Dice Enrico: “Il dolore, nei suoi diversi gradi di intensità è connaturato al nostro stato di “gocce separate dall’Oceano . Ma allora il dolore non è un accidente, non è un “errore di Dio”, non è un “bug”. Il dolore e la vita sono ineluttabilmente intrecciati o è possibile una vita senza dolore?
In evidenza
Chi crea la realtà in cui viviamo?
Dice Eddy: “..è possibile che per capire che l’energia atomica è pericolosa si debba arrivare a tragedie della portata di Chernobyl o di Fukushima? O buttare una bomba su Nagasaky?
Sicuramente questi avvenimenti hanno permesso di comprendere qualcosa a molti esseri, ma non vi sembra eccessivo, folle, malsano?..”
L’Assoluto, se è assoluto, contiene in sé tutte le possibilità; se così non fosse sarebbe solo parte tra parti.
Dubbio e fiducia
In merito al post di Eddy.
Ci sono dei bug nel sistema? Dei bug nel corpo dell’Assoluto, essendo la realtà niente altro che questo corpo? Dubito, ma non posso affermare né negare.
E’ perfetto, a parte un paio di errori..
E’ da tempo che un dubbio mi sta divorando.
Questa perfezione di cui si parla nel post di Elisa, che in alcuni rari momento ho assaporato, potrebbe contenere delle distorsioni?
Il quietarsi della ricerca
Tutto l’assoluto che ho cercato l’ho trovato negli occhi miei e negli occhi tuoi.
Nei miei, attraverso i tuoi.
L’esercizio della pazienza
Potremmo osservare le stagioni della natura e quelle della vita dell’uomo nell’ottica della pazienza.
Che cos’è la pazienza? Quello stato che sorge dal non essere vittime della spinta dell’identità che costantemente cerca scene nuove.
Come sorge? Allenandosi nella disconnessione da questa spinta.
Fratello deserto
Ieri Alessandro e poi Francesca hanno fatto riferimento al deserto.
C’è, nel nostro cammino quotidiano fatto di piccoli accadere, di minuscoli accadere, di routine senza scampo, un più assiduo compagno di viaggio?
E cosa sussurra?
-Per quanto tu possa disporti al nuovo, quando questo accadrà in un attimo lo avrai integrato e avrà perso la sua specificità.
-Di accadimento in accadimento ti svuoterò nell’interiore e ti sembrerà che nulla abbia per te colore e sapore.
La paura di scomparire
– Scomparire come portatore di nome suona remoto, – dice Francesca.
Non solo remoto, a volte pauroso. L’identità paventa il proprio scomparire e, di necessità, ciascuno di noi attraverso questa paura deve passare.
La paura di scomparire, l’esperienza del deserto, due pietre miliari del cammino verso la libertà, entrambe conseguenza di reazioni dell’identità, della lettura/interpretazione di sé.