L’identificazione con il pensiero, l’emozione, il corpo, ci impedisce di vivere centrati sulla nostra essenza: siamo sentire, innanzitutto e prioritariamente, che si manifesta nel tempo e nello spazio come pensiero, emozione, azione.
Siamo questo, anzi, più correttamente bisognerebbe dire che è questo.
In evidenza
La spinta che ci induce alla relazione
Sempre mi riempie di stupore l’uomo che si mostra, che porta se stesso e si offre all’altro.
Nel gesto di porsi in relazione portando un pensiero, un punto di vista, un affetto, prende corpo un principio fondamentale per ciascuno di noi: senza l’altro, senza l’offrirci, senza l’accogliere, la nostra vita non assume né forma, né sostanza.
La rappresentazione di ciò che non siamo
Francesca dice: “Ho molta ammirazione e gratitudine per chi sa regalare la visione del proprio cadere per quello che è, uno dei fatti che ci fanno quel che siamo, senza bisogno di camuffare o giustificare”.
“Il nostro cadere testimonia ciò che siamo”. Meglio, direi che il nostro cadere testimonia ciò che dobbiamo imparare: in tutti i momenti della nostra vita si mostrano i termini e i contorni del nostro apprendistato, il nostro compito in officina.
La realtà autentica della vita si svela nel quotidiano
Negli abissi dell’illusione si mostra la realtà.
Lo sguardo non è rivolto al santo, se non raramente.
Attraverso il mio cadere comprendo il cadere di chi mi cammina a fianco;
La vita, prima ed ultima maestra
Un lungo succedersi e intrecciarsi di eventi, intenzioni, pensieri, emozioni, questo è la vita. Tra conflitti e piccole liberazioni scorre il nostro quotidiano impregnato di routine.
Nella routine incontriamo il partner, i figli, i genitori, i colleghi di lavoro, i maestri, i discepoli, i libri, i film che ci plasmano.
Incontriamo la sofferenza e la gratificazione, l’umiliazione e il riconoscimento.