e il cadere è rumoroso, prepariamo un passo in avanti, stiamo gettando le basi di una nuova comprensione.
Comprendere è un processo non lineare: nella mente che semplifica, 1+1 fa 2; nella realtà, il due è spesso la risultante di una serie di sottrazioni.
Perché? Perché la comprensione, il fare un passo in avanti riguarda sempre un limite del nostro sentire: manifestandolo, marcandolo lo sperimentiamo, lo “paghiamo”, ne diveniamo consapevoli e avviamo il processo del superarlo.
Molte cadute, dunque, danno luogo ad un passo in avanti.
Mi si osserverà a questo punto che, se tanto il cadere dà luogo ad un avanzamento, perché mai non dovremmo indulgere nel peggio di noi?
Vi rispondo: voi vi divertite a vivere il peggio di voi stessi?
Noi cambiamo solo attraverso le esperienze, accettando di imparare da esse. Conta la volontà di imparare?
Certo, ma se non è associata all’osare, al buttarsi, all’accettare di sbagliare facendo, è solo un imperativo morale improduttivo.

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maestro

Il primo ed ultimo maestro

Il nostro cammino di trasformazione avviene con poche persone, quelle che ci danno la vita: i nostri genitori; quelle con cui condividiamo il nostro quotidiano: il partner, i figli, i colleghi di lavoro, il datore di lavoro, i dipendenti.
Impariamo attraverso quelli che ci sono vicini, al fianco; quelli che non riconosciamo come maestri, perché il maestro è sempre altro, in un altrove, è sempre speciale.
È un errore madornale: il maestro di ciascuno è la persona più vicina che ha, chiunque essa sia.
Se avremo il coraggio di aprire gli occhi su questa persona, su queste poche persone, avremo trovato la chiave della nostra vita, la chiave per superare il condizionamento.
Dal libro L’essenziale, Ed. privata, pagina 46

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karma

Le cose fatte bene e quelle fatte male

Non conta quante volte hai fatto bene, conta quando il tuo raglio si sente da costa a costa.
Perché? Perché è dal raglio che impari, è lui che ti rende migliore se ne comprendi l’origine e la manifestazione.
Allora le cose fatte bene che fine fanno? Finiscono nella “contabilità generale”, in quello che viene definito il karma positivo.
Le cose fatte male muovono quello che chiamerei il karma produttivo, quello che genera opportunità nuove di apprendimento.
Ciò che è venuto male per un difetto di comprensione, si ripresenta e si ripresenta fino a quando non viene fatto bene.

Come nasce il Karma, C.Ifior, pdf.

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discernimento

“Segui il tuo sentire!”

Quello riportato nel titolo è uno dei consigli più usati e più abusati, scodellato indistintamente a persone con una elevata capacità di discernimento, come a persone che nel discernimento difettano palesemente.
In sé l’affermazione è ineccepibile: l’umano dovrebbe seguire il proprio sentire di coscienza, senza sosta dovrebbe affidarsi alla parte più profonda di sé e su essa confidare.
Domanda: quanta è la capacità dei singoli di ascoltare e discernere chiaramente e consapevolmente l’indicazione esistenziale che sorge dal sentire?
Non molto alta, spesso decisamente bassa a mio parere. Le persone seguono a volte i loro istinti primari, altre le proprie sensazioni ed emozioni, altre quello che dice la loro mente: tutto questo ha relazione con il sentire, a volte lo esprime, altre lo vela o, addirittura, lo ottunde.
Allora, come si ascolta e decodifica il sentire che affiora dalla coscienza?
1- Facendo spazio dentro di sé: lasciando che sensazioni, emozioni, pensieri non occupino tutto lo spazio della consapevolezza;
2- disponendosi ad osservare, ascoltare, accogliere ciò che emerge dal silenzio di sé, da quegli spazi che si aprono tra pensiero e pensiero, tra pensiero ed emozione;
3- distaccandosi dall’identificazione con i propri vissuti, con i propri processi, con i propri dolori;
4- dubitando radicalmente di ciò che la propria mente dice e della lettura che diamo della realtà con la quale siamo identificati;
5- dandoci tempo, non prendendo decisioni affrettate, non obbedendo a degli impulsi;
6- osservando i propri comportamenti e abituandosi a leggerli nel loro portato simbolico;
7- analizzando i propri sogni e, con tutte le prudenze del caso, interpretandone il significato simbolico relativo ai processi dell’identità come a quelli della coscienza;
8- chiedendo consiglio, facendosi accompagnare, se necessario;
9 – osservando la realtà che ci accade nel quotidiano, in famiglia, sul lavoro: ogni fatto parla di noi e ci svela nei nostri meccanismi e nelle nostre sfide esistenziali.
Alla luce di questa consapevolezza diffusa di sé, di questo sguardo profondo sui processi, la capacità di ascolto del proprio sentire sarà divenuta sufficientemente nitida da permetterci di operare un discernimento sensato e delle scelte ponderate alla luce del reale e di ciò che esistenzialmente è bene per noi.


Immagine da http://goo.gl/TWZ7oZ

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