Molte domande pone Ivana nel suo commento al post Quando non coltiviamo più il lamento:
“1- Cosa intendi quando dici che di noi non ne sarà niente, perché non ci saremo più allora?
2- Come si esce dal bisogno di apporre etichette, ecc. , cosa vuol dire se siamo pronti?
3- Non possiamo agire in qualche modo per poter essere pronti?
4- Secondo te possiamo o no cambiare i nostri pensieri in merito al lasciare andare i nostri bisogni?
5- Come si acquisisce la capacità di osservare e lasciare andare?
Il quotidiano
L’idea della realtà quotidiana
Scrive Nicola Lagioia, commentando l’incidente ferroviario di Bari: “Che viaggiate a bassa velocità ad Andria come a Gallarate, avrete a che fare con uomini, donne, ragazze e ragazzi i cui volti sono totalmente diversi da quelli che potreste ritrovare in una fiction televisiva, in un reality, in un talent. Sono spesso i corpi e i volti di chi è stato lasciato indietro, di chi lotta con le unghie e con i denti per non essere sbattuto definitivamente fuori dal consesso sociale”.
Conosciamo qualcosa di questo paese, dei suoi mille volti che emergono ad una parziale evidenza solo quando accade qualcosa?
La scuola, la frustrazione, la responsabilità personale
Amiche di questo Sentiero, hanno figlie che si approssimano all’esperienza del liceo: chiedono e si informano su chi, precedentemente, ha frequentato quella scuola, ha avuto quell’insegnante.
Spesso sono preoccupate le madri e intimorite le figlie: si va incontro ad una incognita e i genitori temono per i loro figli cinque anni in salita.
So di cosa parlano, abbiamo avuto una figlia a scuola, conosco la salita e le difficoltà durante e in cima.
Voglio riflettere brevemente su due aspetti della scuola.
1- L’organismo è composto dagli insegnanti, dagli allievi, dai dirigenti scolastici, dal ministero, dai genitori.
Il totem della competizione
Di fronte al rito dei rigori, ieri sera durante Italia-Germania, ho visto il non senso.
La legge della competizione vuole che qualcuno vinca e, siccome è legge partorita in una visione ristretta, vince chi fa più goal.
E’ la stessa ristrettezza di visione cui facevo riferimento qualche giorno fa in merito all’istituto del referendum: si o no; un goal in più di te, uno in meno a me.
“Fammi le cose semplici sennò mi confondo”, questo sembra il mantra dominante, o forse è solo il risultato di non comprensioni molto vaste e di una mancanza di alternative impossibili perché nemmeno si riesce ad immaginarle.
La paura e le basi per il cambiamento
Un video Unicef pone la questione dello nostre reazioni di fronte ad una persona bisognosa: nello specifico vengono registrate le reazioni di fronte ad una bambina sola per strada, ma ben vestita e curata, e di fronte alla stessa bambina truccata da povera. La prima bambina viene accudita, la seconda ignorata.
Perdonate, ma in sé il video non dimostra niente se non che abbiamo paura e diffidenza rispetto a tutto ciò che può comportare un problema, o un’aggiunta di complicazione nella nostra vita.
Di fronte ad una bambina sola, ma curata e ben vestita, noi sappiamo che la soluzione non sarà complessa; stessa certezza non abbiamo di fronte alla bambina sola e in cattive condizioni: qui si può spalancare un mondo che non consociamo, che possiamo avere difficoltà nel gestire, che ci richiederebbe forze che non abbiamo, o che non vogliamo mettere in campo. Poi, magari, non sarebbe così e la gestione del primo caso e del secondo richiederebbero, alla prova dei fatti, lo stesso impegno, ma noi abbiamo paura della situazione che si configura come più complessa e meno gestibile.
La consolazione, la gioia, l’essere
Cerchiamo consolazione: un luogo, un’esperienza che ci riscaldino il cuore.
Le menti cercano appigli per non sentire il rumore dell’angoscia e del non senso e, in questo tentativo, il partner, i figli, il lavoro, un libro, una partita, un viaggio sono consolazioni, luoghi della mente e del cuore dove risiedere: il pensiero, l’aspettativa, la narrazione di tutto questo e di molto altro ancora, ci permettono di tirare avanti. Letteralmente: di tirare avanti.
Qui in quest’eremo tra i campi di girasole e di grano, tra gli olivi e l’odore forte del coriandolo, se rincorressimo le consolazioni saremmo perduti.
L’atmosfera vibratoria e la sua percezione
Dice Leonardo in Domande e Risposte: Vorrei sottoporre al tuo giudizio un’esperienza che mi è successa ieri a lavoro.
Giunto al ristorante, ieri dopo l’intensivo, si è mantenuta in me per tutta la durata del servizio quella predisposizione interiore di cui ho parlato nella sessione di domenica e a pranzo: una vibrazione di fondo in cui era radicato il piano del divenire, del soggetto. Questa vibrazione di fondo si è chiarita via via che lavoravo, come un profondo silenzio vibrante che avvolgeva tutto, come se da quel silenzio tutto nascesse: dai miei gesti e parole, al rumore di una forchetta che rimbalzava a terra, alle urla dei bambini, al vociferare alto dei clienti.
Dare per scontato il presente
Dare per scontato la presenza dell’altro, la situazione di un figlio, l’acquisizione di un diritto, il contenuto di una lettura, il significato di un’espressione.
Il velo della routine copre lo sguardo e la realtà ci sembra conosciuta, l’attenzione diminuisce, la presunzione di sapere e di conoscere ci inorgoglisce.
È allora che perdiamo il contatto con la realtà, se mai lo abbiamo avuto, nella routine del conosciuto, in quella processione di atteggiamenti interiori che danno per scontato ciò che bussa nel presente.
La sopraffazione, i femminicidi
Non so quanto dipenda dalla mia storia psichica o dalle mie attitudini caratteriali il fatto che io non abbia mai alzato un dito su una donna. Ma so per certo che dipende in buona parte, per dirla molto banalmente, dalla mia volontà di non farlo; dalla mia educazione e dall’esempio ricevuto in famiglia; dalle mie inibizioni culturali, che mi fanno considerare indegna e vile la sopraffazione dell’altro; infine, e non ultimo, dalle mie convinzioni politiche, che mi conducono fortemente a credere che la libertà delle donne sia condizione (forse la prima condizione) della libertà di tutti.
La vicinanza che aiuta
In una coppia, se i due affrontano la vita leggendola alla luce dello stesso paradigma, tutto è più facile: quando in una officina gli operai sono esperti ed affiatati, il lavoro scorre molto più agevolmente e con meno fatica per tutti. La presenza di un apprendista che non conosce il lavoro, richiede uno sforzo e una dedizione particolari ma, in genere, l’apprendista impara e quello sforzo è ripagato dalla suddivisione futura dei compiti e dei carichi.
Quando in una coppia, uno dei due non ne vuol sapere di condividere il paradigma, la cosa si complica: un apprendista lo puoi anche licenziare, un partner pure, ma è più complicato.
Proteggere le proprie possibilità
Cos’è una possibilità? Ciò che si presenta nel quotidiano, nella ferialità dei giorni, ed anche, ovviamente, nell’eventuale straordinario.
Ciò che viene, che accade, offre una possibilità di esperienza, di consapevolezza, di comprensione, di contemplazione.
Ciò che viene è portato da coloro che abbiamo attorno: il partner, i figli, gli animali di casa, i compagni di viaggio, gli amici, i colleghi di lavoro.