Definisco crisi lo smarrimento dovuto alla perdita di senso di ciò che si vive.
Negli affetti, nel lavoro, nella via interiore questo è comune e, direi, anche sano. Perché?
Perché è fisiologico e naturale perdersi. Chi si perde? L’identità.
Chi si ritrova? L’identità.
La crisi è dinamica dell’identità che trova nutrimento in ciò che vive, o lo perde e si smarrisce.
Una coscienza non va in crisi, non è identificata con ciò che sperimenta e su quello non coltiva aspettative o sogni, non proietta desideri e bisogni.
Il quotidiano
Ricominciare l’opera senza fine
Non è l’estate la stagione della chiarezza: la forte esposizione solare non è elemento che nell’umano possa portare lucidità di sguardo e di analisi.
Settembre è un mese di transizione: dalla dominanza della luce e del calore, ad un maggiore equilibrio. Settembre annuncia e prepara l’autunno, il gesto introversivo che culmina nel solstizio d’inverno, alle porte del Natale.
Usciamo dall’estate frastornati ed anche smarriti: lontane sembrano le certezze, le chiarezze, le consapevolezze su sé e il cammino.
La necessità della pratica della meditazione e della disconnessione
Una persona della via interiore ha una duplice necessità non derogabile:
– praticare la consapevolezza e la disconnessione dai contenuti mentali ed emotivi dopo che di essi si sia sondata la portata;
– praticare la gratuità della meditazione.
Ho precisato che queste sono necessità non derogabili, cosa significa?
Una via non è semplicemente un cammino di conoscenza e consapevolezza: è un procedere assieme ad altri, è un muoversi all’interno di un processo di unificazione che ha le sue logiche, le sue ecologie, la sua igiene interiore.
Il superamento del condizionamento
Chiede Sandra nel commento al post Il coraggio di creare e la ricerca di senso: Il de-condizionamento non è il liberarsi da qualcosa di esterno, è il frutto del superamento di una limitazione nel sentire ma, nel quotidiano, all’umano può apparire come un liberarsi da condizionamenti esterni e interni?
All’umano tutto appare come un liberarsi dai lacci, o come un legarvisi ma, in realtà, la cosa è più complessa.
Ogni processo che viviamo è processo di comprensione, o di verifica di una comprensione e ogni fatto che a noi sembra tanto casuale, è sempre inserito in un processo: tutti i fatti parlano dunque di comprensioni in atto o in divenire.
Custodire
Cerco di custodire questa distanza siderale dal mondo e la proteggo non come qualcosa che mi rende diverso, ma come una immensa possibilità di conoscenza, consapevolezza e comprensione.
Nella distanza da me come soggetto/mondo, i fatti che accadono sul palcoscenico del divenire divengono chiari e mostrano la loro natura al sentire.
Non alla mente, al sentire. Tutto parla del sentire dell’umano in continua trasformazione e delle mille forme che assume nell’apparire della rappresentazione.
Leggo e incontro con la gioa di leggere e di incontrare; scrivo con la gioa di offrire senza pretesa di me.
Il mondo specchio dell’interiore
Lungo la riviera romagnola ci sono addette alle camere che vengono pagate due euro a camera in alberghi a quattro stelle (Fonte: l’Espresso di questa settimana). Prendi pochissimo e devi lavorare moltissimo, quanto puoi reggere?
Sono eccezioni? Non diciamo sciocchezze.
Un produttore di grano tenero incassa 17€ a quintale, in piena rimessa. Come produrrà domani e come pagherà i debiti, gli operai?
Se vogliamo comprendere il tumore che ammorba l’Europa, dobbiamo osservarne le metastasi, divenirne consapevoli ed operare per cambiarle.
Volontà, identificazione, disconnessione
Molte domande pone Ivana nel suo commento al post Quando non coltiviamo più il lamento:
“1- Cosa intendi quando dici che di noi non ne sarà niente, perché non ci saremo più allora?
2- Come si esce dal bisogno di apporre etichette, ecc. , cosa vuol dire se siamo pronti?
3- Non possiamo agire in qualche modo per poter essere pronti?
4- Secondo te possiamo o no cambiare i nostri pensieri in merito al lasciare andare i nostri bisogni?
5- Come si acquisisce la capacità di osservare e lasciare andare?
L’idea della realtà quotidiana
Scrive Nicola Lagioia, commentando l’incidente ferroviario di Bari: “Che viaggiate a bassa velocità ad Andria come a Gallarate, avrete a che fare con uomini, donne, ragazze e ragazzi i cui volti sono totalmente diversi da quelli che potreste ritrovare in una fiction televisiva, in un reality, in un talent. Sono spesso i corpi e i volti di chi è stato lasciato indietro, di chi lotta con le unghie e con i denti per non essere sbattuto definitivamente fuori dal consesso sociale”.
Conosciamo qualcosa di questo paese, dei suoi mille volti che emergono ad una parziale evidenza solo quando accade qualcosa?
La scuola, la frustrazione, la responsabilità personale
Amiche di questo Sentiero, hanno figlie che si approssimano all’esperienza del liceo: chiedono e si informano su chi, precedentemente, ha frequentato quella scuola, ha avuto quell’insegnante.
Spesso sono preoccupate le madri e intimorite le figlie: si va incontro ad una incognita e i genitori temono per i loro figli cinque anni in salita.
So di cosa parlano, abbiamo avuto una figlia a scuola, conosco la salita e le difficoltà durante e in cima.
Voglio riflettere brevemente su due aspetti della scuola.
1- L’organismo è composto dagli insegnanti, dagli allievi, dai dirigenti scolastici, dal ministero, dai genitori.
Il totem della competizione
Di fronte al rito dei rigori, ieri sera durante Italia-Germania, ho visto il non senso.
La legge della competizione vuole che qualcuno vinca e, siccome è legge partorita in una visione ristretta, vince chi fa più goal.
E’ la stessa ristrettezza di visione cui facevo riferimento qualche giorno fa in merito all’istituto del referendum: si o no; un goal in più di te, uno in meno a me.
“Fammi le cose semplici sennò mi confondo”, questo sembra il mantra dominante, o forse è solo il risultato di non comprensioni molto vaste e di una mancanza di alternative impossibili perché nemmeno si riesce ad immaginarle.