Dice un amico proponendo un argomento per l’intensivo di giugno: Sarà la vita frenetica, i ritmi assurdi del lavoro, lo stato usurato di alcuni corpi ma spesso quello che cerco è di riposare, recuperare energie, alleggerire. Tutti atteggiamenti che contrastano con quelli virtuosi di un buon ricercatore della via.
In fondo però vorrei poter dire: e chi se ne frega?
1- La fatica e la necessità di riposare e di disconnettere: sapere quando fermarsi.
È fondamentale: siete immersi in impegni e condizionati dagli orari e dallo stress che si accumula, se non sapete quando fermarvi vi immolate al fare e se al fare coatto aggiungete anche quello della via interiore, divenite un grumo di doveri.
Il quotidiano
Niente più dell’ordinario ci interroga e ci insegna
Come sapete, la lunga stagione dell’insegnamento attivo nel Sentiero è finita: ciò che rimane e permane nel tempo, è il lavoro sottile di un gruppo di persone attente al quotidiano e ai movimenti del loro interiore.
Da cosa è costituito l’ordinario quotidiano?
Da ciò che la nostra coscienza crea e che, in quei termini, è percepibile e sperimentabile solo da noi e sempre narra del compreso, del non compreso e dei dati di cui essa necessità per procedere nel compito di ampliare il sentire che la costituisce.
Quando è chiamato in causa il compreso, il nostro operare sarà facile e nella gratuità; quando è il non compreso che bussa, è probabile che vi sia un certo tasso di attrito, di fatica e di condizionamento generato dall’identificazione.
La persona non è mai pienamente consapevole della portata dell’ordinario che la impatta: provenendo da un passato in cui si interpretava come vittima, mai finisce di imparare, di considerare, di compenetrare il presente come possibilità e come specchio di sé.
Una vita, una esperienza e delle parole piene di senso
Vi proponiamo un’intervista di Luciano Costa ad Enrico Ghidoni, l’uomo-che-cammina: una vita feconda, esperienze vissute senza risparmio, parole che dicono della vita così com’è nel momento in cui non è oscurata dalla narrazione di sé, dalle pretese e dal velo della mente.
Non è che da quelle parti ha sentito la presenza di un Dio grande e sconosciuto?
«L’ho avvertita; ho sentito la presenza di quel Dio grande e misericordioso che il vangelo racconta e propone e mi ha aiutato a comprendere lo scorrere del tempo. Quel buon Dio l’ho cercato insistentemente… Poi l’ho trovato nel mezzo di delusioni, dentro la felicità suggerita dall’immensità del silenzio e anche nelle amarezze di cui la vita è sempre condita».
Basti il poco, il semplice, ciò che ogni giorno viene
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando riuscirai a tendere un filo continuo
che collegherà la tua coscienza e la tua vita.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando non subirai quello che stai vivendo
ma quello che stai vivendo ti servirà come stimolo
per cercare di comprendere quello che veramente vuoi.
La tua vita avrà un senso, figlio mio,
quando riuscirai a trasformare la sofferenza
in una fonte di comprensione e, quindi, di felicità.
Darsi delle priorità e proteggerle
Mentre scrivo ho in mente qualcuno di voi che, per generosità o intraprendenza, non si fa mai mancare una faccenda e, quando non l’ha, se la inventa.
Oggi è il giorno di Officina Essenziale, incontro mensile in cui confluiscono coloro che seguono la via del Sentiero contemplativo: occasione impegnativa che richiede presenza, delicatezza, ascolto.
Parlo di questa giornata per porre in risalto un metodo; non c’è giornata che non abbia una sua priorità, in questa è l’appuntamento con OE: a seconda di come sappiamo individuare una priorità e proteggerla, organizzeremo lo scorrere delle ore, gli impegni, il dispendio di energie.
Cose è prioritario in una giornata? Fatte salve alcune incombenze pratiche non dilazionabili, è prioritario ciò che impatta con il nostro interiore.
L’orizzonte della stabilità interiore e la chiara visione
Definisco stabilità interiore quella condizione emotiva, cognitiva ed esistenziale in cui un naturale fluttuare appoggia sulla chiara visione del proprio procedere esistenziale ancorato ad una visione unitaria di sé e della vita.
La chiara visione del personale procedere sorge quando si esce dalle nebbie dell’ignoranza e si diviene capaci di decodificare quanto il presente porta come insegnamento e quanto come semplice presa d’atto.
La chiara visione nasce dal discernimento dei fatti, delle reazioni personali conseguenti e dalla capacità di non nascondersi di fronte alle proprie responsabilità, affrontando ciò che va affrontato e alleggerendo su ciò che lo richiede.
L’amore e il suo messaggero
Un genitore che va dai carabinieri e denuncia il proprio figlio tossico.
Un popolo, quello italiano, a cui va insegnata l’etica della responsabilità e della coerenza.
Due esempi che estraggono l’amore dal contesto astratto ed edulcorato in cui spesso lo confiniamo e lo fanno divenire piede di porco che scassina l’ordine mortifero di singoli e popoli.
Se affermo che un genitore deve sapere dire dei sì e dei no, tutti siamo d’accordo e comprendiamo anche che quei no sono atti d’amore quanto quei sì.
Se invece affermo che ha un senso la pressione dei popoli del nord sugli italiani e sui popoli mediterranei affinché gestiscano più responsabilmente i propri paesi, allora, probabilmente, il senso del mio ragionare si perde ed anche l’adesione ad esso.
La ricerca del fuoco, del senso e il prendere atto
Il solo porre la questione dell’essere mette in risalto il condizionamento dentro al quale quotidianamente viviamo: senza sosta cerchiamo senso.
Per noi vivere non è prendere atto: è provare, è conquistare, è dover essere.
Siamo dei cercatori di fuoco, di qualcosa che ci scaldi e non ci faccia sentire l’angoscia di fondo della separazione e della solitudine.
Nessuno è fino in fondo pronto per l’essere, perché tutti abbiamo qualcosa da perdere e questo comporta difficoltà e resistenze inevitabili e naturali.
Bisogna guardare il contesto in cui la vita, la nostra coscienza, ci ha collocati: perché ci ha posto la sfida dell’essere? Perché ci chiede di tenere assieme essere e divenire?
Sperimentare il non compreso alla luce del compreso
Chi ci guida, chi è il nostro riferimento quando ci inoltriamo nel vasto mare del non compreso?
Il compreso che è in noi, ovvero il sentire di coscienza acquisito attraverso l’esperienza di innumerevoli esistenze, e l’azione dei corpi superiori e della vibrazione prima che orientano la coscienza là dove essa non ha dati e navigherebbe altrimenti al buio.
Il compreso di chi ci sta a fianco, ci accompagna; di chi ci incontra e dice quella parola, offre quella testimonianza che avvertiamo come un segno per noi.
Dal sentire all’azione: coerenza, autoindulgenza, umiltà
La coerenza è la corrispondenza tra sentire/pensiero/azione.
Il compreso trova manifestazione in ciò che pensiamo, proviamo affettivamente ed emotivamente e in ciò che agiamo quotidianamente.
La questione della coerenza non si pone quando una comprensione è completamente acquisita e strutturata: si pone prima di allora, quando ancora mancano dei tasselli al suo pieno dispiegamento.
Quando un determinato aspetto del vivere e dell’essere è stato compreso, non c’è scelta: prima di allora c’è spazio per l’interferenza della cultura, dell’identità, della morale.
Il rapporto con la realtà del mondo che bussa ogni giorno
Pace a te, figlio e fratello che ti trovi immerso nel mondo della materia fisica. La complessa civiltà del secondo millennio che ti trovi a sperimentare ti sottopone a sforzi non indifferenti per riuscire a ristabilire il tuo equilibrio interiore, messo così a dura prova da molti degli stimoli a cui sei continuamente sottoposto durante il percorso delle tue giornate.
Il mondo intero, attraverso i potenti mezzi di comunicazione che state via via concependo, sembra irrompere nella tua vita, con prepotenza, chiedendo con insistenza di essere esaminato da te.